Il Wall Street Journal rivela che l’amministrazione Trump avrebbe individuato obiettivi militari in Venezuela collegati al traffico di droga. Nel mirino porti, aeroporti e basi usate dal regime di Maduro
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal che cita fonti anonime, l’amministrazione Trump avrebbe già individuato una lista di obiettivi in Venezuela da colpire. Non c’è al momento, una decisione definitiva sull’operazione.
La potenziale campagna aerea sarebbe mirata in particolare a infrastrutture ritenute collegare i cartelli della droga al regime di Nicolás Maduro: l’obiettivo dichiarato è isolare e interrompere le rotte del narcotraffico.
Tra i target segnalati compaiono porti e aeroporti sotto il controllo militare utilizzati per il trasporto di stupefacenti, oltre a installazioni navali e altre strutture logistiche che faciliterebbero il contrabbando. Nelle isole di Trinidad e Tobago vicine al Venezuela, il mare non dà più sicurezza.
Attacchi statunitensi e timori locali
Con i raid lanciati contro imbarcazioni che, secondo l’amministrazione Trump, trasporterebbero droga verso gli Stati Uniti, e con il dispiegamento di jet, navi e truppe al largo del Venezuela, le acque su cui i trinidadiani hanno sempre fatto affidamento per cibo e lavoro sono diventate zone di paura. Le azioni militari americane hanno aperto nuove fratture politiche e riacceso timori in una regione segnata da un lungo passato di interventi degli Stati Uniti.
L’allarme dei governi locali
«Ci troviamo in una situazione estremamente pericolosa e insostenibile nel sud del Caribe», ha avvertito la premier di Barbados, Mia Mottley intervistata dal Washington Post: «La pace è fondamentale per tutto ciò che facciamo in questa regione, e ora quella pace è minacciata». Secondo il giornale americano, da settembre le forze Usa hanno colpito più di una dozzina di imbarcazioni nel mar dei Caraibi e nel Pacifico orientale, uccidendo almeno 61 persone. La Casa Bianca parla di “narcoterroristi”, ma analisti legali sostengono che gli attacchi violino le leggi statunitensi e internazionali. Molti degli strike si sono verificati nelle acque tra Venezuela e Trinidad, corridoio usato per trafficare cannabis e cocaina verso l’Africa e l’Europa, non fentanyl verso gli Stati Uniti, come sostiene Trump.
Divisioni dentro la Caricom
La Comunità caraibica (Caricom) ha ribadito che la regione deve restare una “zona di pace”. Ma Trinidad e Tobago ha preso le distanze dal comunicato, con il premier Kamla Persad-Bissessar che sostiene apertamente i raid americani, citando la necessità di reagire alla violenza dei cartelli. Quando due cittadini trinidadiani sono stati uccisi in un attacco, il governo non ha fornito prove né avviato indagini. L’ex ministro della Giustizia Garvin Nicholas ha definito gli strike «esecuzioni extragiudiziali senza alcun fondamento legale».
Diplomazia e minacce incrociate
La nave da guerra USS Gravely ha attraccato a Port-of-Spain per esercitazioni congiunte, mentre Caracas ha sospeso gli accordi energetici con Trinidad, accusandola di agire come “portaerei dell’impero americano”. Il presidente Maduro ha invitato i cittadini a unirsi a milizie di autodifesa e ha lanciato un appello televisivo: “Please, please, please… no crazy war.”
Molti leader caraibici condividono la volontà di contrastare il traffico di droga e armi, ma contestano la legittimità e l’efficacia dell’offensiva americana. Dietro le quinte ammettono che i piccoli Stati insulari hanno scarsa capacità di opporsi.










