La premier Giorgia Meloni: «Sei italiani su dieci l’approvano, un dato che ci incoraggia e responsabilizza»
Stando ai dati di un sondaggio il 58,9% degli italiani approva la legge di bilancio del governo da 18,7 miliardi (ben oltre, quindi, i numeri del centrodestra). Per dirla in altre parole, 6 italiani su 10 dicono sì a questa manovra. «Un dato che ci incoraggia e ci responsabilizza ancora di più» scrive la presidente Giorgia Meloni sui social per commentare lo studio di Lab21, pubblicata dal sito online Affaritaliani.
Il testo approda nell’Aula del Senato
Dopo un parto particolarmente travagliato, irto di attriti in tema di pensioni, il ddl di Bilancio per il 2026 e per il triennio fino al 2028 è ormai in dirittura d’arrivo per il via libera. Il maxi emendamento, licenziato dalla Commissione Bilancio del Senato sabato con mandato ai relatori Liris (FdI), Borghi (Lega), Damiani (Forza Italia) e Borghese (Gruppo Civici d’Italia-Udc-Nm-Maie-Cp), approda lunedì in aula a Palazzo Madama per la fiducia e prevede il via nella mattinata alle dichiarazioni di voto, cui farà seguito la votazione finale. Dopo di che, dal 28 dicembre, passerà alla Camera, con l’esito del voto finale entro le ore 13 del 30 dicembre.
I nodi che hanno messo in crisi la maggioranza
Uno dei nodi più controversi riguarda la decisione del governo di ripresentare il pacchetto che include norme a favore delle imprese, escludendo la parte sull’allungamento dell’età pensionabile che è stata ritirata. Venerdì scorso, infatti, si è sfiorata la crisi fra gli alleati della maggioranza, con tanto di nervi a fior di pelle per Giorgia Meloni e intensi contatti tra Palazzo Chigi, via XX Settembre, Palazzo Madama e il Quirinale, prima e dopo il discorso di fine anno del presidente Mattarella alle alte cariche dello Stato, le istituzioni della società civile e la stampa.
Il governo aveva provato a bypassare con un decreto la controversia emersa fra i big della Lega e il ministro dell’Economia Giorgetti, che minacciava di dimettersi (a suo dire scherzando). A quel punto, secondo una ricostruzione non ufficiale, dal Colle sarebbe stato suggerito di accantonare l’idea di un decreto con in pancia «le norme della discordia», per ragioni tecniche e costituzionali. Il decreto, insomma, avrebbe fatto più danni che altro, nel senso proverbiale che a volte «la pezza è peggiore del buco». Ma per capire la vischiosità della vicenda bisogna tornare a giovedì notte, quando la Lega si è spaccata sulle coperture individuate da Giorgetti. Una patata bollente di pertinenza del ministro per i Rapporti con il Parlamento Ciriani, che si consulta subito con il sottosegretario Freni e con il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Mantovano, segretario del Consiglio dei ministri.
Le trattative e il ruolo del Colle
Altri contatti intercorrono con l’altro sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Fazzolari (con delega al programma di governo). Il dilemma è su come riempire il buco. Avanza l’idea di stralciare le norme sulle pensioni contestate dalla Lega, mettendole dentro un decreto ad hoc, ma occorre l’ok del Colle. Mantovano parla con Ugo Zampetti, segretario generale del Quirinale. Passa qualche ora e il Colle risponde che il decreto di bilancio è una misura inopportuna con la manovra finanziaria ancora aperta: potrebbero nascere criticità con la Consulta.
La Meloni, intanto, è ancora a Bruxelles al Consiglio Europeo, praticamente irraggiungibile. In definitiva, soltanto venerdì sera la maggioranza si ricompatta e il governo trova finalmente un accordo su di un nuovo emendamento. Fra le novità emerse ieri c’è un taglio alle risorse del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione: 500 milioni in meno da spalmare in tre anni, 300 milioni subito nel 2026. E la conferma del riconosciuto fino al 30 settembre 2028 l’iperammortamento per gli investimenti delle imprese in beni strumentali.
Le misure del provvedimento
Fra le altre norme del maxi emendamento che arriva in aula oggi, in tema di pensioni ci sono le revisioni del Tfr, con lo stop all’anticipo della pensione di vecchiaia utilizzando il cumulo di fondi complementari e un incremento di 20 euro sulle pensioni minime. Posticipato al 2028 l’aumento di un mese dei requisiti per il pensionamento nelle forze dell’ordine. Si destinano all’editoria 60 milioni per il 2026 (ma alla Rai ne vengono tagliati 10). Dal 1° luglio 2026 nel settore privato scatta l’adesione automatica dei neo assunti alla previdenza complementare, con facoltà di rinuncia entro 60 giorni.
Altre novità riguardano la tassa di 2 euro sui pacchi contenenti merci del valore fino a 150 euro che provengono da paesi extra Ue e un fondo di 20 milioni da destinare al sostegno abitativo per i nuclei con genitori separati. Poi il bonus libri per i redditi sotto i 30mila euro. Le misure sulla sanatoria edilizia, altro tema assai controverso, sono state trasformate in un ordine del giorno. Per banche e assicurazioni è previsto un aumento Irap al 2%, la Tobin Tax raddoppia. Prevista anche la rottamazione quinquies con 54 rate bimestrali, da minimo cento euro, da spalmare in 9 anni.
Mini stangata, inoltre, per i fumatori, con aumenti progressivi delle accise dal 1° gennaio 2026 su sigarette, tabacco trinciato e prodotti da fumo. L’incremento graduale porterà a rincari che potrebbero arrivare fino a 1,50 euro per pacchetto, colpendo anche le sigarette elettroniche. Le opposizioni attaccano in toto la manovra, giudicandola iniqua, misera e ingiusta, «la peggiore degli ultimi anni».


















