L’inchiesta. Sconcerto degli operatori: norme confuse, serve personale. Tutto nelle mani dei magistrati di sorveglianza? Sono 250
C’è un tempo per ogni stagione. L’estate italiana, da qualche anno, ha un suo appuntamento fisso: il Piano Carceri. Puntuale come un solleone agostano, il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha annunciato con tono grave e risoluto l’ennesima riforma strutturale del sistema penitenziario. Aumento dei posti, detenzione differenziata, fondo immobiliare ad hoc. Suona tutto familiare? O si tratta della solita “sòla estiva”, per dirla con le parole di Rita Bernardini?
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Lara Fortuna è un magistrato. Fa parte del Comitato direttivo del Conams. Coordina l’Ufficio dei giudici di Sorveglianza di Padova ai quali il Piano assegna un ruolo centrale nel disegno di legge sulla detenzione differenziata per i detenuti con dipendenze da droga e alcol. «Su 10mila magistrati italiani quelli che si occupano di sorveglianza sono, a organico pieno, circa 250 – lei elenca – ma l’aspetto più problematico non è la carenza della Sorveglianza, quanto le piante organiche inadeguate, piante che risalgono a decenni fa, tarate su un lavoro molto diverso: ora sono aumentati i detenuti, raddoppiate le competenze, abbiamo in carico la gestione di almeno 30mila misure alternative già in corso, dai domiciliari, ai detenuti in affidamento o in prova.
Manca il personale
Senza contare le circa centomila istanze di persone che hanno ricevuto condanne inferiori ai 4 anni ma attendono che vengano a loro concesse le misure alternative, i cosiddetti “liberi sospesi”. Manca il personale. E lottiamo anche per avere la carta». Riforma che odora di propaganda, che genera nuove illusioni, verrebbe da pensare. Perché mentre Nordio promette 10.000 nuovi posti entro due anni – operazione da 758 milioni di euro, con la metà del gruzzolo gentilmente messo a disposizione dal ministero delle Infrastrutture – le carceri italiane si gonfiano come zattere alla deriva.
I detenuti oggi sono 62.700 a fronte di una capienza regolamentare di 51.300. Una differenza che diventa un abisso se si considera che almeno 4.500 posti sono inagibili. Il sovraffollamento reale supera il 133%. E i morti per suicidio sono già 33 da gennaio. Il silenzio su questa contabilità è il vero reato destinato a rimanere impunito. La vera voragine, più che tra le mura delle celle, si trova negli uffici della magistratura di sorveglianza.

Fortuna: «Altro che giustizia digitale»
Lara Fortuna fotografa con precisione la disfatta: «A Padova quattro giudici per 800 detenuti e migliaia di misure alternative. Dodici, tredici persone in tutto, che vivono nell’era dei faldoni cartacei, lottano per avere la carta e non tutti hanno nemmeno uno scanner. Altro che giustizia digitale». «Senza funzionari e cancellieri, è come chiedere a un chirurgo di operare senza ferri oppure a un medico di fare a meno degli infermieri – riprende la magistrata di Padova – E ora chi dovrebbe seguire i percorsi delle nuove commissioni per la detenzione differenziata? Chi formerà queste commissioni? E soprattutto, chi pagherà? Abbiamo casi di recidiva, persone non in grado di rispettare le prescrizioni. A volte dalle comunità ci sentiamo dire “o ce lo date entro 20 giorni o diamo il posto a un’altra persona”».
Le comunità vengono finanziate dalle Regioni. C’è stato un passaggio in Conferenza Stato-Regioni? Chi pagherà per questi nuovi posti? «Noi – riprende Fortuna – di norma riusciamo a dare risposte entro 15-20 giorni ma dipende dalle problematiche. Se sono connesse ai minori, a donne in gravidanza. Ma nulla possiamo sulle condizioni carcerarie. E vogliamo parlare delle telefonate? Ora si parla di passare da 4 a 6 autorizzate. Ma in Francia i detenuti hanno un cellulare con 4 numeri autorizzati, così si stronca il traffico dei telefonini e si risparmiano i costi per accertare chi ha telefonato tramite i tabulati.
Le comunità terapeutiche
Sul fronte delle comunità terapeutiche – a cui si vorrebbero destinare migliaia di tossicodipendenti condannati per reati minori – la situazione è altrettanto farsesca. Mancano mancano fondi, manca personale qualificato. A Roma Villa Maraini, ad esempio, ha un modello articolato tra comunità residenziale, day hospital e camper mobili. Ma è finanziariamente tagliata dalle stesse istituzioni che ora pretenderebbero di scaricare su strutture simili la gestione di circa 20.000 detenuti. Roba da fantascienza sociale, non da politica penitenziaria.
Bernardini: «È la solita sòla estiva»
Rita Bernardini, presidente di “Nessuno tocchi Caino”, ha iniziato a occuparsi di carcere alla scuola radicale di Marco Pannella. Non ha peli sulla lingua. Attacca: «È la solita sòla estiva, lo dico alla romana. L’anno scorso stava andando avanti la proposta di Roberto Giacchetti ma poi ci dissero che avrebbero risolto tutto con il “Decreto carcere”, provvedimento che naturalmente non ha influito in nessun modo sul sovraffollamento. E poiché stava prendendo piede l’operazione portata avanti anche dal presidente del Senato La Russa, ecco che ora Nordio presenta il suo piano».
«La libertà anticipata per i tossicodipendenti? – riprende Bernardini – E già prevista dall’ordinamento penitenziario. Nordio dovrebbe chiedersi perché non funziona, mancano le comunità, sono pochi i magistrati di sorveglianza. Storia vecchia anche quella del fondo immobiliare…lasciamo perdere… A quanti Piani carcere abbiamo assistito? Quanto è aumentata in questi anni la capienza. Carcere di cemento modulari? E dove li mettono? E’ solo fumo negli occhi”.
Il piano Nordio? Di concreto non c’è nulla
Ornella Favero, volontaria, fondatrice e direttrice di “Ristretti orizzonti”, da 27 anni si occupa di carcere. ” Il piano Nordio? Di concreto non c’è nulla, aria fritta – me lo lascia dire – Non c’è ancora un testo, qualcosa di scritto a cui riferirsi. In realtà l’unica misura che sembrerebbe nuova è la possibilità di chiedere la libertà anticipata per i tossicodipendenti condannati a reati inferiori a 8 anni (prima il limite era 6, ndr). Ma quanti sono questi detenuti che hanno questi requisiti, quelli che andranno realmente in comunità? Forse 10 o giù di lì… Poi si parla di edilizia quando oggi il problema reale è il personale.
Cosa costruisci se non sai chi dovrà gestire? La verità è che governo si è inventato un task-force che rimarrà sulla carta e renderà ancora più farraginosa la modalità di accesso alla libertà anticipata”. Ci sono comunità che stanno chiudendo perché hanno difficoltà a trovare personale. Non mi meraviglierei se volessero privatizzare anche questo settore”.
E Roma tace
A Roma, intanto, si tace sul resto. Si tace sulla libertà anticipata – quella vera, prevista dall’ordinamento penitenziario – che Nordio considera una “resa dello Stato”. Ma la vera resa è quella di un sistema che abdica ai principi costituzionali e umanitari per accontentarsi della costruzione di nuovi carcere-box, modulari e prefabbricati, da mettere chissà dove. Sul modello delle “new town” dell’emergenza post-terremoto. Lo ricorda anche Fabio Gianfilippi, altro magistrato di sorveglianza, che denuncia “come l’amministrazione non sia in grado di personalizzare i percorsi, che mancano psicologi, educatori, mediatori”. Il sistema non sa nemmeno chi ha dentro, figuriamoci se riesce a reintegrarlo.
E mentre ci si balocca con i “fondi immobiliari”, già tentati da Berlusconi per trasformare Regina Coeli in un resort di lusso (sì, fu davvero proposto), il personale penitenziario affonda: mancano 6.000 agenti, 1.000 educatori sono un miraggio. Le carceri non sono scuole di recupero, ma discariche umane. La detenzione è punizione, ma ormai è anche umiliazione, malattia, abbandono.
Sonia Caronni, è la responsabile del Gruppo esecuzione penale adulti del CNCA, il Coordinamento nazionale comunità accoglienti: 240 comunità disseminate in tutto il territorio nazionale. Strutture residenziali e strutture semiresidenziali, centro diurni. “Noi abbiamo posti liberi – lei esordisce – e anche per questo ci ha colpito questo decreto. Abbiamo le comunità semi-vuote nonostante un impianto legislativo che favorisce l’uscita dal carcere”. Già. Come mai? “Ce lo siamo chiesti – risponde la Caronni – come mai non sono usciti finora C’è già tutto, non bisogna fare altri provvedimenti. Siamo stupefatti: stiamo cercando di capire se il Ddl introduce qualcosa di realmente innovativo. Da chi è composto ad esempio il Comitato di valutazione? Sicuramente la novità è la costruzione di nuovi carceri e di ampliamenti inserendo i container. Ma in concreto non riusciamo a capire come accadrà. Se utilizzando solo le comunità accreditate e se sarà il sistema nazionale a pagare le rette”.
“Bisognerà passare attraverso la valutazione dei Sert per avere una certificazione di dipendenza – continua la responsabile delle CNCA – Perché se nel comitato non c’è il Sert vuol dire che si uscirà dal carcere anche senza certificato e a qual punto qualcuno dovrà pagare. Con quali fondi? Noi spingiamo perché tutto avvenga attraverso chi è già accreditato, una il sistema consolidato. E comunque vada mancano operatori qualificati, operatori disponibili a lavorare in questo ambito. Come CNCA siamo in osservazione, questo Piano non ci convince, ci sono troppe lagune e troppi dubbi.
La giustizia, quella vera, muore in un faldone
Perché si sono svegliati solo adesso? Queste misure di libertà anticipata spesso non vengono concesse perché c’è un sovraccarico, mancano gli educatori e le procedure sono lente. E tutto si ingolfa. Nel sistema nazionale le regioni hanno un ruolo fondamentale per gli accreditamenti, ma questo Ddl non lo chiarisce, è tutto molto vago, siamo sorpresi, temiamo che si possa creare un doppione. Non vorremmo che si ripetesse quello che è successo con il decreto Svuota carceri dell’ 8 agosto 2024 . Prevedeva un registro per la costruzione delle strutture di accoglienza. Non se ne fece nulla. Rimase inattuato e fu demolito dalla Corte dei conti”.
Insomma, Nordio annuncia il piano, i media rilanciano, i partiti si dividono e intanto i detenuti si suicidano, i magistrati si logorano, gli operatori si dimettono. E la giustizia, quella vera, muore in un faldone, in una cartella condivisa, in un ventilatore che, come ricorda Lara Fortuna, ” il detenuto si deve comprare da solo”. Benvenuti nella riforma penitenziaria del 2025. È già tutto vecchio, tranne la sofferenza.