I nativi digitali rivendicano lavoro, diritti, dignità in spazi di protesta sempre più a-politici
C’è una bandiera con un teschio che indossa un cappello di paglia che sta attraversando i continenti. Sventola nelle piazze, per le strade, tra i manifestanti di tutto il mondo: è la bandiera dei pirati di One Piece, l’anime giapponese che racconta di un gruppo di ribelli contro un governo oppressivo, diventata il simbolo dei giovanissimi che si riprendono le piazze in una geografia del malcontento che non conosce confini e che sta ridefinendo il significato stesso di attivismo politico.
Sono nativi digitali che rivendicano lavoro, diritti, dignità: cresciuti all’ombra della crisi finanziaria del 2008, hanno raggiunto la maggiore età durante la pandemia di Covid-19, si trovano innanzi a un mondo del lavoro frammentato, salari bassi, inflazione crescente e una crisi climatica che i governi sembrano ignorare.
Videogiochi e piccole marce per manifestare
La sala riunioni che utilizzano è Discord, piattaforma nata per i videogiocatori dove oggi si organizzano proteste, si studiano strategie e si individuano luoghi di incontro.
A differenza delle “Primavere arabe” del 2011/2012, durante le quali i manifestanti non seppero strutturarsi in gruppi solidi, i movimenti studenteschi in Paesi come la Serbia stanno dibattendo se presentare una lista elettorale per le prossime elezioni, pur mantenendo la strutturale assembleare orizzontale. Qui le proteste hanno avuto inizio nel novembre 2024 in seguito al crollo della tettoia della stazione di Novi Sad, che causò la morte di sedici persone. Dapprima sono state occupate le università, poi il 15 marzo 2025 oltre trecentomila persone si sono date appuntamento in piazza a Belgrado per la più grande manifestazione pacifica mai vista nel Paese.
Il 1° novembre 2025, decine di migliaia di persone hanno poi marciato verso la città a nord di Belgrado. A rendere unico questo movimento non sono solo i numeri, ma il metodo: “Gli studenti hanno marciato nei piccoli villaggi e nelle campagne per spiegare alle persone perché si opponevano al governo”, spiega la sociologa Donatella Della Porta della Scuola Normale Superiore di Firenze, esperta di movimenti sociali.
Non più manifestazioni tradizionali con slogan urlati dal palco, ma conversazioni porta a porta e chilometri di cammino per costruire consenso dal basso, stabilendo contatti con amministrazioni e associazioni locali. Hanno aggirato il silenzio o la narrazione dei media mainstream serbi puntando sulla presenza fisica. Ciò che differenzia, infatti, gli attuali movimenti sociali è la capacità di agire strategicamente rispetto alle condizioni politiche contemporanee.
Marocco, strategie online
Il Marocco rappresenta uno dei casi più emblematici di questa nuova ondata di proteste. Qui la disoccupazione giovanile ha toccato il 36% e quasi un laureato su cinque è senza lavoro. Eppure, mentre il governo investe miliardi nelle infrastrutture e negli stadi di lusso per i Mondiali di calcio del 2030, il sistema sanitario ed educativo è cronicamente sottofinanziato. I manifestanti rivendicano riforme in ambito sanitario, educativo e politico, lamentando le inefficienze e i sottofinanziamenti a settori essenziali.
Le proteste sono state sedate nel sangue, ma a differenza delle generazioni precedenti, questi giovani continuano a organizzarsi, a condividere strategie online, a creare reti transnazionali di solidarietà in cui convergono persone provenienti da contesti molto diversi. Alberto, ventiduenne milanese, da due anni vive in Marocco: “Mi sono unito alle proteste perché non riesco a restare indifferente davanti a chi lotta per un futuro più giusto. Da quando mi sono trasferito qui per lavoro, ho conosciuto ragazzi preparati, pieni di talento, ma bloccati da un sistema che spesso non li ascolta. Lavorano duramente, eppure faticano a costruirsi una vita stabile. Scendere in piazza è stato, per me, un gesto di solidarietà ma anche di coscienza”.

Anche l’Europa non è immune da questa ondata. In Grecia, a due anni dalla tragedia ferroviaria di Tempe che causò cinquantasette morti, la maggior parte studenti, in uno scontro tra un treno passeggeri e un treno merci, le proteste continuano senza sosta. I parenti delle vittime hanno lanciato manifestazioni di massa chiedendo che i politici vengano ritenuti responsabili. Il 28 febbraio 2025, in concomitanza con l’anniversario dell’incidente, i lavoratori del settore pubblico e privato hanno scioperato in tutta la Grecia.
A Piazza Syntagma, nel centro di Atene, la tensione è esplosa: molotov e pietre sono state lanciate contro gli agenti in tenuta antisommossa fuori dal Parlamento, granate assordanti e lacrimogeni contro i manifestanti. Secondo un sondaggio dello scorso gennaio, più dell’80% dei greci ritiene che il governo non abbia fatto abbastanza per fare luce sulle cause del disastro.
Il dissenso in Romania e Ungheria
Tra febbraio e marzo del 2025, in Romania e Ungheria, decine di migliaia di persone sono scese in strada contro i leader con posizioni vicine alla Russia. A Budapest, almeno cinquantamila persone hanno marciato per chiedere la fine dei quindici anni di governo di Viktor Orbán. A Bucarest, migliaia di persone hanno manifestato a favore dell’UE e per ribadire l’appoggio all’esclusione dalle elezioni di Calin Georgescu, politico accusato di legami con Mosca, poi arrestato.
Da oltre 300 giorni, in Georgia, nonostante gli arresti e gli attacchi contro attivisti e membri dell’opposizione, i manifestanti continuano a radunarsi davanti al Parlamento di Tbilisi per protestare contro la sospensione dei colloqui di adesione all’Unione europea. Non solo proteste contro governi corrotti o autoritari. La Gen Z scende in piazza anche per rivendicare nuovi diritti: il 21 marzo, Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, più di diecimila persone si sono riunite in Piazza Dam ad Amsterdam per protestare contro razzismo, fascismo e politiche di estrema destra.
Lo scorso settembre, in Francia, gli studenti hanno aderito al movimento “Bloquons tout” per protestare contro l’abolizione dei due giorni festivi, contro la sospensione dell’adeguamento delle pensioni pubbliche all’inflazione per il 2016, contro i super ricchi non tassati, contro il riarmo del paese e in sostegno alla causa palestinese.
Luisa, ventottenne calabrese, vive ora a Berlino e afferma: “Da donna ho sentito il bisogno di mobilitarmi per me stessa e per tutte le sorelle e i fratelli che subiscono l’oppressione patriarcale, perché il transfemminismo mi ha dato un filtro necessario per interpretare il nostro dolore individuale e collettivo, personale e politico, e trovare giustizia e sostegno l’una nell’altra. Da terrona in Italia e da Ausländer, straniera, in Germania ho ben presente cosa significa essere considerate inferiori.
Non ho grande speranza nel futuro ma è solo in corteo che mi sento, ovunque, a casa, capita, in mezzo alla mia gente, a chi crede nel valore della solidarietà, dell’antirazzismo, della libertà. È qui che trovo comunità, in un sistema che ci vuole sempre più isolati ed egoisti”.
Italia ed Europa: democrazie dal basso
E l’Italia? Nel nostro Paese, sono invece i temi specifici a unire le persone: sono un esempio lo sciopero dei lavoratori di Mondo Convenienza, la ritualità delle manifestazioni per l’8 marzo e il 25 novembre promosse dal movimento Non una di meno e, soprattutto, i cortei in supporto alla Global Sumud Flotilla.
Pur mancando quel momento di coesione che porta alla creazione di reticoli, lo spirito di critica e protesta continua a esistere. Se i giovani europei mostrano frustrazione votando partiti estremi, la Gen Z in Africa, Asia e America Latina sceglie di ripartire con laboratori di democrazia dal basso.
Ed è qui che si giocherà la partita nei prossimi mesi e anni. I giovanissimi hanno dimostrato una capacità straordinaria di mobilitazione, di creare reti transnazionali, di comunicare attraverso simboli universali. Ma, sotto l’egida della bandiera di One Piece, saprà trasformare questa energia in cambiamento politico duraturo?









