Un nuovo piano di combattimento quinquennale per Gaza è sul tavolo del gabinetto di sicurezza israeliano, con l’ipotesi concreta di una rioccupazione militare su vasta scala della Striscia. A sostenerlo è il primo ministro Benjamin Netanyahu, che, in interviste rilasciate alla vigilia della decisiva riunione di governo, ha dichiarato: “Non vogliamo annettere Gaza, ma rimuovere Hamas dalla regione e stabilire un perimetro di sicurezza”. L’obiettivo dichiarato dal premier è quello di “consegnarla alle forze arabe che la governeranno correttamente senza minacciarci e garantendo agli abitanti di Gaza una vita dignitosa. Questo non è possibile con Hamas”. Ha infine affermato che l’operazione non è irreversibile: “Siamo pronti a valutare la possibilità di fermarla se Hamas accetta le nostre condizioni”.
Il piano prevederebbe il dispiegamento di cinque divisioni delle Forze di Difesa Israeliane (Idf) e il trasferimento forzato di circa un milione di civili dalla Città di Gaza, come riportato dal Jerusalem Post. Una strategia che, se attuata, segnerebbe una svolta radicale nel conflitto israelo-palestinese, suscitando immediate reazioni sia all’interno del governo israeliano sia sul piano internazionale.
Durante il gabinetto di sicurezza, il Capo di Stato Maggiore dell’esercito, tenente generale Eyal Zamir, ha lanciato un allarme senza precedenti: “La vita degli ostaggi sarà in pericolo” se Israele darà seguito all’occupazione. Ha aggiunto: “Non abbiamo modo di garantire che non faremo loro del male”. Le sue parole, riportate da Channel 12, riflettono un forte dissenso all’interno della leadership militare. Zamir ha inoltre sottolineato che un’operazione su larga scala comporterebbe “costo della vita dei soldati, esaurirebbe le risorse militari e porterebbe a gravi problemi umanitari e sanitari”.
Secondo fonti interne, i ministri del governo hanno reagito con durezza alle dichiarazioni del generale, accusandolo di sabotare politicamente l’operazione denominata Carri di Gedeone, che non avrebbe, secondo loro, raggiunto gli obiettivi prefissati. Zamir ha replicato sostenendo che l’operazione ha invece creato “le condizioni necessarie per il salvataggio degli ostaggi rimasti”.
Nonostante l’opposizione emersa all’interno delle Idf, fonti governative hanno confermato che l’esercito “rispetterebbe qualsiasi decisione del gabinetto”. L’eventuale invasione coinciderebbe con l’ennesimo fallimento dei negoziati, dopo che Hamas ha respinto una proposta israeliana per la liberazione degli ostaggi senza una resa completa dello Stato ebraico.
Il conflitto in corso ha già causato migliaia di vittime civili, distruzioni sistematiche e un progressivo isolamento diplomatico per Israele. In questo scenario, l’eventualità di una nuova occupazione militare rischia di acuire le tensioni e compromettere definitivamente ogni residua speranza di soluzione politica.