Intervista all’economista a Guido Tabellini sull’inchiesta urbanistica: «Milano è all’avanguardia. Attenti a non ancorarci al passato»
Della filosofia sottostante all’inchiesta di Milano e delle sue conseguenze sul tessuto economico e amministrativo della città abbiamo parlato con Guido Tabellini, economista e vicepresidente dell’Università Bocconi di Milano, di cui è stato anche rettore.
L’inchiesta di Milano sembra basata più su un pregiudizio morale che su dei fatti. È d’accordo?
«Premetto che non ho conoscenza diretta delle carte giudiziarie. Mi pare che nelle motivazioni vi sia una componente ideologica. La partnership pubblico-privato è utile per il paese. È ovvio inoltre che il privato sia alla ricerca del profitto. Anche le richieste degli architetti sono comprensibili. In realtà non si capisce quale sia il reato contestato. Ci possono essere comportamenti scorretti ma da qui a farne dei crimini ne passa. A Milano sta succedendo un danno economico enorme. Da lettore delle vicende stento a capirne la portata criminale».
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L’inchiesta criminalizza la logica del profitto. Ma questo è parte integrante del fare impresa.
«È così. La magistratura sta agendo sulla base di presupposti ideologici e politici contro la massimizzazione del profitto. Ma le motivazioni economiche possono portare al benessere di tutti. C’è una condanna politica, ma non sono chiari i reati. Milano è diventata una città cara da vivere, ma la soluzione sta proprio nell’espandere l’offerta di immobili: se tutto rimane bloccato i prezzi cresceranno di più. Porre freni a questo sviluppo avrebbe degli effetti negativi».
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Sotto attacco c’è proprio uno stile di governo che vede l’amministrazione protagonista dello sviluppo. Anche grazie alle imprese private…
«Sono d’accordo. La collaborazione tra pubblico attento all’interesse collettivo e privato attento all’interesse pubblico è una ricchezza. La sanità milanese, per esempio, è un connubio tra intervento privato e interesse pubblico. Milano può contare su una sanità che è tra le migliori al mondo grazie anche a investimenti privati incentivati dal pubblico. Quando in passato ci sono stati dubbi di corruzione sono stati documentati in modo molto più dettagliato rispetto all’inchiesta attuale. Il rischio di abusi esiste, ma bisogna intervenire in maniera precisa e non in modo ideologico».
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Quali saranno le conseguenze di questa iniziativa giudiziaria?
«La prima: i costi personali delle persone coinvolte. Si leggono tanti messaggi privati riportati sui giornali, ma poi la metà di queste accuse si risolvono in assoluzioni piene. Nel frattempo la reputazione è stata distrutta. Poi c’è il rischio di paralisi delle decisioni dell’amministrazione. Dopo eventi del genere qualunque amministratore si rifiuterà di prendere iniziative. Le città resteranno paralizzate».
Alcuni commenti di questi giorni stigmatizzano come arrogante l’espansione della città. Troppi grattacieli a scapito della vecchia Milano. Ma così non si alimenta la reazione al progresso?
«L’Italia ha un patrimonio artistico e culturale che va salvaguardato. Dobbiamo stare attenti a non render brutte e inabitabili le nostre città. Tuttavia non possiamo nemmeno impoverirle. Occorre che ci sia un trade off tra i vari interessi per salvaguardare tutto».
Dal punto di vista dell’amministrazione che cosa insegna questa vicenda?
«La giunta ha commesso delle leggerezze mettendo in certe posizioni persone che hanno conflitti di interessi. Questi aspetti vanno considerati con più attenzione. Allo stesso modo, ci sono norme poco chiare da migliorare».
L’inchiesta mette in discussione il potere discrezionale della politica? E semina sospetti su chi legittimamente fa valere i propri interessi nelle sedi istituzionali?
«Questa è l’impressione. In qualunque decisione discrezionale ci sono elementi opinabili. Sta alla magistratura l’onere di mostrare che sono atti di corruzione se ha elementi. La trasmissione delle informazioni è normale in queste dinamiche: serve per prendere delle decisioni. E il fatto che qualcuno insista a favore di un progetto non è una pressione indebita ma fa parte della normale comunicazione tra le parti».
Una normale dinamica lobbistica?
«Il lobbismo può essere contrario all’interesse generale, ma può aiutare l’interesse generale se porta informazioni più complete per aiutare il decisore politico. L’occhio dei professionisti serve tanto più in questioni tecniche e complesse da valutare. Se questa dinamica si trasforma in una minaccia deve valutarlo il giudice»
Alla fine, la magistratura sembra lanciare un messaggio di discredito nei confronti di quella modernizzazione di cui Milano è simbolo nel paese.
«La campagna è meravigliosa ma lì è più difficile realizzare alcune opportunità economiche. L’interazione tra le persone è necessaria per generare produttività. Maggiore è l’agglomerazione di persone innovative tanto più siamo produttivi. Milano è all’avanguardia in Italia. Dobbiamo stare attenti a non ancorarci al passato, altrimenti i nostri innovatori si sposteranno a Londra o negli Emirati dove c’è spazio per l’innovazione».