L’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi in dialogo con l’Altravoce parla di governo, opposizioni e riforme
Si sta allenando Matteo Renzi, intensamente. Per il corpo, nel corso di questa intervista ha macinato chilometri ma non rivela per quale maratona. E per la mente. Entriamo nell’ultimo anno di legislatura e tra regionali, legge di bilancio, referendum sulla separazione delle carriere tra pm e giudici e il costruendo centro del centrosinistra, servono cuore forte e mente lucida per una lunga stagione “politica”.
«Oggi al Senato Italia Viva si asterrà sulla giustizia – chiarisce subito l’ex premier – e cercherò di spiegare perché una riforma da noi auspicata non è più la nostra riforma».
Intanto ci dica sulla Manovra 2026. Ha dichiarato che è «senza visione e senza crescita». Nelle condizioni geopolitiche date, indichi 3/4 misure urgenti. E le relative coperture.
«Questa è la dodicesima manovra che seguo da quando sono a Roma, a vario titolo. Non ho mai visto una legge di bilancio così mediocre, priva di contenuti, senza ambizione. Mai vista tanta fuffa tutta insieme. Partiamo dalle coperture: noi ogni anno tiravamo fuori decine di miliardi dalla revisione della spesa, grazie al lavoro di Yoram Gutgeld e di Palazzo Chigi. La nostra revisione della spesa valeva 30 miliardi, questa legge di bilancio vale 18: ho già risposto su come trovare soldi. Solo che questo Governo aumenta gli sprechi. Questo è il Governo che torna a finanziare il Cnel solo in una logica di consenso, esattamente come finanzia la sagra del fungo porcino (120 mila euro, ndr) di Lariano: cioè noi tagliamo i soldi per riportare i cervelli dall’estero e finanziamo le marchette territoriali di Lollobrigida?».
LEGGI Tabellini sulla Manovra: «Bene i conti, male la crescita»
Eppure la premier Meloni e il ministro Giorgetti dicono che la Manovra ha il ceto medio e la crescita come obiettivi primari.
«Negli oltre 140 articoli non si trovano misure per la crescita. L’Italia cresce sulla spinta del Pnrr. Cosa succederà quando finiranno queste risorse? Serve un piano di crescita per il Paese. Bene riprendere la nostra Industria 4.0, dopo quasi due anni finalmente hanno capito. Serve un anche un taglio verticale delle tasse sul lavoro e fermare la fuga dei cervelli. Durante l’ultima Leopolda abbiamo lanciato la startax per i giovani, che propone un abbattimento dell’Irpef per gli under 40, elaborata dal professor Nannicini. Ma serve anche abbattere le tasse sul lavoro di chi è più adulto. Il problema abitativo è reale: non si risolve tassando gli affitti seppur brevi ma aumentando gli stipendi e elaborando un piano casa. Magari proprio quello che Meloni ha annunciato a fine estate al Meeting e mai realizzato. Io punterei su un investimento strategico in AI e innovazione anche e soprattutto al servizio della sanità. La tecnologia può migliorare il servizio e fa risparmiare anche un sacco di soldi. Invece noi abbiamo paura del futuro e tassiamo il presente».
Italia viva si batterà in aula per quali modifiche?
«Intanto che tolgano follie come la norma sui profitti che azzera il private equity, il venture capital e più in generale la finanza. Se facciamo scrivere le norme a Urso, è chiaro che il modo più innovativo di scambiare merci diventa il baratto. Ma dai… il mondo investe sulle fintech e noi facciamo questi pasticci? Tasse sulla casa: ma davvero c’è bisogno di fare cassa a spese della famiglia che nella provincia italiana arrotonda con gli affitti brevi? Un conto sono i grandi gruppi, un conto le famiglie. E ancora: parlano di sicurezza ma non intervengono sulla carenza di organico delle forze dell’ordine, che in compenso spediscono in Albania a sorvegliare centri vuoti. Uno scandalo».
La battaglia per la manovra inizia settimana prossima con le audizioni in Commissione al Senato. Sullo sfondo il convitato di pietra è sempre la legge elettorale che Meloni ha intrecciato al riforma costituzionale del premierato. Indiscrezioni parlano di una riforma in chiave proporzionale. A che punto siamo?
«Non credo che andrà avanti con il premierato. Ciò detto Giorgia ha molta paura di perdere, altrimenti non farebbe un colpo di mano sulla legge elettorale l’ultimo anno prima di votare».
Intanto oggi il Parlamento licenzia la separazione delle carriere tra giudici e pm. Anche questa una riforma costituzionale, l’unica delle tre in programma arrivata in fondo. Fatto salvo il referendum in primavera. Che farà Italia Viva?
«In aula ci asterremo e cercherò di motivare perché questo provvedimento non è la riforma storica della giustizia, come dicono a destra e non è la fine della democrazia, come dicono a sinistra. Il principio della separazione delle carriere è giusto ma i problemi della giustizia sono altri a cominciare dal giustizialismo volgare di parte della classe politica. Quando penso che Nordio ha detto che su Garlasco bisogna arrendersi, vorrei dirgli: Carlo, ma se in carcere ci fosse tuo figlio? Diresti davvero la stessa cosa?».
Lei ha caldeggiato la separazione delle carriere. Perché ha cambiato rotta?
«Proverò a spiegare perché è assurdo votare una legge costituzionale scritta dalle toghe brune della destra senza possibilità di aprire un dibattito in Parlamento. Non è mai accaduto nella storia repubblicana che si approvasse una riforma costituzionale così importante senza possibilità di emendamento».
Tema: centrosinistra. Prodi ha detto che Meloni continuerà a vincere perché «di qua c’è il vuoto». Dario Franceschini sta organizzando un correntone. Aria di congresso?
«Problemi loro, siamo onesti. Io ho lasciato il Pd anche per questo infinito gioco di correnti. Se fanno il congresso, auguri e vinca il migliore. Se non lo fanno, lavoriamo con Schlein».
Parliamo allora di Casa Riformista, magari è più loquace. C’è molta vivacità al centro, voi, i sindaci, l’assessore Onorato, Ruffini e altri ancora…. Sarà possibile tenervi tutti insieme per raggiungere quel 10% che, come ha detto alla Leopolda, potrà fare la differenza tra vincere e perdere alle prossime politiche?
«Calenda ha distrutto il terzo polo ma c’è tanta voglia di un’area centrale che sia in grado di fare la differenza. E più la sinistra si caratterizza con i volti di Pd, Cinque Stelle, Avs, più c’è spazio per tutti gli altri. Apprezzo i diversi tentativi dei sindaci, dell’assessore Onorato, dei movimenti civici, del mondo cattolico: mi sembrano davvero generosi sforzi, da incoraggiare. L’importante non è fare la somma dei nomi, ma fare la differenza con le idee. Meno tasse, più sicurezza e soprattutto costo della vita. Su stipendi, pensione, salari la Meloni ha già perso la faccia. E forse perderà le elezioni. Casa Riformista deve puntare essenzialmente su questo. Io darò una mano senza ansie di protagonismo ma con l’ansia di cambiare questo Governo. E questo Paese».
Via libera, a quanto pare, al tavolo per scrivere il programma. Vi siederete con gli altri? Immagina possibile una sintesi in politica estera?
«Non so se faremo un tavolo comune come centrosinistra. Se ci sarà noi porteremo le nostre idee. Se invece vorranno fare un tavolo solo a sinistra, noi costruiremo il nostro e verificheremo le compatibilità. Trovo più facile trovare una sintesi sulla politica estera tra noi che dall’altra parte del campo ma penso che la partita vada giocata sugli stipendi e sulle tasse, non sulla geopolitica».
A proposito di guerra in Ucraina, la Ue fatica molto con le sanzioni e ancora di più a trovare i soldi per finanziare la resistenza ucraina. È d’accordo con il cambio della governance e il passaggio al voto a maggioranza qualificata?
«Non riusciremo a far passare il principio di superamento del veto così, all’improvviso. E, siamo seri, meno che mai riusciremo a farlo per trovare i soldi per gli armamenti. Questo tema – che è molto complesso – è quello su cui l’Unione europea rischia di perdere totalmente il contatto con la realtà. Io ho sempre votato per le sanzioni e per l’invio delle armi, ma non mi capacito del perché la Ue non abbia preso uno straccio di iniziativa diplomatica in questi anni. E pensiamo di portare dalla nostra i cittadini semplicemente dicendo “più armi”? La politica è un’altra cosa. Certo che dobbiamo insistere su sanzioni e supporto militare a Kiev. Ma farlo senza la politica, come puro atto burocratico bruxellese, è autolesionista. Sogno un’Europa capace di fare la pace, non solo di armarsi fino ai denti. E se vuoi la pace, non basta preparare la guerra: bisogna fare politica. Cosa che a Bruxelles non sanno più cosa sia».
LEGGI Giustizia, in Senato un voto per dire addio al Medioevo
Meloni non vuole il voto a maggioranza a Bruxelles. Dice che deve «difendere la Nazione». È una sincera europeista filoatlantica? O l’arma neppure tanto segreta dell’internazionale sovranista che deve smontare l’Europa e le democrazie liberali?
«Dipende. Dipende da come la premier si è svegliata quella mattina. Può essere filo atlantica o sovranista, pro euro o contro l’euro, statista o populista. È la sua forza. Non ha un’idea prestabilita: le cambia sulla base della sua convenienza. E del fuso orario, sia chiaro: talvolta è sul fuso di Roma, più spesso su quello di Washington. È una sovranista del Connecticut, non una patriota italiana. Quindi se c’è Biden, sta con Biden. Se c’è Trump, sta con Trump. Lei del resto è fatta così».









