Premessa: non condivido nulla dell’attività politica del ministro delle pari opportunità Roccella, ho criticato tutte le sue opinioni e scelte repressive, dalla legge sulla procreazione assistita fino a quella sulla gestazione per altri. Pur provenendo entrambi dalla stessa fucina politica, il Partito radicale di Marco Pannella, le nostre convinzioni politiche sulle questioni etiche si sono a un certo momento divaricate situandosi agli antipodi: io continuo a pensarla da radicale pannelliano, Roccella ha scelto la via dell’integralismo cattolico.
Roccella è però una donna intelligente e di cultura non banale. Averle attribuito, come hanno fatto tutte le opposizioni di sinistra uno sgarbo all’ebraismo (e all’antifascismo) italiano, per giunta in un discorso pronunciato al Cnel davanti ai massimi esponenti dello stesso è secondo me un grave passo falso. Servirsi poi, per rafforzare lo sdegno popolare verso Roccella, del biasimo espresso dalla senatrice Liliana Segre, non presente al convegno e chiamata a esprimersi su una frase fuori contesto, si inoltra al limite della decenza, specie dopo le offese rivolte a Segre da una funzionaria dell’Onu e lasciate affondare nella sabbia da tutta l’opposizione di sinistra.
Una rapida ricerca nell’archivio di Radio radicale dell’intervento di Roccella chiarisce immediatamente il senso delle parole che più hanno acceso lo sdegno, laddove dice che “le gite scolastiche” ad Auschwitz sono servite piu a condannare il fascismo che l’antisemitismo. Roccella si era prima chiesta perché sia stata così evanescente fra i giovani italiani la solidarietà con i giovani e le giovani uccisi durante una festa musicale, identica a quelle frequentate dai nostri ragazzi, e perché non vi sia stata in Italia nessuna manifestazione per chiedere la liberazione dei rapiti da Hamas, a differenza da quanto accaduto in Germania.
Roccella si è risposta che in Italia la cultura e la politica hanno confinato l’antisemitismo in un periodo storico ormai lontano e in un solo movimento politico, il fascismo, e questo avrebbe impedito all’Italia di fare i conti con un antisemitismo radicato nei tempi e tuttora diffuso.
In sostanza ha detto Roccella, e questa mi pare una riflessione su cui la politica italiana dovrebbe lavorare, l’antisemitismo di cui ora si denuncia la risorgenza non è effetto dell’assoluta sproporzione fra la risposta militare israeliana e l’attacco di Hamas; del resta la sproporzione si può ritrovare in qualsiasi guerra, ad esempio fra quelle scatenate dai paesi islamici contro Israele. Al contrario è l’antisemitismo che scorre nei sotterranei della nostra cultura a individuare e denunciare tale sproporzione, elo stesso vale per l’uso deformante della parola genocidio di fronte alle conseguenze della guerra. Discutibile o no che sia, è un discorso certamente non offensivo né per l’ebraismo né per l’antifascismo, almeno quello in cui la cultura liberale e radicale si è sempre riconosciuto.
Quanto alla parola “gita” che tanto scalpore ha suscitato, il riascolto dell’intervento fa ben capire come non avesse nessuna connotazione svalutativa. Il riferimento era alle gite scolastiche nei campi di concentramento, e una ricerca sul web aiuterà a capire come questa sia la terminologia usuale. Ma come si sa basta una parola staccata dal contesto per trasformare il più umano dei giurati in un fautore dell’impiccagione.