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Sinner-Alcaraz, a Torino la sfida finale per il titolo di Maestro dell’anno

TORINO – E’ la finale che tutti cercavano e volevano. “Finale!” ha scritto sulla telecamera Sinner nel pomeriggio. “Final!!!” ha ripetuto Carlos alle dieci di sera una volta sbrigata la pratica contro Auger-Aliassime. Saranno il numero 1 e il numero 2 del mondo a sfidarsi oggi per il titolo di Maestro dell’anno.

C’è qualcosa di eccezionale nell’essere scontati. Jannik e Carlos, ancora loro, sempre loro, per sempre loro. Eppure niente ha la forza e il pathos dell’epica come una finale già vista quest’anno cinque volte (Roma, Parigi, Wimbledon, Us Open, Cincinnati), oggi sarà la sesta, dal 2021 li abbiamo visti sfidarsi altre quindici volte. Ogni volta è diversa dall’altra e non ci stanchiamo mai. Neppure loro.

“Molto felice di essere in finale qui a Torino” ha detto Jannik. “Molto felice di aver vinto stasera” ha detto in italiano Carlos, piccole furbizie di chi sa bene che oggi avrà il pubblico contro. Cose che succedono quando hai a che fare con l’eccezionalità che incrocia il mito e anche la Storia. Per evitare che la retorica s’impossessi del racconto, scegliamo le parole di Sinner in conferenza stampa dopo la vittoria in due set contro De Minaur (7-5/6-2): “Non credo che papà e mamma vengano domani, si vede che hanno cose più importanti da fare”. E ha sorriso un po’ anche lui soddisfatto comunque che sia arrivato a Torino il fratello, quello che in genere preferisce la Formula 1.

L’ultimo capitolo di questo lungo duello – parliamo di ragazzi di 22 anni (Alcaraz) e 24 (Sinner) – è definito dai numeri. L’azzurro gioca oggi la terza finale consecutiva alle Nitto Atp Finals: nel 2023 perse contro Djohovic; l’anno dopo ha regolato i conti issando il trofeo. Spuntano record dappertutto: è il più giovane giocatore a farlo dopo l’australiano Hewitt; è la sua trentesima partita consecutiva vinta sul veloce indoor; per arrivare fin qui non ha perso un solo game di servizio e neppure un set; ha vinto 30 turni di sevizio su trenta disputati e potrebbe raggiungere Djokovic che nel 2018 divenne The Master senza perdere neppure un turno di servizio. Un record che il serbo ancora conserva partendo dal 1991 quando il circuito ha iniziato ad accumulare statistiche.

La carta dei record di Carlos Alcaraz è assai più scarna: otto tornei vinti nell’anno, le Finals sarebbero il nono; è la sua terza apparizione qui alle Nitto Atp Finals ma non le ha mai vinte; nel cammino del torneo ha perso turni di servizio e anche un set (contro Fritz). Eppure è lo spagnolo il numero 1 del mondo in questa stagione tennistica che va a chiudersi (tranne per i team impegnati nella Davis che invece inizia a Bologna martedì).

Numeri e percentuali non sono bugiardi, semplicemente non dicono tutto. Riflettono, semmai, la complementarietà caratteriale dei due campioni: Alcaraz un creativo soggetto ad alti e bassi (sempre meno); Sinner più costante e continuo, una macchina da record che però si può inceppare. “Alex ha tutto da guadagnare e io tutto da perdere”: così aveva detto Sinner alla vigilia del match contro De Minaur.

L’altoatesino approccia ogni partita senza mai dare nulla per scontato, anche se gioca contro uno che ha battuto già dodici volte di fila. Umiltà? Scaramanzia? Gigioneggia? La domanda attraversa l’ufficio stampa e quando viene posta a Sinner la risposta è cristallina: “A questo livello ogni partita non è mai scontata e ogni punto è importate. Tutto deve girare bene. Ecco perchè dico e mi ripeto che devo sempre stare attento”.

E infatti De Minaur ha giocato il primo set ad un livello forse mai visto prima. Uno a zero, tre palle break nel secondo game, un testa a testa con scambi velocissimi che si è risolto solo con il break dell’azzurro sul 6-5 per poi andare a chiudere 7-5. Il secondo è stato una pratica veloce: 6-2. “Questo vuol dire che il mio miglior tennis non è ancora sufficiente per competere con loro”, ha ammesso l’australiano dopo il match.

Per lui comunque un anno importante che chiude con la miglior classifica di sempre stabile nella top ten. L’altra semifinale è una pratica di un’ora e 22 minuti che Alcaraz chiude in due set (6-2/6-4) contro il pur bravo Felix Auger-Aliassime che ha avuto anche il pubblico amico.

Lo spagnolo, va detto, sembra ingiocabile anche sul campo blu di Torino. Se il veloce, per di più indoor, è sempre stato per lui una superficie non amica, in queste Finals ha esibito servizi stabilmente sopra i 200km/h, serve and volley con tempi e angoli perfetti e soprattutto una mobilità e un coordinamento da tutti gli angoli del campo che non dà tregua all’avversario.

Il canadese è stato preso a pallate da una parte all’altra del campo e spesso preso alla gola con smorzate imprendibili. A Torino è arrivato un Alcaraz che merita la posizione di numero 1 del mondo. E, forse, anche quella di Maestro.

“ Tu chiamali come vuoi/ Io li chiamo soltanto eroi/ Eroi di tutti i giorni/ Che a pensarli mi innamoro/ Di ogni donna ed ogni uomo/ Che, ogni volta che li incontro/Se li canto, mi commuovo” cantava ieri Fiorella Mannoia passeggiando sul campo blu delle Finals, protagonista del “Music break” che ogni sera intrattiene il pubblico prima dell’incontro serale. Sono venti minuti di concerto live da brivido.

Gli “eroi” di Mannoia sono altri, è gente che combatte ogni giorno per la vita e contro la morte con “spade di latta e elmi di carta”. Ma per un giorno almeno anche questi due ragazzi sono i nostri eroi, sogni di velluto nella giornate tristi, diversivi per i momenti bui. E allora, che vinca il migliore.

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