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La Spagna boicotterà Eurovision in caso di partecipazione di Israele


La Spagna ha annunciato che non prenderà parte all’Eurovision Song Contest del 2026 se Israele dovesse essere tra i paesi partecipanti. È la prima tra i cosiddetti “big five” — i cinque maggiori contributori finanziari dell’evento, insieme a Francia, Germania, Italia e Regno Unito — a prendere una posizione così netta in risposta all’offensiva militare israeliana nella Striscia di Gaza.

La decisione è stata adottata dal consiglio di amministrazione del radiodiffusore pubblico spagnolo RTVE, che ha votato a favore della mozione con dieci voti favorevoli, quattro contrari e un’astensione. Il comunicato dell’emittente, diffuso il giorno stesso in cui una commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite ha concluso che Israele sta commettendo un genocidio a Gaza, specifica: «Nel mese di luglio, RTVE ha chiesto all’EBU [European Broadcasting Union, l’organismo che organizza l’Eurovision] l’apertura di un dibattito serio e approfondito sulla partecipazione di Israele al prossimo festival dell’Eurovision. Altri paesi hanno sostenuto la richiesta della Spagna».

RTVE ha sottolineato che la decisione non influenzerà il Benidorm Fest, il concorso nazionale attraverso cui viene scelto il rappresentante spagnolo all’Eurovision, in quanto si tratta di un «festival con una reputazione ormai consolidata».

La reazione internazionale

La scelta spagnola arriva in un contesto sempre più teso: dopo l’annuncio del boicottaggio da parte di Slovenia, Irlanda e Paesi Bassi, anche altri stati stanno valutando se seguire la stessa strada. Il radiodiffusore sloveno RTV è stato il primo a rendere nota la propria assenza dal contest del 2026, seguito dalla rete pubblica irlandese RTÉ e dall’emittente olandese Avrotros.

Quest’ultima ha motivato la decisione citando, tra l’altro, la «preoccupazione per la grave erosione della libertà di stampa: l’esclusione deliberata dei media internazionali indipendenti e le numerose vittime tra i giornalisti». Un giorno prima, RTÉ aveva dichiarato che sarebbe stato «inconcepibile» partecipare nelle attuali circostanze.

In Islanda, l’emittente pubblica RÚV ha affermato di «riservarsi il diritto di ritirarsi», mentre gli altri paesi nordici, pur avendo già avviato i tradizionali programmi di selezione canora, tengono aperta la porta a un possibile ritiro.

Dalla Finlandia, Johanna Törn-Mangs, direttrice dei contenuti culturali e documentaristici di YLE, ha dichiarato:
«La situazione umanitaria a Gaza è tragica, e speriamo sinceramente che la sofferenza finisca quanto prima. La partecipazione di Israele all’Eurovision è un argomento di ampio dibattito in Finlandia e abbiamo costantemente aggiornato l’EBU sul clima dell’opinione pubblica». Ha aggiunto che l’emittente riceve settimanalmente feedback sia a favore che contro la partecipazione israeliana.

Il ruolo dell’EBU e la posizione di Israele

L’EBU ha aperto una consultazione tra i 37 broadcaster che hanno preso parte all’edizione del 2025, convocando a luglio una riunione straordinaria a Londra, ospitata dalla BBC. La scadenza per confermare la partecipazione, solitamente fissata ad ottobre, è stata posticipata a dicembre per permettere decisioni più ponderate.

Martin Green, direttore dell’Eurovision Song Contest, ha dichiarato in merito alle polemiche che gli organizzatori comprendono «le preoccupazioni e i punti di vista profondamente sentiti in merito al conflitto in Medio Oriente. Continuiamo a consultare tutti i membri dell’EBU per raccogliere opinioni su come gestire la partecipazione e le tensioni geopolitiche che circondano l’Eurovision. Spetta a ciascun membro decidere se partecipare e rispetteremo ogni scelta».

Ciononostante, Israele — rappresentato dal radiodiffusore pubblico Kan — ha già confermato la propria volontà di partecipare alla prossima edizione, che si terrà a Vienna nel maggio 2026. Kan è attualmente nel mirino del governo Netanyahu, che ha minacciato di privatizzare l’emittente accusandola di essere «troppo di sinistra».

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