Home / Sport / Dan Bloxham, il mio lavoro? Portare superstar del tennis in campo

Dan Bloxham, il mio lavoro? Portare superstar del tennis in campo

Dan Bloxham

Vestito nei colori di Wimbledon, accompagna i giocatori dagli spogliatoi fino al campo in orario. Lo fa da 18 anni. Ed è una figura storica

di

Alle 10 del mattino il Centre court è un cantiere operoso: i giardinieri controllano metro dopo metro lo stato dell’erba, altezze, zolle alzate, eccessi di terriccio. Annaffiato tutta la notte, il campo a quest’ora sembra più verde. Dan Bloxham ci aspetta a bordo campo, proprio dove c’è l’ingresso, i tabelloni e l’orologio.

Dan è quel signore distinto e vestito nei colori di Wimbledon che vediamo in tv quando entrano i giocatori. Li prende in custodia dalla zona spogliatoi e riscaldamento e li conduce in campo nell’orario e nelle condizioni imposte dall’etichetta e dal dress code dell’Aeltc. Lo fa da 18 anni. Prima di lui tanti altri perché il Maestro di cerimonie del Centre court è un’istituzione degli Championships da 138 anni.

«Il mio ruolo – spiega Dan – è portare in campo i giocatori, aiutarli a verificare se hanno tutto con sé, guidarli nei lunghi corridoi interni fino all’ingresso del campo, indicare loro il percorso facendoli sentire a casa». Giocatori e team vengono allertati cinque minuti prima che arrivi Dan. Sono circa tre minuti a piedi per entrare nel Court 1. Due minuti per il Centre court. Un tempo sospeso in realtà lunghissimo in cui il giocatore è solo, non sempre vorrebbe essere dov’è, le gambe pesano e la testa anche. Ecco, Dan è un po’ il loro Virgilio nell’Inferno del pre-match. È anche un coach, anzi, il capo dei coach dell’Aeltc e conosce perfettamente quello stato d’animo.

Dan Bloxham
Dan Bloxham

«La passeggiata serve a creare un link, una connessione, prima di entrare il campo, tra il Club, la sua storia, gli Championships, gli arbitri, il campo stesso. Il nostro obiettivo è creare una miscela di entusiasmo, leggerezza ma anche responsabilità per l’evento di cui sono protagonisti. Vogliamo che si sentano parte di qualcosa più grande e che si sentano a casa». Per creare questa “miscela”, Dan aggiunge anche altro: la confidenza con il campo. «Centre court e campo 1 sono molto diversi, per esposizione al sole e al vento, l’erba è una superficie viva e cambia di ora in ora. Cerco di spiegarlo».

Così la mattina vede l’orario di gioco, «se possibile contatto i team e chiedo loro se vogliono vedere il campo». Anche questo fa parte della miscela di Wimbledon.

Dan è pieno di aneddoti. Cobolli, ad esempio, è «un ragazzo molto cortese e simpatico…». La mattina prima del match contro Djokovic, Dan ha chiesto al team se volessero familiarizzare. «Flavio mi ha chiesto se avesse dovuto fare qualcosa di specifico, inchini o altre cose. L’ho tranquillizzato, ho detto di trovare le giuste sensazioni, di essere tranquillo e di giocare, di sentirsi a casa. Quanto ha messo piede in campo mi ha detto che gli sembrava tutto più piccolo visto da qui».

È vero, il bacino del Centre Court è molto più amichevole visto dal campo. Questione di prospettiva. Alla fine del match «ho detto a Flavio che è stato un onore per me assistere a quella partita». Fabio Fognini ha voluto camminare sul campo il giorno prima del match contro Alcaraz. «Quando glielo ho proposto, mi ha guardato con le mani sui fianchi e mi ha detto “perché no”. Siamo stati in campo 40 minuti e siamo stati bene con lui e il suo coach che faceva un video. Il giorno dopo, accompagnando in campo gli ho augurato una bella giornata. Lo è stata, alla fine». Quattro ore straordinarie il match tra Fognini e Alcaraz visti con gli occhi di coach Dan, Maestro di cerimonie degli Championships.

«Ho visto il suo talento nel pieno della gloria. Alla fine del secondo set ha chiesto il toilet break, è uscito, mi ha visto e ha sorriso “Dan non ce la faccio mica, ma gioco, gioco”. Alla fine gli ho stretto la mano e gli ho detto che era stato un grande onore per me assistere a quella partita. E che tutto il pubblico era in piedi per lui».

Federer, Djokovic, Nadal, Murray, Sinner, condividono qualcosa che Dan chiama «fascino»: è diverso per ciascuno di loro ma «lo senti ed emana una grande energia». Nadal era una «macchina turbo», Federer «una macchina del ghiaccio». Tipo Sinner? «Non direi, sono diversi. Sinner è un ragazzo così giovane eppure molto educato, di poche parole, organizzato, puntuale e gentile anche nel tono di voce. Noi la chiamiamo già “Sinnermanner”. Alla “maniera di Sinner”.»

La chiacchierata con Dan potrebbe non finire mai. Ma c’è un punto da chiarire: la “leggenda” dice che i giocatori prima di entrare in campo passano sotto la targa con la poesia di Kipling, “If”, con la citazione “se potrai affrontare la vittoria e la sconfitta e trattarli come due impostori” sarai un uomo figlio mio. Quella targa però è fuori dal percorso dei giocatori. «Ma – spiega Dan – tutto il percorso che fanno fra trofei, foto e memorabilia di questo sport spiega loro che vittoria e sconfitta sono due impostori». Anche per questo Wimbledon resta per chi lo gioca il torneo più bello.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *