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«L’ho uccisa, non le ho mai sputato»: la confessione dell’ex di Luciana Ronchi

Luigi Morcaldi ai pm: «Volevo solo darle una paura ”scossosa”» «Le davo qualche schiaffo, ma non è mai uscito sangue»

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Ha confessato e ha raccontato quei precedenti che a suo avviso erano «normali»: «Le davo qualche schiaffo, ma non è mai uscito sangue». Sono queste parole il biglietto da visita di un uomo che da tempo, dentro di sé, aveva scelto quale strada intraprendere per vendicare i fallimenti di una vita attribuendoli non a se stesso, ma all’ex compagna, al figlio che avevano avuto insieme e anche al nuovo compagno di lei. Probabilmente, se ci fossero stati anche loro, l’altra mattina in via Grassini, Luigi Morcaldi avrebbe fatto una strage.

Per venti minuti il 64enne ha parlato con i pm e ha spiegato di non avere mai pedinato Luciana Ronchi, riferendo cose diverse da quelle che i testimoni, residenti in via Grassini dove la 62enne è stata sgozzata due mattine fa, hanno invece messo a verbale: «Si appostava per strada e la controllava».

Morcaldi respinge parte delle accuse, ma fornisce altri elementi che aggravano la sua già pesante posizione. Risponde di omicidio volontario aggravato dalla relazione ormai cessata, ma rischia anche l’aggravante dei maltrattamenti e dello stalking. «No, non la pedinavo e se la incontravo per strada mi nascondevo, era troppa la crudeltà che avevo subito da lei», ha detto.

«Stavamo insieme dal 1978, ma non ci siamo mai sposati. Tre anni fa ci siamo lasciati». A quel punto, per sua stessa ammissione, sono iniziati gli atteggiamenti violenti. «Ci mandavamo a quel paese – ha raccontato – le davo qualche schiaffo, mai una cosa che ha superato il limite, ma non le ho mai sputato addosso, almeno che mi ricordi. Spintoni sì, non ricordo se è mai caduta per terra. Mai una cosa che esce del sangue, solo scaramucce, cose normali. Erano liti frequenti».

Poi l’omicidio: «Non ho capito più niente, volevo darle quella paura scossosa. Quattordici coltellate? Pensavo due o tre. Sono un assassino, dottore, non so che dirle. Queste cose le sentivo in tv». Poche parole che hanno permesso ai pm Leonardo Lesti e Giovanni Tarzia di cristallizzare un quadro probatorio già granitico grazie alle indagini della polizia locale di Milano, diretta da Gianluca Mirabelli.

«Non sono andato a cercarla – ha aggiunto Morcaldi – lei stava attraversando la strada e non so cosa mi è venuto… non la volevo di certo ammazzare». Eppure aveva con sé un coltello, lo hanno incalzato i magistrati. «Giro armato da trent’anni», ha risposto. «Non avrei voluto incontrarla». Disoccupato da tempo, Morcaldi attribuiva all’ex compagna e al figlio le colpe di tutti i fallimenti della sua vita: la casa che non aveva – pare vivesse in macchina – e il bar che non era riuscito a mandare avanti. «La torta avvelenata», è il titolo di una lettera piena di improperi nei confronti dei due, ritrovata nell’auto dell’uomo. Un documento che potrebbe inchiodarlo alla premeditazione.

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