L’allenatore di Certaldo è a un passo dalla panchina bianconera, ma in passato aveva giurato amore eterno al Napoli
“La donna è mobile, qual piuma al vento”, come canta il duca di Mantova in “Rigoletto”, ma pure l’uomo “muta d’accento e di pensier”, specie se si occupa di politica o di calcio: se poi delle due cose contemporaneamente ti puoi ritrovare un sospetto romanista alla testa della Lazio (ogni riferimento a persone o fatti realmente esistenti è puramente casuale, “all persons fictitious”, come sta scritto nei film).
La lezione di Bardot e Dietrich
L’assioma che puoi cambiare moglie ma non maglia è valido solo per i tifosi nel pallone: gli “addetti ai lavori”, invece, cambiano prima e seconda con uguale disinvoltura e dopo visione di reality o siti dedicati nel caso uno, dopo riscontri di sontuosi contratti (spesso con interventi intermediari che procurano ingaggi e si procurano più che adeguate provvigioni) nel caso due: del resto aveva ragione la grande BB, Brigitte Bardot, quando sosteneva che “è meglio essere infedeli che essere fedeli senza volerlo essere”.
E un’altra “divina”, Marlene Dietrich, sosteneva, dal suo lato femminile, che “a qualunque donna piacerebbe essere fedele: difficile è trovare un uomo a cui esserlo”. Una volta, nella vita e in campo, la “fedeltà” era più facile: ma poi siamo proprio sicuri che, non trattandosi più né di amore nel calcio né di ideali nella politica si possa o si debba parlare di “fedeltà” nel senso comune della parola? Sono professioni e dunque la fedeltà è richiesta tutt’al più pro tempore, come il contratto o il mandato elettorale (“e poi, e poi, e poi” sottintendeva la meravigliosa voce di Mina…).
Totti, Zanetti, Maldini e Del Piero: dove sono finite le bandiere?
Ma mettiamo in stand by la politica e restiamo allo stadio, campo o panchina. Diciamo che per i calciatori sarebbe più facile fare il Totti, lo Zanetti, il Maldini o il Del Piero per dire degli ultimi uomini-bandiera: basterebbe dir di no, come hanno fatto loro, alle avances altrui e/o alla fame dei procuratori per i quali ogni “mutatis mutandis” (trattasi di maglie e fors’anche di mutande se il corredo è sponsorizzato fino all’intimo). C’è (e gioca ancora) qualcuno che li ha battuti tutti: è il polizotto di Gibilterra Lee Casciaro che ha 44 anni e da 26 gioca sempre con la squadra del Lincoln FC che ha una storia di 29 scudetti di cui 14 consecutivi, record mondiale.
Le pressioni sulla panchina
Però, specie oggi, per un allenatore la longevità panchinara è assai più difficile: le “pressioni” si sono moltiplicate e il mister è il capro espiatorio degli errori altrui, oltre che dei propri e dei colpi del destino cinico e baro. Se la stagione butta male, se i risultati vanno di traverso, il presidente colpevole (o il fondo…) mica può cacciare se stesso, gli investitori o tutti i giocatori, che pure avranno le loro responsabilità. Ma l’allenatore sì, che poi trascina con sé varie figure e figuri professionali, il cosiddetto staff che è sempre più popolato di indispensabili guru della tecnologia, della nutrizione, della fisioterapia, della psicologia e della psicanalisi più altre scienze e stregonerie.
Il caso di Guy Roux
I social postano, i giornali titolano, le televisioni svelano, le radio blaterano, gli ultrà “ultraggiano”, i tifosi quieti fanno buh e l’allenatore non mangia il panettone, né la colomba, né, nel caso di scuola attuale della Juve, il dolcetto di Halloween che piuttosto gli rifilano lo scherzetto. In un pallone che rotola sempre più veloce (come il mondo che del resto è tondo come un pallone) risulterà sempre più difficile fare come fece Guy Roux che per quarant’anni rimase sulla panchina (o brevi dintorni) dell’Auxerre, scoprendo fra gli altri un ragazzo di Marsiglia destinato all’epica del calcio e non solo, Eric Cantona.
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Quelle sceneggiate ipocrite
E allora, se così stanno le cose, perché lasciarsi andare a dichiarazioni destinate alla sicura smentita? Perché rischiare l’ipocrita sceneggiata di quei giocatori che quando segnano da ex non esultano, come fosse un pianto del coccodrillo, il quale, oltre tutto, non lacrima per pentimento o romanticismo ma per difficile digestione?
Nessuno accuserebbe nessun altro di tradimento se il mutante pelle non si iscrivesse da solo al registro degli innamorati fedeli.
Il caso di Spalletti
L’ha fatto, tra i più recenti, Luciano Spalletti. “Non riesco a vedermi tornare al Maradona da avversario del Napoli” disse vestito d’azzurro Italia. Ci si vedrà, pare, il 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio. E di Napoli-Juventus. Però, se coprisse gli specchi per non vedere il passare del tempo, come fece una celebre sabauda, la contessa di Castiglione, potrebbe non vedere il passaggio dai colori di Napoli al bianco e nero della Juve. “Tutti gli allenatori sognano di allenare la Juve” ha però appena detto: ma quando sono a Roma, Milano o Napoli negano il sogno. E poi, se il braccio sinistro è decorato dal suo scudetto partenopeo, c’è sempre il destro ancora libero…
“Scurdammece ‘o passato”
Ma sì, “scurdammece ‘o passato” cantano a Napoli. Spalletti li ha presi alla lettera? In quel della sua Certaldo scrisse il concittadino Boccaccio “Viva amore e muoia soldo”. E’ assai probabile che il grande Luciano la pensi uguale: non per soldi né per denaro, ma perché vuole la rivincita dopo l’inquietante vicenda in azzurro Italia. E se c’è come pescarla è nel Po. Anche se pescare scudetti lassù è obbligatorio: a Marechiaro, dove ‘nce stà ‘na fenesta è tutta un’altra cosa. Scetate, Carulì, ca ll’aria è doce!









