GERUSALEMME – “Il nostro obiettivo non è occupare Gaza, è liberare Gaza, liberarla da Hamas”. In una conferenza stampa per i media internazionali, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha presentato in modo dettagliato il piano del suo governo per l’invasione. Un messaggio politico netto, accompagnato dalla foto dell’ostaggio Evyatar David, visibilmente dimagrito. “Gli unici che stanno deliberatamente morendo di fame sono i nostri ostaggi”, ha denunciato il premier, accusando Hamas di utilizzare la privazione alimentare come strumento di pressione.
Secondo Netanyahu, nella Striscia ci sono ancora “migliaia di terroristi armati di Hamas” determinati a ripetere “la ferocia dell’attacco” del 7 ottobre 2023. Ha quindi spiegato che Israele non ha altra scelta che “completare il lavoro e sconfiggere Hamas”, delineando i cinque principi cardine per concludere la guerra: disarmo dell’organizzazione islamista, liberazione di tutti gli ostaggi, smilitarizzazione dell’intera Striscia, mantenimento del controllo di sicurezza israeliano e istituzione di un’amministrazione civile “non israeliana e non legata né a Hamas né all’Autorità palestinese”. “La guerra può finire domani se Hamas depone le armi e libera tutti gli ostaggi rimasti”, ha sottolineato.
Sul piano militare, Netanyahu ha individuato due “roccaforti” ancora sotto il controllo di Hamas: Gaza City e una vasta area centrale che include diversi campi profughi e la zona di al-Mawasi. “Questo è il modo migliore per porre fine alla guerra e il modo migliore per farlo rapidamente”, ha assicurato, parlando di un “calendario piuttosto breve” per le operazioni, pur senza fornire date precise. “Possiamo raggiungere un risultato che salvaguardi la popolazione civile e colpire Hamas allo stesso tempo”, ha aggiunto, ricordando che inizialmente non era obiettivo di Israele smantellare Hamas, ma “adesso lo è”.
Il premier ha respinto con forza le accuse internazionali di “politica di fame” o “genocidio” legate al blocco di undici settimane imposto a Gaza. “Non abbiamo una politica di fame, così come non abbiamo una politica di genocidio”, ha dichiarato. “Israele ha già consentito l’ingresso di due milioni di tonnellate di aiuti”; in alcuni casi le forze israeliane “si sono trattenute dal rispondere anche a rischio della propria vita” per evitare vittime civili durante la distribuzione. Ha denunciato che “negli ultimi mesi Hamas ha boicottato gli aiuti creando una carenza di forniture” e accusato l’Onu di “non voler consegnare gli aiuti” fermi ai confini.
Netanyahu ha poi affrontato i rapporti con l’Europa, criticando la decisione del cancelliere tedesco Friedrich Merz di interrompere le forniture di armi a Israele. “Rispetto Merz come amico di Israele, ma ha ceduto alla pressione di falsi reportage televisivi e di gruppi interni”, ha detto, paragonando Hamas a “neo-nazisti” e ricordando che un predecessore di Merz, nei primi giorni del conflitto, gli avrebbe confidato: “Sono esattamente come i nazisti”. Secondo Netanyahu, fermare l’operazione significherebbe “lasciare l’equivalente dell’esercito nazista nella Berlino di allora”, cosa che Israele non intende fare. “Spero che il cancelliere Merz cambi politica, e so che la cambierà quando vinceremo”, ha concluso.
Riguardo alla governance di Gaza nel dopoguerra, il primo ministro ha rivelato che “sono in discussione diversi candidati e modelli” per un’amministrazione civile transitoria, specificando che “la priorità è che ciò che sostituirà Hamas non promuova, finanzi o lanci terrorismo, ma sia disposto a vivere in pace”. Ha affermato che i cinque principi israeliani “sono ampiamente accettati” anche da “diversi Paesi arabi”, citando il caso del Libano dove “il nuovo governo parla di disarmare Hezbollah” in seguito ad azioni israeliane. Ma ha ribadito: “Nessuno entrerà a Gaza per assumere il controllo civile finché Hamas non sarà sconfitto. Israele è in grado di farlo e lo farà”.
La giornata di Netanyahu non si è conclusa con l’incontro con la stampa straniera: il premier ha annunciato una seconda conferenza per i media israeliani. Il messaggio principale è già chiaro: l’operazione continuerà fino alla completa sconfitta di Hamas, con l’obiettivo dichiarato di garantire la sicurezza di Israele e dare a Gaza una nuova struttura di governo.