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Addio a Gianni Berengo Gardin, maestro della fotografia senza digitale

Gianni Berengo Gardin

GENOVA – Gianni Berengo Gardin si è spento a Genova all’età di 94 anni. Con lui scompare uno dei più grandi testimoni visivi del Novecento italiano, maestro del bianco e nero, cronista silenzioso ma incisivo di un Paese in continua trasformazione. Nato a Santa Margherita Ligure nel 1930, aveva scelto la fotografia come mestiere civile, non solo come espressione artistica.

Nel corso di oltre settant’anni di carriera, ha immortalato la vita quotidiana, le fabbriche, i manicomi, le città italiane, sempre con uno sguardo empatico e rigoroso. Il suo nome è legato a opere cruciali come Morire di classe (1969), realizzato con Carla Cerati, inchiesta fotografica nei manicomi che contribuì alla riforma Basaglia.

Berengo Gardin amava raccontare il proprio rapporto con la macchina fotografica. In una recente intervista per Il Giornale di Brescia aveva rivelato di non avere mai comprato gli apparecchi digitali. L’ultimo modello acquistato era una Leica M7 del 2002. L’analogica, per il compianto fotografo, è “come la macchina da scrivere per lo scrittore”, in quanto “dà la possibilità di raccontare l’essere umano e la vita”.

“Lui era la fotografia”, ha dichiarato Renato Corsini, direttore del centro Cavallerizza di Brescia, città a cui Berengo Gardin era particolarmente legato. A Brescia era presidente onorario del centro fotografico e spesso presente, con la sua inseparabile Leica al collo.

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