La richiesta di chiarimenti avanzata dalla Corte dei Conti sulla Delibera di approvazione da parte del Cipess del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, non solo la ritengo corretta ma a mio avviso rappresenta una giusta e corretta conclusione di un articolato e non facile iter autorizzativo di un’opera chiave per la crescita e lo sviluppo non di due realtà regionali, non di un Paese ma dell’intero assetto comunitario, un’opera che, come ho ricordato poche settimane fa proprio a valle della approvazione del Cipess, trova ampia motivazione nelle seguenti due considerazioni:
- La prima considerazione è spiccatamente economica; l’ex presidente della Regione Sicilia Musumeci volle dare incarico ad una primaria società, specializzata in analisi tecnico – economiche, per conoscere quale fosse il danno annuale nella formazione del Prodotto interno lordo della Regione Sicilia causato dalla assenza della continuità territoriale. Il risultato disponibile e adeguatamente motivato fu di 6,4 miliardi di euro l’anno
- La seconda considerazione invece e di natura più geo–economica:
- gli aeroporti di Catania, di Comiso, di Reggio Calabria, di Lamezia fra loro distanti chilometri ma soprattutto distanti in termini temporali, con il Ponte diventano un unico HUB aeroportuale, gestito da un unico soggetto;
- le Università di Catania, Messina, Reggio Calabria distanti chilometri ma soprattutto distanti in termini temporali, con il Ponte diventano l’Università dello Stretto;
- a livello portuale ed interportuale tanti siti come quello di Catania, Messina, Reggio Calabria e Gioia Tauro, con il Ponte disporremo di uno degli HUB logistici più forti del Mediterraneo gestito da un unico soggetto;
- non ho voluto ricordare che con il Ponte prende corpo una Città dello Stretto perché in proposito penso sia sufficiente la esperienza di Budapest, prima del Ponte delle Catene Buda e Pest erano due modeste realtà urbane
Però questo lungo e complesso itinerario istruttorio spero sia utile per chiarie e affrontare un altro tema, quello legato al comportamento democratico nell’attuazione delle scelte ampiamente motivate, ampiamente supportate da indiscutibili approfondimenti tecnico–economici.
Molti pensano che la scelta di realizzare il Ponte sullo Stretto sia una tipica scelta di valenza nazionale, pensano che l’Unione Europea ed il Parlamento italiano siano stati estranei a questo interessante processo decisionale che ha portato all’approvazione del Cipess, io, solo per la mia età ormai avanzata, essendo stato testimone diretto ritengo opportuno ricordare una serie di passaggi che testimoniano la forza e la incisività del lungo itinerario decisionale.
Nel 2001 il commissario Van Miert fu incaricato dall’Unione europea di avviare i lavori di aggiornamento delle Reti Trans European Network (TEN–T), sì di quell’impianto strategico proposto dagli esperti del Piano Generale dei Trasporti italiano sin dal 1985 ed approvato dal Parlamento europeo il 1987. Ebbene, il commissario Van Miert con un gruppo di delegati, indicati da parte di tutti gli Stati dell’Unione europea, portò a termine, in circa 15 mesi, la definizione dei nuovi assi infrastrutturali e tra questi comparvero i due corridoi fondamentali relativi all’asse Lisbona–Madrid–Lione–Torino Milano–Venezia–Trieste–Kiev e Berlino–Milano-Bologna–Roma–Napoli–Palermo. Nel Corridoio Berlino–Palermo era inserito e pienamente condiviso il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina; un progetto definito insieme ai quattro valichi alpini “il superamento di un anello mancante nel sistema infrastrutturale dell’Unione Europea”.
Nel 2003 a Van Miert subentrò la commissaria Loyola De Palacio che, con il coinvolgimento di tutti i delegati dei Paesi della Unione Europea (passati da 15 a 28), nel 2005 fece approvare il nuovo assetto delle Reti TEN–T ed anche in questo caso venne riconfermata la validità della continuità territoriale tra l’Europa e la Sicilia attraverso il Ponte sullo Stretto di Messina.
Questa base pianificatoria portò al varo della soluzione del 2011 caratterizzata da nove corridoi portanti dell’intero assetto infrastrutturale (reti stradali, ferroviari, nodi portuali ed interportuali ed aree metropolitane). Un quadro strategico che identificava 9 Corridoi e di questi 9 Corridoi quattro coinvolgevano in modo diretto il nostro Paese e cioè:
- Corridoio 1. Baltico–Adriatico (dal Mar Baltico al Mar Adriatico–Ravenna)
- Corridoio 3. Mediterraneo (da Algeciras al confine ungherese ucraino)
- Corridoio 5. Scandinavo–Mediterraneo (dal Baltico fino alla Sicilia e Malta)
- Corridoio 6. Reno–Alpi (dai porti del Mare del Nord, da Rotterdam a Genova)
Nel Corridoio 5 Scandinavo–Mediterraneo compariva ancora una volta la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina come opera strategica fondamentale.
Nel 2025 c’è stato l’ultimo aggiornamento che ha confermato e in parte implementato i quattro Corridoi ribadendo per la ennesima volta, la validità strategica del Ponte sullo Stretto di Messina.
Avendo partecipato, su designazione del governo italiano, ai lavori della redazione delle Reti TEN–T nel periodo 2002–2013 sono in grado di testimoniare la serietà e l’approfondimento sistematico dei lavori e ricordare che il gruppo di lavoro, coordinato sin dall’inizio da commissari europei come Van Miert e De Palacio, ebbe come supporto economico un organismo come la Banca europea degli investimenti (Bei). Preciso anche che tutte le scelte, tutte le motivazioni strategiche sono state sempre avallate dai singoli Stati sia attraverso lunghe e capillari audizioni dei titolari dei dicasteri competenti, sia attraverso motivazioni tecnico economiche prodotte da primarie società di consulenza.
Ora questa oggettiva documentazione non può, in alcun modo, essere oggetto di attacchi da parte di schieramenti tutti mirati a incrinare, a invalidare, a mettere in discussione una scelta che è, ripeto, supportata da decisioni che si caratterizzano, a tutti gli effetti, come veri invarianti decisionali. Qualcuno potrebbe dire che queste scelte non sono state supportate da un coinvolgimento diretto ed indiretto del territorio, cioè dei fruitori finali e quindi non sono il risultato di una democratica scelta. Devo precisare che queste scelte, sì quelle relative alle Reti TEN–T e quindi al Ponte, sono state esposte più volte nelle Commissioni parlamentari competenti dei singoli Paesi dell’Unione Europea e i vari Corridoi con i relativi progetti come in particolare i cinque anelli mancanti (4 nuovi valichi ferroviari lungo l’arco alpino ed il Ponte sullo Stretto di Messina) sono stati sempre approvati o all’unanimità o con una vasta maggioranza all’interno delle singole Commissioni o da parte delle varie regioni attraversate.
Dire, ad esempio, di no al Ponte sullo Stretto di Messina perché in tal modo si aggrega il dissenso e si costruiscono le condizioni per dare vita ad un nuovo schieramento politico o si rafforza uno già esistente, significa incrinare quello che in più occasioni definiamo “impegno democratico”; tutto questo ritardando la realizzazione di una scelta strategica per colpa di una minoranza, per colpa di un limitato gruppo di soggetti pronto a diventare interlocutore determinante. E questo itinerario è sicuramente una testimonianza completamente opposta a qualsiasi linea democratica.
Questa mia denuncia in realtà dovrebbe trovare l’intero sistema parlamentare italiano non solo convinto della validità delle scelte supportate da simili fasi autorizzative avvenute a scala comunitaria e dovrebbe, al tempo stesso, difendere, in modo trasversale, tali scelte perché legate alla crescita ed allo sviluppo del Paese; inoltre proprio le forze della opposizione presenti all’interno del Parlamento dovrebbero temere quelle forme autonome di dissenso perché in grado di penalizzare pesantemente la funzione ed il ruolo delle istituzioni democratiche.