Giovanni Angelucci, il legale della famiglia, racconta cosa farà dopo la madre Catherine e i figli sono stati trasferiti in una casa protetta in osservazione
L’allontanamento dei tre bambini dalla casa nel bosco in Abruzzo ha portato ad assegnare ai minori un curatore speciale, l’avvocato dei minori per il Tribunale. Per capire la posizione dei genitori dei piccoli, abbiamo chiesto al loro legale, l’avvocato Giovanni Angelucci, di raccontare la sua versione dei fatti e spiegare come intende muoversi ora sul piano legale.

“Sicuramente il provvedimento verrà impugnato davanti alla Corte d’Appello, nei termini e nei modi di legge. Io ritengo innanzitutto che questa famiglia debba essere ricongiunta, perché non possono essere tolti i bambini a una famiglia così soltanto perché vivono in un’abitazione che viene ritenuta insalubre e un rudere, sulla base di un intervento dei carabinieri dopo quella che è stata definita “intossicazione da funghi”.
Può spiegare meglio?
I bimbi hanno avuto un’indigestione, forse ne hanno mangiati troppi, non lo so. Sono stati ricoverati e dimessi poco dopo. I carabinieri hanno giustamente verificato che non ci fossero altre criticità. Poi però hanno scritto che la famiglia vive in un rudere inabitabile e che i bambini non andavano a scuola perché non iscritti alla scuola del paese.
Ed è vero?
Noi abbiamo dimostrato – e dimostreremo ancora – che l’immobile non è un rudere: è stato acquistato tramite agenzia immobiliare nel 2021 come casa colonica, casa di campagna, certamente da ristrutturare, ma non era un rudere. Ci sono tutte e quattro le mura e il tetto ben stabile.
Per quanto riguarda luce e gas?
Gli allacci non ci sono, è vero. Ma perché mi vuoi costringere ad allacciarmi alla luce se ho i pannelli solari? Perché devo allacciare il gas e pagare la bolletta se ho il camino e la cosiddetta cucina economica, che scalda la casa meglio di un termosifone? Per l’acqua ho il pozzo per l’acqua igienico-sanitaria e la fonte dove vado a prendere le bottiglie d’acqua potabile. Cosa c’è di male?
Ci sono stati dei tentativi di supporto alla famiglia da parte del Tribunale o dei servizi sociali?
I miei assistiti hanno ritenuto un’ingiustizia ciò che stava accadendo ma non pensavano a questa decisione, tant’è vero che, da settembre fino a maggio, non avevano neanche ritenuto di doversi far assistere da un avvocato: mi hanno conferito l’incarico solo a maggio. I servizi sociali, hanno provato ad applicare il solito protocollo, portando i bambini in una struttura perché stessero con altri coetanei. Per la casa, il sindaco si è detto disponibile a fare, a spese del Comune, i lavori di allaccio fognario.
I genitori però non hanno accettato.
I genitori hanno detto che non volevano sovvenzioni, perché hanno la disponibilità economica per fare i lavori necessari. Ma si chiedono: se possiamo avere un bagno a secco, oggi persino incentivato con fondi comunitari, perché dobbiamo collegarci all’acqua corrente? Abbiamo la fonte a pochi metri, pulitissima.
Secondo lei c’è qualcosa che i genitori avrebbero potuto fare meglio per evitare questa situazione?
Forse avrebbero potuto assecondare le richieste degli assistenti sociali. Ma non hanno voluto farlo. Non perché non capissero il problema, ma non capiscono perché spostarsi in un’altra abitazione se quella è vivibile e abitabile, e, soprattutto è la loro casa? La loro è una scelta, non una necessità.
Ammetterà però che è una scelta anomala.
Negli anni ’70, a Milano, molti bambini non andavano alle elementari perché figli di industriali o imprenditori che, per il rischio di rapimenti, studiavano a casa con i precettori privati. Oggi, se dei genitori scelgono l’istruzione parentale o la homeschooling, devono essere demonizzati: perché?
C’è stato un muro contro muro? E il Tribunale ha valutato fino in fondo la situazione della casa e il trauma dei bambini?
Il Tribunale avrebbe dovuto – e potuto – nominare un consulente tecnico d’ufficio, quantomeno un ingegnere, un architetto o un geometra, per verificare la staticità e l’adeguatezza dell’immobile. In un precedente provvedimento si parlava proprio di valutarne l’idoneità, anche mediante incarico tecnico, ma ciò non è mai stato fatto. Questo sarà uno dei motivi che andremo a sviluppare nel nostro ricorso.









