«I droni russi sulla Polonia sono prove tecniche di trasmissione. I droni possono anche funzionare male, ma non tutti insieme: è una penetrazione voluta. I russi non vogliono fermarsi, quindi lo scontro con truppe europee è altamente probabile». Lapidario quanto basta, Andrea Margelletti, presidente del Cesi, il Centro di studi internazionali, commenta la violazione dello spazio aereo polacco da parte di Mosca. Secondo l’analista è questo il senso dell’operazione: «In primo luogo, i russi devono testare le reazioni dei paesi europei sul piano politico. Sul piano militare, poi, vogliono verificare i tempi di reazione della Nato e dei singoli paesi rispetto alla minaccia puntuale. Dopo quanto tempo l’aeronautica dei paesi europei individua la minaccia e reagisce? Mosca setta le sue capacità anche sui tempi di reazione».
Il premier polacco Donald Tusk ha dichiarato di utilizzare l’articolo 4 della Nato. Che cosa significa?
«Alcuni paesi della Nato – quelli contigui ai territori del conflitto – ritengono inevitabile lo scontro. Questa prospettiva in Italia non è avvertita: pensiamo che la guerra non ci può essere. Nel nostro paese alcuni tifano per Putin che è un dittatore, mettono sullo stesso piano i dittatori e quelli che non lo sono, travisano la realtà. Siamo ancora lontani dalla consapevolezza necessaria, a parte il ministro Crosetto che dice che ci dobbiamo preparare. Pertanto è comprensibile che un paese il cui spazio aereo è violato da droni dica che la situazione sta peggiorando. Se delle bande di ladri rubano nel suo appartamento lei andrebbe dai carabinieri per denunciarle. È anche un avvertimento per gli altri condomini: prima o poi potrebbe toccare anche a loro».
Nel discorso sullo stato dell’Unione, Ursula von der Leyen ha detto: «L’Europa è impegnata in una lotta». Poi ha aggiunto: «L’Europa deve combattere (…) molte grandi potenze hanno nei suoi confronti un atteggiamento ambiguo o apertamente ostile». La guerra si avvicina davvero?
«Lo dico con affetto e gratitudine verso la categoria, ma in Italia c’è una grande responsabilità da parte dei media. La stampa deve raccontare quello che succede. E succede che la situazione peggiora. Continuare a edulcorare la verità, rifiutarsi di ammetterla, significa mentire a sé stessi e al lettore».
E qual è la verità?
«I russi non si fermeranno. I bombardamenti sull’Ucraina continuano ogni giorno. I media si inventano fasi nuove che non ci sono. La ricerca di una novità è figlia della disperazione di dover ammettere la verità. A volte il matrimonio non funziona: fingere che non è finito non vuol dire che continui. Prima ci rendiamo conto della situazione, prima saremo attrezzati. Non è negando l’arrivo dell’inverno che si evita la pioggia».
Si riferisce anche all’illusione di pace che veniva dal summit di agosto in Alaska?
«In Alaska non è successo niente. Solo l’umiliazione degli europei. Un dittatore che stermina civili, giornalisti e oppositori è stato ricevuto con un tappeto rosso. Per gli Usa contano i rapporti di forza. Noi europei vogliamo continuare a immaginare il mondo come ci piace. Ma il problema è nostro, non del mondo. Bisogna prepararsi per l’inverno. Se avrò torto vuol dire che non sono un buon analista, se avrò ragione e noi non siamo pronti moriranno tante persone».
Ieri von der Leyen ha lanciato un nuovo programma che sosterrà gli investimenti nelle capacità delle forze armate ucraine e la produzione di droni con Kiev.
«L’Europa non è una nazione. Contano le decisioni dei singoli stati di fronte ai cambiamenti. Se invece di rafforzare davvero la difesa, noi diciamo che assumere più poliziotti contro gli immigrati fa parte delle spese per la sicurezza o non capiamo la situazione o siamo in cattiva fede. È il momento della storia in cui dobbiamo dire che il re è nudo. Il mondo non è quello di cinque anni fa».
I paesi europei dell’Est lo hanno capito. Ieri von der Leyen ha detto che il versante orientale dell’Europa protegge tutto il continente, dal Mar Baltico al Mar Nero e per questo motivo dobbiamo investire per sostenerli.
«È così. Gli altri paesi europei hanno sensibilità e posizioni differenti e anche una penetrazione politica russa più efficace. Sostenere politicamente Putin non è una questione di punti di vista ma di sicurezza nazionale. Chi sostiene Putin, lo stesso leader che viola i cieli dei paesi della Nato, sta minando la sicurezza nazionale del proprio paese e di tutta l’Alleanza atlantica».
I volenterosi promettono garanzie di sicurezza per una fase successiva agli accordi di pace. Ma se Putin non si ferma?
«A un certo punto, non subito ma comunque nel giro di qualche anno, una serie di paesi europei si schiereranno in Ucraina e combatteranno contro le truppe russe. Non lo faranno per loro ma per tutti noi. Prima ce ne renderemo conto e meglio sarà per tutti. Dire no a questo impegno, fa del singolo paese europeo un reietto, non un sostenitore della pace globale».
L’Italia propone di estendere l’articolo 5 della Nato ma dice no alle truppe in Ucraina: è una fragorosa contraddizione…
«Siamo nelle fasi del dibattito politico: inutile commentare ciò che non c’è».
Per Zelensky «la pausa sulle sanzioni” alla Russia sta durando “troppo a lungo”».
«La Russia è sanzionata da una parte dei paesi nel mondo, ma non da un’altra parte enorme. La valutazione della crisi ucraina non è condivisa. Molti paesi dicono: a me non interessa, non mi schiero contro la Russia».
Intanto Israele ha colpito gli esponenti di Hamas riuniti a Doha…
«Israele è talmente forte che fa ciò che vuole. Ha la forza e la coesione per farlo. Non possiamo più leggere le sue azioni con la lente del diritto internazionale, ma con quella del diritto del più forte. In più, con il sostegno incondizionato degli Usa non ha alcun freno. Il Qatar non è un paese paria: non dovresti colpire gli amici, ammesso che a te interessi avere degli amici. Senza la mediazione qatariota non ci sarebbero stati progressi. Se ammazzi i mediatori vuol dire che la mediazione non interessa».
A proposito di droni: è stata colpita la Flotilla per Gaza…
«Per ora non sappiamo che cosa è successo, quando capiremo qualcosa ne trarremo dei ragionamenti».
Ma lei come giudica l’iniziativa della Flotilla?
«Umanamente apprezzabile, ma inutile. Non porteranno neanche una zolletta di zucchero, non arriveranno mai. Israele li fermerà prima. Immaginare che un’operazione del genere sia una pressione su Israele è molto ingenuo, al massimo è un fastidio. Il peso politico dell’operazione è zero».
Von der Leyen ha promesso una serie di misure sanzionatorie nei confronti di Israele.
«Ogni paese europeo farà le sue scelte. Ciò che avviene a Gaza e in Cisgiordania è inaccettabile. Il paese che ha la capacità di colpire il singolo terrorista a casa propria non può radere al suolo interi quartieri: è immorale. Un carabiniere risponde al fuoco ma poi non va a vendicarsi sulla famiglia del delinquente. Il problema non è vincere dal punto di vista tecnico ma morale: a Gaza, Israele sta perdendo la sua anima».
Lo stato palestinese è ancora possibile?
«La soluzione “due popoli, due stati” non l’ha mai voluta nessuno, neanche i paesi arabi. Oggi esiste solo nei sogni».