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Strage in Nepal, cinque alpinisti italiani tra le vittime delle valanghe

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Tempeste di neve e una valanga sulle vette himalayane hanno causato la morte di nove persone, tra cui cinque alpinisti italiani. I decessi si sono verificati in due distinti incidenti


Tempeste di neve e una valanga sulle vette himalayane del Nepal hanno causato la morte di nove persone, tra cui cinque alpinisti italiani. I decessi si sono verificati in due distinti incidenti avvenuti tra venerdì e lunedì, in condizioni meteorologiche estreme che hanno sorpreso diversi gruppi di scalatori impegnati in quota.

Il primo disastro è avvenuto sul picco Yalung Ri, a 5.630 metri, nel Nepal centrale. Una valanga ha travolto dodici persone al campo base, uccidendo sette persone: tre italiani, due nepalesi, un francese e un tedesco.
I soccorritori hanno recuperato i corpi e trasportato in elicottero i superstiti a Kathmandu. “Ho visto tutti e sette i corpi”, ha dichiarato Phurba Tenjing Sherpa, organizzatore della spedizione Dreamers Destination.

La spedizione Panbari Q7

Nell’altro incidente, due alpinisti italiani — Alessandro Caputo, maestro di sci a St. Moritz, e Stefano Farronato, tecnico forestale di Bassano del Grappa — sono morti mentre tentavano la scalata al monte Panbari (6.887 metri). Con loro si trovava anche Valter Perlino, capo spedizione e veterinario di Pinerolo, rimasto salvo solo perché un malore lo aveva costretto a restare al campo base. È stato lui a lanciare l’allarme.

Tra le vittime sul Dolma Khang, ci sono anche due abruzzesi, Paolo Cocco e Marco Di Marcello, e il valdostano Markus Kirchler.

Paolo Cocco, il fotografo di Fara San Martino

Paolo Cocco, 36 anni, fotografo ed ex vicesindaco di Fara San Martino (Chieti), era partito il 24 ottobre per la spedizione sul Dolma Khang organizzata da Dreamers Destination Treks. È stato ritrovato morto martedì pomeriggio. “Per me era come un fratello minore — ha detto il sindaco Antonio Tavani —. Paolo era quasi in vetta quando la valanga lo ha travolto. Aveva perso un fratello vent’anni fa, una famiglia segnata dal dolore.” Negli ultimi anni lavorava in Austria come grafico, ma tornava spesso nel suo paese natale.

Marco Di Marcello, la guida di Teramo

Con lui c’era Marco Di Marcello, 37 anni, biologo e guida alpina di Teramo. Il segnale del suo radiosatellitare, che si aggiorna ogni quattro ore, ha continuato a trasmettere anche dopo la valanga, lasciando sperare per ore che potesse essere ancora in vita. “Il puntino del segnale saliva e scendeva — ha raccontato il fratello Gianni Di Marcello —, segno che Marco si muoveva. Speravamo fosse ancora in cammino.” Ma secondo fonti dei soccorritori citate dai media locali, il suo corpo sarebbe tra quelli recuperati.

Un altro quotidiano nepalese, The Himalayan, segnala la presenza di un terzo alpinista italiano tra le vittime: Markus Kirchler, valdostano, che partecipava a una spedizione separata organizzata dall’agenzia Wilderness Outdoors. I due gruppi, pur appartenendo a diverse organizzazioni, si trovavano in marcia nella stessa area.

Il video, Cocco e Di Marcello: “Stiamo per partire”

Soccorsi e polemiche

I ritardi nei soccorsi hanno scatenato forti critiche in Nepal. Alcuni sopravvissuti denunciano che gli elicotteri siano stati autorizzati solo otto ore dopo la valanga, a causa di un sistema burocratico che richiede approvazioni da tre diversi ministeri. “La catena di permessi causa ritardi critici”, ha detto un pilota dei soccorsi. Le associazioni alpinistiche chiedono ora una riforma urgente delle procedure di emergenza.

Secondo gli esperti del Cnr, le tragedie sarebbero legate a un evento climatico estremo provocato dal ciclone Montha, che ha portato forti piogge e nevicate eccezionali sulle vette himalayane. “La regione himalayana — spiegano i ricercatori — subisce oggi uno degli impatti più intensi del cambiamento climatico.”


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