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Epstein, Trump cede: «Pubblicare tutto. Poi farò causa a Murdoch»

Donald e Melania Trump con Jeffrey Epstein e Ghislaine Maxwell

La decisione dopo la pubblicazione sul Wall Street Journal di un biglietto di auguri inviato al finanziere con un disegno a sfondo sessuale


Basta polemiche, il presidente Usa è stufo di dover parlare ancora del caso Jeffrey Epstein su cui i suoi sostenitori continuano a incalzarlo. Il movimento Maga chiede desecretazioni dei file e Donald Trump ha annunciato di aver autorizzato il procuratore generale Pam Bondi a chiedere la pubblicazione delle testimonianze rese davanti al gran giurì nell’ambito del processo contro il finanziere. Bondi ha dichiarato che presenterà la richiesta venerdì presso un tribunale federale.

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L’ordine di Trump è stato inviato, come spesso accade, tramite un post: “Rendere pubbliche tutte le testimonianze pertinenti rese al gran giurì, previa approvazione del tribunale”.

Il tycoon ha motivato la decisione con “l’assurda quantità di attenzione mediatica riservata a Jeffrey Epstein”, anche se la sua richiesta è lontana dalle richieste di alcuni repubblicani del Congresso che vogliono rendere pubblici tutti i fascicoli d’indagine dell’FBI e del Dipartimento di Giustizia, non solo le testimonianze processuali. Pam Bondi, accusata dagli influencer di estrema destra di aver coperto l’affaire Epstein, ha risposto immediatamente annunciando sempre tramite social ma su X, l’intenzione di muoversi per ottenere la desecretazione, contraddicendo di fatto il recente memorandum del Dipartimento che aveva confermato il suicidio in carcere di Epstein nel 2019. «Presidente Trump — siamo pronti a chiedere domani la desecretazione delle trascrizioni del gran giurì», ha scritto Bondi. Tuttavia non è affatto certo che il tribunale accoglierà la richiesta perché le trascrizioni del gran giurì restano riservate per proteggere vittime e testimoni, e vengono diffuse solo in casi eccezionali.

La mossa di Trump arriva poche ore dopo che il Wall Street Journal ha riportato l’esistenza di un biglietto di auguri per il cinquantesimo compleanno di Epstein, inviato da Trump nel 2003, contenente un disegno a sfondo sessuale, espressioni di amicizia e un riferimento a “segreti condivisi”. Trump ha smentito con forza il contenuto dell’articolo e ha minacciato di fare causa a Rupert Murdoch, fondatore di News Corp., casa madre del Journal.

Il testo della lettera pubblicata del Wsj

La missiva contiene diverse righe di testo dattiloscritto incorniciate dalla sagoma di una donna nuda, che sembra disegnata a mano con un pennarello spesso. Un paio di piccoli archi indicano il seno della donna, mentre la firma del futuro presidente è una sinuosa scritta “Donald” sotto la vita, a evocare i peli pubici. Questa la chiusa: “buon compleanno e che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto”.

All’interno del contorno della donna nuda un biglietto dattiloscritto che simula una conversazione immaginaria tra Trump ed Epstein, scritta in terza persona. “Voce fuori campo: Nella vita ci deve essere qualcosa di più che avere tutto”, inizia il messaggio. Donald: Sì, c’è, ma non ti dirò di cosa si tratta. Jeffrey: Nemmeno io, perché so di cosa si tratta. Donald: Abbiamo alcune cose in comune, Jeffrey. Jeffrey: A pensarci bene, sì. Donald: Gli enigmi non invecchiano mai, l’hai notato? Jeffrey: In effetti, lo era così chiaro per me l’ultima volta che ti ho visto. Trump: avere un amico è una cosa meravigliosa. Buon compleanno e che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto. L’album rilegato in pelle fu messo insieme come regalo speciale nel 2003 da Ghislaine Maxwell. Il New York Times non è riuscito a entrarne in possesso né a verificarne l’esistenza.

Trump: «Lettera del Wall Street Journal falsa, farò causa»

In un post su Truth Social, ha affermato che Murdoch gli aveva promesso di “sistemare” l’articolo, ma a quanto pare non ha potuto intervenire sulle decisioni della direttrice Emma Tucker. Ha accusato il giornale di aver pubblicato un pezzo “falso, malizioso e diffamatorio”. «Il presidente Trump ha già vinto contro Stephanopoulos/ABC, 60 Minutes/CBS e altri, e non vede l’ora di citare in giudizio anche quello che un tempo era il grande Wall Street Journal».

La morte di Epstein e la spinta alla trasparenza

Jeffrey Epstein fu trovato morto nella sua cella in un carcere federale di Manhattan nel 2019, in attesa di processo per traffico sessuale. Due anni dopo, una giuria federale ha condannato la sua collaboratrice Ghislaine Maxwell per cinque capi d’imputazione, incluso quello di traffico sessuale di minori.

Anche se il tribunale dovesse autorizzare la pubblicazione, cosa che potrebbe richiedere mesi di battaglie legali, il materiale coprirebbe solo una piccola parte dell’intera indagine. Negli ultimi mesi, decine di agenti dell’FBI e funzionari del Dipartimento di Giustizia sono stati distolti da altri incarichi per esaminare migliaia di documenti e ore di filmati, inclusi quelli provenienti dalle telecamere di sorveglianza del carcere. La scorsa settimana, in una riunione di governo, Pam Bondi ha difeso la decisione di non rendere pubblico il materiale raccolto, spiegando che gran parte dei video conteneva abusi sessuali su minori. Il deputato democratico Dan Goldman ha liquidato la mossa di Bondi come un’operazione di facciata: «Bel tentativo, @AGPamBondi», ha scritto sui social. «Ma che dire di video, fotografie e altre registrazioni?».

Non è bastato. Alcuni sostenitori di Trump e membri del Congresso bipartisan stanno valutando opzioni legislative per esercitare pressioni sull’FBI e sul Dipartimento affinché pubblichino altri file e video. I Repubblicani alla Camera hanno accettato di porre le basi per una possibile risoluzione — non vincolante — che chieda formalmente la pubblicazione dei materiali raccolti. Il voto non è ancora stato fissato.

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