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Ecco i dazi di Trump: l’impatto sull’Italia, l’India si riavvicina alla Cina

Trump liberation day

ROMA – Sono attivi da oggi 7 agosto i dazi statunitensi su beni importati da 92 Paesi, con aliquote che variano dal 10% al 41%, secondo la destinazione e il settore. Il provvedimento, battezzato “Fair and Reciprocal Plan”, punta a ridurre il disavanzo commerciale americano e a ristabilire una reciprocità doganale che – secondo la Casa Bianca – penalizzerebbe storicamente le imprese americane. “Miliardi di dollari inizieranno ad affluire nel nostro Paese da chi ha approfittato a lungo di noi”, ha dichiarato Donald Trump sulla sua piattaforma Truth. I dazi più severi colpiscono settori strategici come acciaio, semiconduttori, farmaci e automobili, coinvolgendo partner economici di primo piano come l’Unione Europea, la Corea del Sud, il Giappone e il Brasile.

Farmaci e semiconduttori nel mirino: dazi fino al 250%

Particolarmente drastico l’intervento nel comparto farmaceutico: secondo quanto dichiarato da Trump in un’intervista alla Cnbc, i dazi sulle medicine importate potrebbero raggiungere progressivamente il 250% nell’arco di 18 mesi. L’obiettivo è spingere le multinazionali del settore a rilocalizzare la produzione sul suolo americano. Una prima aliquota simbolica sarà seguita da aumenti al 150% e infine al 250%. Un duro colpo per l’Italia, che esporta 10 miliardi di prodotti farmaceutici negli Stati Uniti, pari al 20% del totale.

Nel settore dei chip, è stato annunciato un dazio del 100% sui semiconduttori, con un’esenzione concessa a Tsmc, gigante taiwanese della microelettronica e fornitore di Apple e Nvidia, grazie alla sua presenza produttiva già attiva negli Usa.

I dazi contro India e Brasile: tensione con i Brics

Il caso India è emblematico della nuova tensione diplomatica: l’amministrazione Trump ha imposto un dazio del 50%, motivato dagli acquisti di petrolio russo da parte di Nuova Delhi. Il premier indiano Narendra Modi ha reagito con fermezza: “L’India non comprometterà mai gli interessi di agricoltori, pescatori e produttori di latte. So che dovremo pagare un prezzo elevato per questo, e sono preparato. L’India è pronta”. Intanto, Modi ha annunciato la sua partecipazione al vertice SCO di Tianjin, previsto per fine mese. Si tratterà della prima visita ufficiale in Cina dal 2018, un segnale di distensione dopo le frizioni legate al confine himalayano e un chiaro messaggio a Washington.

Non finisce qui la “crociata” del presidente americano contro i membri Brics. Il Brasile di Lula sarà colpito da un aumento dei dazi al 50%, formalmente aumentati per rappresaglia verso l’arresto dell’ex presidente Bolsonaro, molto vicino a Trump. Brasilia ora si propone come capofila dei Paesi del cosiddetto “sud del mondo”, scommettendo soprattutto sul ruolo che potrebbero giocare i Brics nello scenario geopolitico globale. Il presidente Lula sta anche valutando la possibilità di presentare un reclamo collettivo con altri Paesi all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Lo scontro rimane aperto.

Export italiano sotto pressione, ma resiliente

L’Italia figura tra i Paesi colpiti dal dazio generalizzato del 15% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti. Secondo il Centro Studi di Unimpresa, l’impatto potenziale per le imprese italiane si colloca tra i 6,7 e i 7,5 miliardi di euro. Tuttavia, la capacità di risposta del sistema produttivo appare solida: si stima che strategie di diversificazione dei mercati, efficientamento dei processi produttivi e parziale delocalizzazione negli Usa possano compensare fino a 11 miliardi di euro.

I settori più esposti sono trasporti, agroalimentare, meccanica ed elettronica, moda e design. In particolare, l’automotive e il food potrebbero subire aumenti tariffari medi tra i 5,5 e i 6 punti percentuali. Al contrario, i settori in cui l’Italia già applica dazi più alti – come gomma-plastica e farmaceutica – potrebbero vedere aumenti di reciprocità meno significativi.

Come ricorda il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora: “I nuovi dazi rappresentano una sfida, ma non un punto di rottura. Le imprese italiane possono reagire con razionalità, combinando l’apertura a nuovi mercati, l’ottimizzazione dei costi e il consolidamento della propria presenza internazionale. L’impatto sarà tanto più gestibile quanto più si saprà affrontarlo con visione strategica, strumenti di sistema e collaborazione tra istituzioni e tessuto produttivo”.

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