23 Dicembre 2025

Direttore: Alessandro Barbano

22 Dic, 2025

Ucraina, armi e sanità: la Lega promette battaglia alla premier

Il Carroccio non ha digerito il blitz sulle pensioni e lo stop al Ponte sullo Stretto: prima resa dei conti il 29 dicembre


Tre fermo-immagine di ieri ci raccontano cosa saranno i prossimi giorni e mesi. Poi il governo resisterà, la maggioranza anche perché il collante del potere vince su tutto. E però, non sarà vita facile, «montagne russe con rischi di deragliamento» ammettono le stesse fonti di maggioranza. Non i Fratelli, quelli sorridono allineati. I mal di pancia sono tra la Lega e, di riflesso, tra gli azzurri.

Il primo fermo immagine racconta di Giorgia Meloni in giacca color cammello al Comando operativo vertice interforze COVI davanti ad un wall che la collega con tutti i comandi delle 26 missioni militari a cui partecipa l’Italia in giro per il mondo. Presto si potrebbe aggiungere l’Ucraina, chissà. «Guai contrapporre l’idea del pacifismo alle forze armate. Il famoso detto latino “si vis pacem para bellum”, se vuoi la pace prepara la guerra, non è un messaggio bellicista ma pragmatico perché solo una forza militare credibile allontana la guerra, perché la pace è soprattutto un equilibrio di potenze».

Le armi “solo difensive” di Salvini

Il secondo fermo-immagine racconta la riunione del Consiglio dei ministri, ore 15.30, palazzo Chigi, il decreto Ucraina ancora non c’è, il ministro Crosetto è assente (in missione in Libano), anche Tajani impegnato all’estero, comunque il testo ancora non soddisfa Matteo Salvini. Dopo il carosello – rivendicato a piene mani – su pensioni, finestre, riscatto della laurea etc, il segretario della Lega è stato chiaro. «Occorre dare un segnale di discontinuità – è il senso dei suoi numerosi interventi in queste settimane – far capire che siano in una fase diversa, che si va verso la pace e quindi è inutile alimentare gli eserciti con strumenti di guerra».

Addirittura aveva spinto per far scrivere nel decreto «solo armi difensive» che non esistono in natura e comunque non si gioca con le parole in contesti come questo. Adesso resta un solo consiglio dei ministri utile per approvare un decreto che, se non rinnovato entro il 31 dicembre per un altro anno (la Lega proverà ad averlo per soli tre mesi) mette nei fatti l’Italia “fuori” dall’Unione europea al pari di Ungheria, Ceca e Slovacchia.

Giorgetti “preso a schiaffi”

Il terzo fermo immagine riprende l’aula del Senato, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti “preso a schiaffi” dalla sua stessa maggioranza durante gli ultimi dieci giorni di stop and go sulla Manovra che si presenta in aula come un soldato obbediente. Significativo l’intervento in aula durante la discussione generale del senatore leghista Dreosto, salviniano doc, che ha ringraziato uno per uno i ministri della Lega, presenti e assenti. Li ha indicati come gli eroi che hanno «salvano le pensioni e gli italiani». Ha fatto tutti i nomi tranne quello di Giorgetti.

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Sono “solo” tre fermi immagine ma raccontano una storia lunga e complessa. Che ha il suo inizio venerdì sera quando la premier convoca a palazzo Chigi una riunione di maggioranza. E di guerra. La sera prima era a Bruxelles a “difendere” gli asset russi e il finanziamento a Kiev e a Roma, in Senato, è scattata la trappola. Ordita dalla Lega contro Giorgetti. Non solo un regolamento di conti interno, ma una vera e propria dichiarazione di guerra al governo Meloni reo di aver tolto dai capitoli di spesa il Ponte sullo Stretto e di aver messo le mani sulle pensioni per dare tre miliardi e mezzo all’industria e alla manifattura. È chiaro che quelle scelte erano state concertate da Meloni e Giorgetti, nessuna “manina” e meno che mai una svista.

La Lega pronta a far ballare la maggioranza

La manovra sarà approvata in qualche modo. Senza arrivare all’esercizio provvisorio. Ma il seguito della storia è evidente: Salvini e le sue truppe, cioè i gruppi parlamentari, faranno ballare la maggioranza su ogni dettaglio. Alla fine la maggioranza troverà la quadra. Ma con quale logoramento? Il decreto Ucraina terrà tutti con il fiato sospeso fino al 29 dicembre, Meloni, Tajani, Crosetto tengono il punto sulle armi, vedremo al prezzo di quale compresso. Poi inizierà la battaglia per l’utilizzo del fondo Safe, il fondo europeo finalizzato all’acquisto e produzione di armi e riservato ai Paesi che sono fuori dalla procedura di infrazione.

Come l’Italia, che ha aderito al Safe per 14 miliardi ed è pronta ad usarlo a partire da marzo. Ma Salvini è stato chiaro: quei soldi dovranno andare anche a pensioni e sanità, altro che armi. Ancora prima ci saranno scintille sul Milleproroghe che dovrebbe far rientrare dalla finestra ciò che è uscito dalla porta in questo miglio finale della legge di bilancio. Per non parlare dell’emendamento in manovra che punta a “rafforzare le capacità industriali della difesa”. Ovvero, i ministeri della Difesa e delle Infrastrutture potranno individuare tramite decreto “attività, aree e relative opere e progetti infrastrutturali per la realizzazione, l’ampliamento, la conversione, la gestione, lo sviluppo delle capacità industriali della difesa”. Si introduce cioè la conversione delle aziende nei progetti definiti “di interesse strategico per la difesa nazionale”.

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Crosetto minimizza ma si tratta di una rivoluzione. Che va letta insieme al nuovo modello di difesa che il ministro si appresta a presentare al governo e al Parlamento nelle prime settimane dell’anno nuovo. La Lega darà battaglia su tutto. Anche perché nel frattempo il Ponte sullo Stretto, fiore all’occhiello del ministro delle Infrastrutture, non solo è stato definanziato per dare supporto all’industria (3,5 miliardi) ma è notizia di ieri che i cantieri a questo punto non partiranno neppure nel 2026. «Buon Natale» sono state, si racconta, le uniche parole di Meloni durante il Consiglio dei ministri.

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