La decisione finale sugli asset al summit della prossima settimana. Tajani: «Ci sono alcune riserve, ma deciderà il Consiglio»
Adesso si balla. Sull’utilizzo degli asset russi l’Unione europea tira fuori coraggio e celerità, fa – finalmente – sul serio, congela i miliardi di Mosca e subito arriva la contromossa del Cremlino: la causa contro l’istituto finanziario Euroclear con sede a Bruxelles – non potendola fare alla Commissione – perché che ha deciso azioni «illegali e dannose che influiscono sulla sua capacità di disporre di fondi e titoli».
La partita in corso da mesi sull’utilizzo dei miliardi di Mosca per sostenere la resistenza di Kiev è in corso da mesi ma adesso siamo giunti allo show down finale.
È una partita ancora lunga, se ne stanno consumando i primi atti concreti dopo mesi di discussioni, e rischia di diventare dirimente sul tavolo della trattativa della pace. Perché non c’è dubbio che per Putin e i suoi oligarchi i piccioli siano il tema a cui prestano più ascolto. La partita sarà chiara nei prossimi giorni in occasione dell’ultimo Consiglio europeo dell’anno giovedì e venerdì prossimo (18-19).
Ma il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, nella sua lettera di invito ai 28 leader europei ha già detto che «staremo riuniti per tutto il tempo che serve». Ovvero finché non sarà presa una decisione chiara sull’utilizzo dei miliardi russi, oltre duecento, che la Banca centrale russa ha depositato negli anni nelle banche e istituti europei pensando che fosse un investimento sicuro.
LEGGI Il Cremlino chiude alla tregua: «Prima Kiev fuori dal Donbass»
Accordo sul prestito all’Ucraina
La novità che ha provocato la reazione russa è che giovedì gli ambasciatori dei ventisette hanno trovato un accordo, anche se a maggioranza qualificata, su una delle proposte della Commissione per lanciare il prestito di riparazione all’Ucraina usando gli attivi sovrani russi immobilizzati. Finora quei beni sono stati congelati con una misura che veniva rinnovata ogni sei mesi. Da ieri il congelamento è diventato invece perenne. Non è una confisca – vietata nel diritto internazionale – ma è come se lo fosse.
Solo Ungheria e Slovacchia si sono espresse contro. Il Belgio ha espresso una riserva per l’utilizzo dell’articolo 122 del Trattato (voto a maggioranza), previsto per le emergenze economiche. Anche l’Italia giovedì ha espresso una riserva ma poi ieri, invece, ha dato via libera. Come ha spiegato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani. «Abbiamo votato a favore della stabilizzazione del congelamento degli asset russi anche se il loro effettivo utilizzo andrà valutato la settimana prossima dal Consiglio Europeo» ha spiegato Tajani che però ha subito avvertito: «Valuterà il Consiglio lo strumento migliore per aiutare l’Ucraina, ce ne sono anche altri. Le nostre riserve riguardano non certo la scelta politica ma la base giuridica».
Roma dà risposte chiare
Possiamo dire che ieri l’Italia, finora silente nella sua equidistanza tra Usa e Mosca, ha dato risposte finalmente chiare su da che parte della Storia ha deciso di stare. Non l’ha fatto Giorgia Meloni. Lo ha fatto il Presidente Sergio Mattarella quando ieri incontrando il Corpo diplomatico (132 ambasciatori, esclusi Russia e Bielorussia) al Quirinale ha detto: «Integrità territoriale per l’Ucraina, no alla logica del più forte». Lo ha fatto anche il governo, e quindi anche Meloni, ordinando agli ambasciatori di dare via libera al congelamento a oltranza dei beni russi.
Il regolamento approvato ieri è la precondizione per il prestito di riparazione. Prevede infatti il divieto di trasferire gli attivi alla Banca centrale russa e dettaglia modalità e condizioni per revocare la decisione di immobilizzarli. In questo modo l’Unione europea si è messa al riparo da un potenziale veto alla proroga delle sanzioni legate agli attivi sovrani russi, che finora doveva essere decisa all’unanimità, nonché dal rischio di dover versare in pochi giorni a Mosca centinaia di miliardi a seguito di una decisione arbitrale o una sentenza di giustizia.
Manca da convincere il Belgio
La partita, si diceva, è appena iniziata. Ora arriva la parte più difficile: convincere il Belgio ad accettare il prestito di riparazione finanziato con gli attivi sovrani russi entro il Consiglio europeo di giovedì. La causa legale della Banca centrale russa era ampiamente attesa. Il commissario Dombrovskis l’ha bollata come «una speculazione» rispetto alla quale la Commissione avrebbe già attivato i necessari anticorpi. «Possiamo aspettarci che la Russia continui ad avviare procedimenti legali speculativi per impedire all’Ue di rispettare il diritto internazionale e di far valere l’obbligo legale della Russia di risarcire l’Ucraina per i danni causati».
Ecco perché è stata inclusa «una protezione aggiuntiva per le istituzioni finanziarie dell’Ue che detengono questi asset immobilizzati della Banca centrale russa». Per Dombrovskis si tratta di una proposta «giuridicamente solida e pienamente in linea con il diritto dell’Ue e con il diritto internazionale: i beni non vengono sequestrati e il principio dell’immunità sovrana viene rispettato».
Della stessa opinione Stephanie Lose, la ministra dell’economia danese, paese che guida il semestre di presidenza Ue: «Il prestito all’Ucraina basato sui beni congelati alla Banca centrale della Federazione Russa è la soluzione migliore sebbene non sia perfetta». Ovviamente Orban grida allo scandalo e prevede «danno irreparabili all’Unione». È diventato irrilevante, a Mosca dispiacendo. E anche questo – andare avanti a maggioranza sui dossier che lo consentono – è un segnale di salute per l’Unione europea.












