De Carvalho sconta l’ultima parte della condanna a sette anni di carcere per traffico di droga: in campo col dispositivo di sorveglianza
“Regola 4, l’equipaggiamento dei calciatori. 1. Sicurezza: ogni calciatore non deve utilizzare un equipaggiamento o indossare qualunque cosa che sia pericolosa. Tutti i tipi di accessori di gioielleria o bigiotteria (collane, anelli, braccialetti, orecchini, strisce di cuoio o di gomma, ecc.) sono vietati e devono essere tolti. Non è consentito usare nastro adesivo per coprirli. L’equipaggiamento dei calciatori titolari deve essere controllato prima dell’inizio della gara e quello dei calciatori di riserva prima che entrino sul terreno di gioco. Se un calciatore sta indossando o usando equipaggiamento non autorizzato e/o pericoloso o accessori di gioielleria o bigiotteria l’arbitro deve ordinare al giocatore di togliere l’oggetto in questione, uscire dal terreno di gioco alla prima interruzione se questi non è in grado di toglierlo o è restio ad attenersi. Un calciatore che si rifiuta di attenersi o indossa di nuovo l’oggetto deve essere ammonito”.
Il divieto di dispositivi elettronici
Comma dedicato alla comunicazione elettronica: “Ai calciatori (inclusi quelli di riserva, i sostituti o gli espulsi) non è consentito indossare o utilizzare qualsiasi tipo di apparecchiatura elettronica o per la comunicazione (eccetto laddove siano consentiti EPTS)”. Gli EPTS (l’acronimo sta per Electronic Performance and Tracking Systems) sono quegli aggeggi, detti gadgets, che raccolgono dati che poi, adeguatamente monitorati, consentiranno (è la speranza tecnologica) il miglioramento della performance ma anche la trasformazione, e conseguentemente il racconto, del vecchio “giuoco del calcio” come fosse un videogioco, i giocatori degli Avatar, gli allenatori dei “content creators”, i commentatori una via di mezzo fra lo youtuber, il videomaker, il data analyst scientist, l’AI specialist and machine learning engineer. Solo i fan restano “onlyfans”…
Il calcio globale
Le regole citate sono riprese dal regolamento del gioco calcio valido in Italia e, probabilmente, in tutto il mondo pallonaro, cioè per tutto l’”orbe terracqueo” (citazione politica) giacché il calcio è, in tutte le classifiche e comunque le si pieghi, lo sport più praticato globalmente, tanto che la Fifa, che lo governa, si è sentita in obbligo di allargare a 48 le nazioni alla fase finale dei mondiali e sta studiando, per il turno successivo, il 2030 del centenario dell’evento, di dilatare ancora fino a 64 (più squadre più voti: la prima volta si giocò in una sola città, Montevideo, capitale dell’Uruguay, e parteciparono in 13. Le 64 eventuali del 2030 saranno sparpagliate in tre continenti, Spagna e Portogallo in Europa, Marocco in Africa e “piccola” deviazione in Sudamerica: del resto se il Giro d’Italia parte dalla Bulgaria…).
Il caso in Brasile
È probabile, dunque, che le stesse regole valgano anche in Brasile, dove pure regnano “la voglia, la pazzia, l’incoscienza e l’allegria” per ricordare l’indimenticabile Ornella Vanoni. E dunque avrà avuto i suoi dubbi, più che amletici, qualche giorno fa, nella città Campos dos Goytacazes, nello stato di Rio de Janeiro quando, incaricato di dirigere il match di andata della finale dei playoff Serie B2, campionato carioca, quando, nello schieramento del Goytacaz che doveva affrontare il Macaé, si è trovato ad ispezionare l’equipaggiamento del centrocampista offensivo Yuri de Carvalho, maglia d’ordinanza, numero 18. Era il minuto 70 e il trentenne Yuri ha fatto il suo ingresso in campo. Sulla caviglia sinistra portava, ben visibile, un braccialetto: elettronico. Che dunque, a regola stretta, infrangeva due volte le norme, anche se il dispositivo elettronico non serviva a monitorare le sue performances ma semplicemente la sua presenza. Il monitoraggio giudiziario non è previsto, né come attenuante né come aggravante per chi scende in campo.
La storia di Yuri
Yuri, infatti, sta scontando l’ultima parte di una condanna penale a sette anni, comminata dopo un reato di traffico di droga per il quale era stato arrestato nel 2018. Essendo ormai agli sgoccioli della pena, dopo gli anni passati nella Casa di Custodia Dalton Crespo de Castro, è stato autorizzato a maggio a trascorrere la parte residuale in regime di semilibertà, ma con l’obbligo di indossare il braccialetto. Una volta semilibero, Yuri de Carvalho ha ripreso il suo mestiere di calciatore ed è tornato in campo. «Certo – dicono i dirigenti della sua squadra – il braccialetto elettronico è un disturbo per i suoi movimenti in campo: gli rende le cose difficili ma non gli impedisce di giocare».
L’istanza al Tribunale
Per questo hanno fatto domanda a un tribunale locale affinché autorizzi il giocatore a togliersi l’impaccio almeno in partita se non anche in allenamento. Ma la giustizia può essere lenta anche a ritmo di samba e l’autorizzazione (o il rifiuto) tarda a venire. Nel frattempo, nella finale di ritorno disputata domenica, De Carvalho è andato pure in gol.
Il film con Pelé
Chissà se il braccialetto resiste agli urti degli scarpini avversari o se lascia immaginare un remake piuttosto casarecci del meraviglioso film “Fuga per la vittoria” con la celebre rovesciata di Pelè, quella che il regista John Huston era pronto a girare mille volte magari con una controfigura e invece fu buona la prima (per la controfigura manco avrebbe potuto utilizzare l’unico capace di farla: McFratm non era ancora nato). Svegliatevi, giudici!









