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Trump-Putin, vertice a Budapest: «Vediamo di finire guerra Ucraina»

Dopo la telefonata alla vigilia dell’incontro con il Zelensky il presidente Usa frena su invio missili Tomahawk e rilancia via diplomatica


Dopo oltre due ore di conversazione telefonica con Vladimir Putin, Donald Trump ha dichiarato di voler incontrare il presidente russo in Ungheria “tra circa due settimane”, per discutere modi concreti per mettere fine all’invasione russa dell’Ucraina, che dura ormai da tre anni.

Il colloquio, definito “produttivo” dal presidente americano, è avvenuto alla vigilia dell’incontro alla Casa Bianca con Volodymyr Zelensky, che dovrebbe ribadire la richiesta a Washington di fornire a Kiev armi in grado di colpire in profondità all’interno del territorio russo.

Trump frena su Tomahawk a Kiev

Nei giorni precedenti Trump aveva lasciato intendere di voler autorizzare la vendita di missili Tomahawk all’Ucraina, ma nel corso della telefonata con Putin ha improvvisamente frenato, mostrando nuove esitazioni. Il tycoon ha fatto capire di essere disposto a fare un passo indietro se il Cremlino si dimostrasse pronto ad aprire una vera trattativa di pace.

Trump. «Putin non vuole che li inviamo»

«Ne abbiamo parlato un po’», ha detto Trump. «Ma anche gli Stati Uniti hanno bisogno dei Tomahawk». Poi ha aggiunto: «Putin non vuole che li inviamo. Il Tomahawk è un’arma micidiale, offensiva, incredibilmente distruttiva. Nessuno vuole che vengano lanciati contro di sé». Putin, nel colloquio, ha avvertito che un’eventuale fornitura di tali armi «provocherebbe danni significativi alle relazioni bilaterali e comprometterebbe ogni prospettiva di soluzione pacifica». Dal Cremlino hanno ribadito che i Tomahawk richiederebbero personale militare americano per essere impiegati, definendo la loro eventuale consegna «una nuova escalation tra le prime due potenze nucleari del mondo».

La dinamica: minacce e telefonate

La decisione di parlare con Putin, dopo giorni di crescente irritazione verso la mancanza di progressi nei negoziati e alla vigilia del faccia a faccia con Zelensky, conferma il modello già visto nella gestione di Trump della guerra in Ucraina: minacciare sanzioni o nuovi aiuti militari, per poi rientrare nei ranghi dopo una telefonata con il leader russo, lasciando intravedere spiragli diplomatici che finora non hanno prodotto risultati concreti.

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In primavera, Trump aveva accusato Putin di “giocare col fuoco” e aveva promesso sanzioni, salvo poi rinviare ogni decisione “di due settimane” per verificare la reale volontà di Mosca di negoziare. Le sanzioni non sono mai arrivate. A inizio agosto, un’altra scadenza: Trump diede a Putin un nuovo termine per porre fine alla guerra. Al posto delle sanzioni, si tenne un incontro in Alaska, da cui Trump uscì dicendosi “ottimista”. Ma l’offensiva russa continuò senza tregua.

Il nuovo summit a Budapest

Questa volta, la scelta di organizzare un nuovo summit a Budapest – proposta da Trump e subito accettata da Putin, come confermato dal Cremlino – suscita forti critiche tra i democratici.

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Le reazioni politiche

«Dopo essere tornato a mani vuote dal vertice in Alaska, ora Trump premia di nuovo Putin con un tappeto rosso a Budapest», ha commentato la senatrice Jeanne Shaheen, capogruppo democratica alla Commissione Esteri del Senato. «Sta ripetendo gli errori del passato: non armando adeguatamente l’Ucraina e offrendo concessioni a Putin senza ottenere nulla in cambio».

Secondo i suoi consiglieri, Trump appare invece rinvigorito dopo quello che considera un grande successo diplomatico: il cessate il fuoco e l’accordo sugli ostaggi tra Israele e Hamas. Forte di quel risultato, il presidente americano ora tenta di applicare la stessa formula alla guerra in Ucraina, pur continuando a evocare anche possibili azioni militari contro il regime venezuelano di Nicolás Maduro.

«Speriamo di riuscire a fermare questa guerra», ha detto Trump. «Pensavo che grazie al mio rapporto con Putin sarebbe stato tutto molto più rapido. Chi avrebbe mai pensato che avrei risolto prima il Medio Oriente che l’Ucraina?»

Cosa succede dopo incontro con Zelensky

Dopo l’incontro con Zelensky, previsto per venerdì alla Casa Bianca, Trump invierà a Mosca una delegazione di alto livello, guidata dal segretario di Stato Marco Rubio, per preparare il terreno al vertice.

Da Mosca, l’assistente di Putin Yuri Ushakov ha confermato che “gli inviati dei due Paesi si incontreranno senza ritardi per definire i dettagli del summit”.

I dettagli sul vertice di Budapest

Secondo i piani annunciati, l’incontro tra Trump e Putin si terrà a Budapest, ospitato dal premier ungherese Viktor Orbán. Obiettivo dichiarato: «Verificare se possiamo porre fine a questa guerra ingloriosa tra Russia e Ucraina», ha scritto Trump sui social.

Ma gli analisti di politica estera invitano alla cautela: il summit, avvertono, dipenderà molto dall’esito dei colloqui preliminari tra i rispettivi consiglieri. «Potrebbe facilmente saltare se si dovessero scontrare sui nodi reali del conflitto», ha detto al New York Times John E. Herbst, ex ambasciatore americano in Ucraina e oggi direttore del Centro Eurasia dell’Atlantic Council. «Trump vuole passare alla storia come l’uomo che porta la pace, ma farsi trascinare troppo a lungo da Putin non serve ai suoi interessi».

Botte e risposte

Prima della telefonata di giovedì, Trump aveva accusato Putin di continuare a sabotare i negoziati con i suoi bombardamenti sull’Ucraina, ammettendo la difficoltà di trattare con lui. «Sono molto deluso, perché con Vladimir avevo un ottimo rapporto – forse lo abbiamo ancora – ma non capisco perché insista con questa guerra», aveva detto martedì dalla Casa Bianca. Ieri, dopo la chiamata, Trump ha raccontato che Putin si è complimentato con lui per i risultati diplomatici in Medio Oriente e ha espresso gratitudine anche per l’impegno della First Lady Melania, che avrebbe avviato contatti con Mosca per ottenere la restituzione dei bambini ucraini deportati in Russia durante la guerra.

«È stato molto riconoscente e ha detto che il lavoro continuerà. Abbiamo anche parlato a lungo di commercio tra Stati Uniti e Russia, quando la guerra sarà finalmente finita».

Ma secondo l’ex ambasciatore americano a Kiev William B. Taylor, l’amministrazione Trump rischia di ricadere nello stesso schema di sempre: «Eccoci di nuovo. Possiamo solo sperare che questa volta abbia davvero capito come funziona Putin. Per ora, non c’è alcun segno che sia disposto a porre fine alla guerra».

L’incontro a Washington Trump-Zelensky

Un alto funzionario ucraino, citato dall’agenzia AFP, ha confermato che la richiesta dei Tomahawk sarà uno dei principali temi del colloquio di oggi nello Studio Ovale.

Nel frattempo, lo stesso Zelensky ha fatto sapere di aver incontrato i rappresentanti di un’azienda statunitense che produce i missili Tomahawk e i sistemi di difesa Patriot, fondamentali per la protezione del Paese. «Abbiamo discusso delle capacità produttive di Raytheon, delle possibili forme di cooperazione per rafforzare la difesa aerea e le capacità a lungo raggio dell’Ucraina, nonché delle prospettive di una produzione congiunta ucraino-americana», ha scritto il presidente ucraino sui social.

Resta però cruciale, per Kiev, l’approvvigionamento di nuovi sistemi Patriot. L’urgenza è stata confermata dagli ultimi pesanti bombardamenti russi sulle infrastrutture energetiche, che hanno costretto le autorità a imporre blackout in tutte le regioni per il secondo giorno consecutivo.

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«La Russia ha attaccato il nostro popolo, il settore energetico e le infrastrutture civili – ha scritto Zelensky su Telegram – utilizzando più di 300 droni e 37 missili, molti dei quali balistici».

Continuano i raid russi

Le regioni più colpite sarebbero quelle di Vinnytsia, Sumy e Poltava. Mosca ha rivendicato un «massiccio attacco» contro infrastrutture del gas, sostenendo che esse alimentino il complesso militare-industriale ucraino. Secondo il ministero della Difesa russo, sono stati impiegati anche missili ipersonici Kinzhal, lanciati «in risposta agli attacchi terroristici ucraini contro obiettivi civili sul territorio russo».

Le forze ucraine continuano a colpire obiettivi energetici in Russia, seppure su scala minore. Nella regione di Volgograd, frammenti di un drone intercettato sono caduti su una sottostazione elettrica, provocando un incendio, mentre a Belgorod il governatore ha denunciato un morto e tre feriti in nuovi attacchi ucraini.

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