Nuovi documenti del caso Epstein rivelano una rete internazionale di contatti e sollevano un segreto esplosivo per Donald Trump
Il caso Epstein continua a scuotere, dopo anni, il mondo politico americano e non solo. Nei nuovi documenti pubblicati dai parlamentari democratici del Comitato di vigilanza della Camera, a cui hanno fatto seguito altri documenti pubblicati dai repubblicani, si trovano molti nomi d’importanti figure politiche tanto degli Stati Uniti quanto di altri Paesi.
Il più evidente, ovviamente, è quello del presidente Donald Trump, finito nuovamente nel mirino per alcune allusioni di Epstein legate alla presunta presenza del presidente a casa del magnate americano in compagnia di alcune ragazza, ed in particolare di Virginia Giuffre. Secondo la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, in tal senso, le email sarebbero state «diffuse selettivamente» dai democratici della Camera solamente a «media liberali per creare una falsa narrazione volta a diffamare il presidente Trump».
Leavitt ha fatto notare a tal riguardo che quest’ultimo cacciò «Jeffrey Epstein dal suo club decenni fa per essere stato un maniaco con le sue dipendenti, tra le quali Giuffre».
Ma secondo i democratici ciò che è contenuto nelle email del magnate diffuse nei giorni scorsi solleva «seri interrogativi su Donald Trump e sulla sua conoscenza degli orribili crimini di Epstein». In particolare, fa discutere l’affermazione di Epstein secondo la quale Trump «sapeva delle ragazze», anche se dai documenti emersi sembra che il tycoon abbia tentato di bloccare i traffici di Ghislaine ed Epstein più che prenderne parte.
Una rete internazionale
Sul piano internazionale, l’enorme mole di documenti rilasciati da democratici e repubblicani mette in luce una fitta rete di relazioni tra il magnate americano e alcuni potenti uomini politici europei e mediorientali, oltre che ovviamente statunitensi. Nelle mail vengono citati, per esempio, l’ex Primo ministro norvegese Thorbjorn Jagland, che avrebbe promesso ad Epstein di trasferirsi sulla sua isola, e l’ex Primo ministro israeliano Ehud Barak, con cui il magnate ha intrattenuto una fitta corrispondenza.
Epstein, chi era davvero?
Nel complesso, dalla lettura dei documenti emergenze un quadro non chiarissimo di relazioni ad alto livello del magnate, coinvolto, anche se non è chiaro fino a che punto, in dinamiche politiche e geopolitiche in cui, teoricamente, non avrebbe dovuto essere coinvolto.
In una mail, in tal senso, Epstein discute con un ignoto diplomatico straniero della situazione geopolitica in Yemen, suggerendo che il gruppo Ansar Allah, meglio noto come Houthi, sarebbe stato disposto ad accettare un cessate il fuoco negoziato con la coalizione internazionale a guida saudita impegnata a combatterlo.
In un altro documento, Epstein sostiene poi il fatto di star dando importanti consigli strategici sulla situazione in Siria al tempo della guerra civile e di essere potenzialmente in contatto con i russi, in quel frangente molto attivi nel Paese al fianco del regime di Bashar al Assad.
Simili riferimenti ad attività coerenti con azioni legate al mondo dell’intelligence si ritrovano in moltissimi dei documenti fatti circolare nei giorni scorsi e più che le varie accuse a note figure pubbliche americane, quello che risulta più rilevante sul piano politico è proprio questa ingerenza di Epstein in affari ben al di fuori della sua competenza.
La mozione che può cambiare tutto
Comunque, maggiore luce potrebbe essere gettata sulla vicenda qualora la mozione presentata alla Camera, al voto la settimana prossima, dovesse passare. L’Epstein Files Transparency Act ha già ricevuto il sostegno di 218 deputati, ovvero la maggioranza assoluta, e qualora fosse approvato potrebbe portare alla desecretazione dei documenti inerenti al caso Epstein.
Ovviamente la decisione finale spetterebbe a Trump, che dovrebbe firmare l’atto, ed è improbabile che sceglierà di farlo. Tuttavia, il passaggio alla Camera della mozione aumenterebbe la pressione e in caso di rifiuto di desecretare gli atti dovrebbe affrontare il suo elettorato, molto attento alla vicenda.
Per il presidente, in sostanza, si tratta di un’impasse molto scomodo ed è evidente che questo nuovo ritorno in auge del caso Epstein favorisce i democratici, che sfruttano le ombre di questa vicenda per gettare dubbi su Trump e allontanarlo da parte del suo elettorato. In tal senso, le spaccature interne al mondo Maga rischiano di minare la presa di Trump sui suoi sostenitori, facendogli perdere ancor più consensi.













