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Dal Belgio alla Germania, i droni oscurano i cieli d’Europa

Commissione Ue rilancia priorità di costruire un muro difensivo. Mosca intensifica gli attacchi ai siti energetici ucraini prima dell’inverno

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«Presidente perché sta mandando così tanti droni in Danimarca?», «ha ragione, non li manderò più». Ha mantenuto la parola data giovedì al forum di Valdai il Presidente russo Vladimir Putin, infatti ieri l’avvistamento di droni sconosciuti non ha riguardato la Danimarca, ma la Germania, dove velivoli senza pilota hanno provocato la chiusura notturna dell’aeroporto di Monaco di Baviera, con ben 15 voli rimasti a terra e 17 voli in arrivo dirottati su altri aeroporti.

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Ironia a parte, il tema comincia ad assumere toni grotteschi, anche ieri, infatti, oltre alla chiusura temporanea dell’aeroporto di Monaco, ben 15 droni sarebbero stati avvistati nei dintorni della base militare di Elsenborn, in Belgio. La “psicosi da veicolo senza pilota” sembra aver colpito l’intero continente. Se di guerra ibrida russa si tratta, purtroppo sembra essere terribilmente efficace.

Il tema sarà al centro del prossimo Consiglio Ue Giustizia e Affari interni che si svolgerà questo fine settimana proprio a Monaco di Baviera, come detto ieri dal ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt. Secondo il ministro «la corsa tra la minaccia e la difesa dai droni sta diventando sempre più difficile» e il consiglio sarà occasione per «discussioni più ampie sull’identificazione di questi velivoli senza pilota».

Al momento, è il caso di dirlo, l’Europa brancola nel buio, perché gli esseri umani che pilotano questi droni sfuggono puntualmente alle mani della legge, o quando vengono catturati si rivelano essere ignari turisti, come nel caso di tre tedeschi arrestati martedì in Norvegia per aver fatto volare un drone vicino all’aeroporto di Røssvoll. E sempre restando in tema, ieri è avvenuto il rilascio della controversa nave cargo Boracay, fermata nei giorni scorsi dalle autorità francesi con il sospetto di essere stata coinvolta nel lancio dei droni che hanno paralizzato gli aeroporti danesi la scorsa settimana.

La petroliera, parte della cosiddetta “flotta ombra” russa, è ripartita nella notte fra giovedì e venerdì dal porto di Saint-Nazaire dopo poco meno di tre giorni di fermo.

Le autorità francesi, dopo approfondite indagini, non hanno trovato alcuna prova concreta che collegasse direttamente l’imbarcazione agli incidenti aerei in Danimarca del 22 e 24 settembre. Il comandante cinese della nave dovrà comunque comparire davanti al tribunale di Brest il prossimo 23 febbraio 2026 per violazioni del diritto marittimo internazionale, mentre il suo secondo è stato rilasciato. La Boracay, battente bandiera del Benin e conosciuta in passato con altri nomi come Pushpa e Kiwala, trasporta circa 750mila barili di greggio dal terminal russo di Primorsk verso la raffineria di Vadinar in India. Il sospetto delle autorità europee si era concentrato sul fatto che la nave si trovasse nelle acque danesi proprio nei giorni degli avvistamenti di droni, ma i dati di navigazione e le ispezioni non hanno fornito evidenze sufficienti per confermare un coinvolgimento diretto con i droni che hanno paralizzato la Danimarca. Il presidente francese Emmanuel Macron aveva inizialmente parlato di «reati molto gravi» commessi dall’equipaggio, ma successivamente ha precisato che l’indagine riguardava principalmente questioni di documentazione navale e il rifiuto di collaborare con le autorità.

Mentre si concludeva il caso della Boracay, la Russia ha lanciato nella notte quello che Kiev ha definito «il più massiccio attacco alle infrastrutture di produzione di gas dell’Ucraina dall’inizio della guerra».

L’offensiva ha coinvolto decine di droni Geran e 35 missili, alcuni dei quali balistici, diretti contro gli impianti della Naftogaz nelle regioni di Kharkiv e Poltava. L’amministratore delegato della Naftogaz, Serhiy Koretsky, ha denunciato che «una parte significativa delle nostre strutture è danneggiata, alcuni danni sono critici». L’attacco, secondo le autorità ucraine, rappresenta un «terrorismo deliberato contro le strutture civili che forniscono l’estrazione e la lavorazione del gas per la normale vita della gente» e non aveva «alcuno scopo militare».

Il ministero della Difesa russo ha confermato l’operazione, dichiarando che l’attacco era diretto contro «le imprese del complesso militare-industriale ucraino e le infrastrutture del gas e dell’energia che ne supportavano le operazioni». Questa nuova offensiva aerea russa arriva dopo l’intensificarsi negli scorsi mesi degli attacchi ucraini alle raffinerie russe, condotti con droni a lungo raggio, attacchi che hanno portato al razionamento del carburante ad uso civile in Crimea.

È quindi probabile che la stagione fredda porterà un aumento degli attacchi di Mosca contro le infrastrutture energetiche e del gas ucraine, simile a quanto fatto a cavallo fra il 2022 e il 2023. Basti pensare che a causa della situazione critica della rete elettrica nelle regioni di Sumy e Chernihiv, dovuta all’intensificarsi degli attacchi missilistici e dei droni russi, in entrambe le regioni inizieranno interruzioni di corrente a rotazione, con alcuni utenti che rimarranno senza elettricità fino al 67% della giornata. Privazioni a cui tuttavia gli ucraini hanno dimostrato di saper far fronte.

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