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Stop alle cure, il tumore sparisce: la storia del medico Salvatore

Il grande scienziato napoletano si racconta: studi, ricerca e famiglia nel libro scritto a quattro mani col giornalista Marco Demarco

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Da un medico ci si aspetterebbe una fiducia pressoché illimitata nella medicina. Soprattutto nel caso di un luminare della diagnostica per immagini, docente emerito all’università Federico II, storico direttore dell’Istituto Pascale e fondatore del Synlab Sdn di Napoli, autore di una serie di scoperte capaci di rivoluzionare la lotta ai tumori, impareggiabile divulgatore scientifico e animatore di cenacoli intellettuali.

Desta una certa sorpresa, quindi, leggere come, a suo tempo, Marco Salvatore abbia deciso di sospendere le terapie per il tumore ai linfonodi che gli era stato diagnosticato e come, successivamente, abbia preferito curare una frattura della spalla affidandosi alle naturali capacità rigenerative e riparative del corpo umano.

Una scienza imperfetta

Il motivo di simili scelte è presto detto: la medicina non è una scienza esatta ma imperfetta, il progresso scientifico non avanza in modo lineare e il sistema sanitario non è immune da errori che ne limitano fortemente le potenzialità. La tesi, all’apparenza ardita ma in realtà molto lucida, è il filo conduttore di “Immagini e vita – Autobiografia affettiva e professionale di un medico napoletano” (Mondadori), il libro che Salvatore ha scritto a quattro mani con Marco Demarco, amico di una vita ed ex direttore del “Corriere del Mezzogiorno”.

La medicina come arte

Sia chiaro: l’antiscientismo di Salvatore non è quello di no-vax e complottisti vari che nella medicina si ostinano a vedere solo ed esclusivamente le oscure trame di Big Pharma. E non è nemmeno rifiuto del metodo scientifico al di fuori del quale «restano solo il sapere magico, la superstizione, la credenza separata dai fatti o la fede religiosa».

È, piuttosto, consapevolezza del fatto che la medicina è un’arte che «implica studio, cultura, esperienza, manualità, ma che non si esercita in un campo di certezze assolute» perché «cura la persona e ogni persona è diversa dall’altra». Nei confronti della medicina Salvatore, oggi 81enne, nutre una fiducia vigile ma non cieca, come dimostrano almeno due vicende ripercorse nel libro.

Il tumore

La prima risale ai tempi in cui al professore viene diagnosticato un tumore linfonoideo a partenza polmonare e le terapie – prima la radio, poi la chemio e infine quella biologica – non sembrano sortire alcun effetto positivo. All’improvviso Salvatore decide di sospendere qualsiasi trattamento.

E la malattia, anziché stroncarlo nel giro di uno o due anni come egli stesso prevede, regredisce fino al punto di scomparire. Di qui la lezione: «Gli studi clinici vanno sempre analizzati con senso critico e senza cedere alle mode del momento, soprattutto quando presentano una matrice commerciale o profit».

La spalla ko

Trascorrono diversi anni e Salvatore adotta lo stesso approccio dopo aver rimediato una frattura scomposta della spalla: niente interventi chirurgici, pinze o tenditori, ma tempo e riposo. Perché «non sempre una terapia intensiva è necessaria: a volte basta un intervento più mirato».

La famiglia

Se la medicina non è una scienza esatta, qual è il contesto più influente di tutti? Relazioni e affetti familiari. E proprio la famiglia, insieme con la medicina, è l’altra grande protagonista del libro. Anche perché quella di Salvatore è una “dinasty” fuori dal comune che offre una serie di personaggi sorprendenti: papà Domenico, che dopo aver combattuto la prima guerra mondiale insieme con altri “ragazzi del ’99”, coordina la prima campagna contro la poliomielite a Napoli; zio Fausto, “questore della persona di Mussolini” caduto in disgrazia per un diverbio con Claretta Petacci o addirittura uno schiaffo a Edda, la figlia ribelle del Duce, e poi diventato questore della Repubblica; i fratelli Nino e Franco, il primo scienziato mitico per genio e capacità organizzative e il secondo noto per la teoria secondo la quale l’invecchiamento non è un destino; soprattutto la moglie Hilde, compagna di vita e di lavoro che con Salvatore affronta anche momenti molto difficili.

Nel mirino dei pm

Già, perché a complicare il percorso umano e professionale del professore contribuiscono la malagiustizia e le campagne giornalistiche. Gli anni al Pascale sono costellati di soddisfazioni, ma anche tensioni legate alle inchieste giudiziarie. L’Istituto finisce più volte nel mirino della magistratura in seguito ad alcune lettere anonime che adombrano favoritismi di ogni genere, concessioni clientelari ai politici, distrazione di fondi a favore dell’attività privata di Salvatore.

Che, immancabilmente, finisce nel tritacarne mediatico-giudiziario, salvo poi essere scagionato da tutte le accuse. «Uno strazio personale e familiare che può capire soltanto chi lo ha provato – scrive il medico a distanza di anni – La giustizia è anche palcoscenico. Ho visto troppi pm innamorarsi dei propri casi giudiziari. Ma quanti, come nel mio caso, sono finiti nel nulla?».

La lotta al fumo

Anche l’attività di divulgatore scientifico, condotta attraverso la rubrica “Explora” su Rai Educational, attira a Salvatore le critiche della stampa. Beniamino Placido, dalle colonne di “Repubblica“ critica la sua strenua lotta al fumo, contestandogli il «linguaggio clinicamente corretto», il presunto «terrorismo scientifico» e il «patologico conformismo salutista».

Al critico televisivo si aggregano poi firme del calibro di Vittorio Feltri e Giuliano Ferrara. Alla fine, però, Salvatore vince la sua personale lotta al fumo all’inizio degli anni Duemila, quando l’allora ministro Girolamo Sirchia si fa promotore della legge che ancora oggi vieta le sigarette a bordo dei treni, nei cinema e in tutti i luoghi pubblici.

Il futuro

Il passato denso di esperienze e di ricordi, però, non impedisce a Salvatore di guardare al futuro. La prospettiva è quella di «una medicina sempre più ad personam e quindi più efficace proprio perché più conforme ai bisogni del singolo individuo». Un obiettivo al quale lo stesso Salvatore concorre quotidianamente nei laboratori dell’Istituto Sdn, dove si creano organoidi in grado di riprodurre i tessuti umani ed è stata allestita una biobanca dove si possono studiare marcatori tumorali e quelli del sistema nervoso centrale: l’ennesimo, enorme contributo a quella “scienza imperfetta” che è la medicina.

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