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Maxi truffa da 30 milioni all’Opera di Santa Maria del Fiore, 9 fermi

Truffa da 30 milioni all’Opera di Santa Maria del Fiore: nove persone fermate tra Brescia, Milano e altre città per un vasto giro di false fatture, riciclaggio e autoriciclaggio


In soli sei mesi avrebbe fruttato 30 milioni di euro la maxi-truffa ai danni dell’Opera di Santa Maria del Fiore, la Onlus che gestisce il Duomo di Firenze, il Campanile di Giotto e il Battistero. Su ordine della Procura di Brescia, la Polizia ha eseguito nove fermi in tutta Italia, contestando a cittadini italiani, albanesi, cinesi e nigeriani un vasto giro di false fatturazioni, riciclaggio e autoriciclaggio. Un decimo indagato risulta irreperibile.

Durante le operazioni sono stati sequestrati oltre 500mila euro in contanti, che si aggiungono ai 200mila bloccati lo scorso settembre a una coppia di cinesi. Perquisizioni sono in corso nelle province di Brescia, Milano, Bergamo, Lodi, Prato, Rieti e Vicenza.

Come nasce l’inchiesta

L’indagine parte da una denuncia presentata nel marzo 2025: nell’ambito di una commessa di restauro del Complesso Eugeniano, l’Opera sarebbe stata indotta a versare 1,7 milioni di euro su un conto fittizio. Da lì gli investigatori avrebbero ricostruito un sistema di trasferimenti illeciti che, in pochi mesi, ha movimentato circa 30 milioni di euro.

Il “centro di stoccaggio”

Secondo gli inquirenti, la base logistica del gruppo era un appartamento di Milano intestato a una donna cinese, trasformato in un centro di raccolta del denaro contante. Al vertice del meccanismo vi sarebbero stati due fratelli italiani, che avrebbero fornito le società cartiere, reclutato i clienti e messo in contatto gli imprenditori con i presunti riciclatori di origine cinese attivi tra Milano, Vicenza e Prato.

Il denaro veniva movimentato attraverso conti in Italia e all’estero (Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria, Croazia). La restituzione del contante era soggetta a una commissione tra il 2% e il 7% destinata ai cittadini cinesi e a un ulteriore 2% per gli intermediari italiani.

Lo schema del riciclaggio

Secondo la Procura di Brescia, il gruppo avrebbe messo a disposizione un sistema collaudato per consentire a imprenditori italiani e albanesi di ottenere contanti a fronte di fatture per operazioni inesistenti emesse da società cartiere. Il denaro “ripulito” sarebbe poi rientrato agli imprenditori con la percentuale trattenuta dagli operatori del circuito illecito.

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