Ultimi tra i Paesi del G7, 14esimi in Europa. La spesa sanitaria pubblica in Italia resta troppo bassa – il 6,3% del Pil nel 2024 (la media Ocse è del 7,1%, quella europea del 6,9%) – e soprattutto in costante decrescita. Il nostro Paese è ultimo tra quelli del G7, con un distacco sempre più marcato, e 14° tra i 27 Paesi europei dell’area OCSE per spesa pro-capite, con un gap di 43 miliardi con i Paesi europei. Di fatto, un’Italia prima tra i paesi poveri, che precede in classifica solo alcuni paesi dell’Est e dell’Europa Meridionale e superata da Repubblica Ceca, Slovenia e Spagna.
Nel 2024, in particolare, la spesa sanitaria pubblica pro-capite in Italia si attesta a $ 3.835, un valore nettamente inferiore sia alla media OCSE ($ 4.625), con una differenza di $ 790, sia soprattutto alla media dei paesi europei ($ 4.689), con una differenza di $ 854. E con ben 13 paesi tra gli Stati membri dell’Unione Europea che investono più dell’Italia: si va dai +$ 58 della Spagna ($ 3.893) ai +$ 4.245 della Germania ($ 8.080).

I dati, alla vigilia della discussione sulla Legge di Bilancio 2026, sono quelli analizzati dalla Fondazione GIMBE, che mette in evidenza ancora una volta il costo pagato dai cittadini tra liste d’attesa lunghissime, pronto soccorso al collasso, carenza di medici di famiglia, disparità territoriali e sociali e la necessità sempre più frequente, da un lato, di pagare di tasca propria visite e prestazioni, dall’altro di rinunciare del tutto alle cure, come sono stati costretti a fare, solo nel 2024, 5,8 milioni di persone (1 su 10).
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«Il sottofinanziamento pubblico della sanità italiana – sostiene Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – è ormai una questione strutturale che, oltre a generare tensioni crescenti in Parlamento, sta mettendo in grandi difficoltà tutte le Regioni, sempre più in affanno nel garantire i livelli essenziali di assistenza mantenendo in ordine i bilanci. E oggi il conto più salato di queste scelte miopi lo pagano anzitutto i cittadini».
In realtà, fino al 2011, la spesa sanitaria pro-capite in Italia era allineata alla media europea; poi, per effetto di tagli e definanziamenti da parte di tutti i Governi, il divario si è progressivamente ampliato, raggiungendo i $ 430 nel 2019. La forbice si è ulteriormente allargata durante la pandemia, quando gli altri paesi hanno investito molto più dell’Italia. «L’entità di questo progressivo definanziamento – commenta ancora Cartabellotta – è imponente: al cambio corrente dollaro/euro il gap pro-capite nel 2024 ha raggiunto 729 euro. Applicato all’intera popolazione residente, un divario complessivo di 43 miliardi. Una erosione progressiva di risorse pubbliche al Servizio Sanitario Nazionale che, soprattutto dopo la pandemia, è sempre più in affanno».
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L’arretramento costante rispetto ai Paesi del G7 parla chiaro, non solo per i $ 3.835 di spesa pro-capite contro i $ 8.080 della Germania. Ma anche per quanto riguarda, per esempio, il Regno Unito, che condivide con l’Italia un modello sanitario universalistico e che se fino al 2019 ha registrato una crescita modesta, a partire dalla pandemia ha progressivamente aumentato in modo consistente la spesa pubblica, superando in soli cinque anni Canada e Giappone e posizionandosi poco al di sotto della Francia.
«Con l’avvio dei lavori sulla Legge di Bilancio 2026 – conclude Cartabellotta – è proprio dall’impietoso confronto con gli altri Paesi europei e del G7 che bisogna ripartire. Da quel divario imponente frutto di una visione arrendevole che ha dimenticato un principio fondamentale: la salute delle persone non è solo un diritto fondamentale, ma anche una leva di sviluppo economico e della tenuta sociale del Paese. Ecco perché la Fondazione GIMBE si appella al Governo e al Parlamento affinché prendano atto dell’enorme e crescente divario strutturale rispetto agli altri Paesi avanzati, senza trasformare il tema in scontro politico.
È urgente pianificare un progressivo rilancio del finanziamento pubblico della sanità: non per risalire le classifiche internazionali, ma per restituire forza e dignità al SSN e garantire a tutte le persone, ovunque vivano e a prescindere dal loro reddito, l’inalienabile diritto alla tutela della salute sancito dalla Costituzione. Perché se non investiamo sulla salute, pagheremo tutto con gli interessi: in disuguaglianze, malattia, impoverimento e perdita di futuro».