L’Idf lancia violenti raid contro la capitale siriana. A rischio la tenuta del governo di al-Sharaa, i drusi si sollevano nel sud. Usa: “Molto preoccupati“
Israele colpisce Damasco. Raid aerei dell’aviazione di Tel Aviv martellano fin dalle prime ore di mercoledì la zona centrale della capitale siriana, il palazzo del Ministero della Difesa e il complesso del Palazzo Presidenziale sul monte Mezzeh, provocando ingenti danni sia materiali che umani. La violenta risposta armata, provocata dallo scontro in corso da giorni nei governatorati meridionali siriani tra forze governative e miliziani della comunità drusa, segnala il primo passo verso un’escalation del conflitto e verso l’entrata ufficiale d’Israele in guerra.
Gli Usa sono “molto preoccupati” dagli attacchi, ha detto il segretario di stato Usa Marco Rubio. Rispetto ai precedenti interventi militari israeliani nel Paese, infatti, l’attuale operazione condotta dall’Idf risulta molto più importante tanto per numeri quanto per impatto diretto sul campo. I raid hanno interessato, oltre alla capitale, numerosi bersagli militari nel centro-sud della Siria e non sembra che le Forze Armate isrealiane abbiano intenzione di dimuire l’impeto dell’offensiva nel breve termine. Nell’area settentrionale d’Israele, e nella zona del Golan, il Comando Nord dell’Idf ha mobilitato un numero ingente di unità, presumibilmente in vista di un rafforzamento della linea di contatto con la Siria e di un possibile ingresso nei territori drusi.

L’intento d’Israele
Il ministro degli Esteri israeliano, commentando l’attacco in Siria, ha dichiarato che per i siriani «iniziano i dolorosi pestaggi», lasciando intendere che l’intera faccenda sia molto più grande di quanto inizialmente ipotizzato dagli osservatori internazionali. Dopo le schermaglie combattute nei giorni scorsi nell’area di Jaramana, poco a sud di Damasco nella pianura della Ghouta, e a Suweida gli israeliani sembrano infatti intenzionati a creare una zona cuscinetto che schermi i territori a maggioranza drusa del sud siriano con le aree controllate dal governo di Ahmed al-Sharaa.
Le informazioni riportate dai media locali parlano di eccidi commessi da entrambe le parti ai danni delle comunità dei rivali e di una situazione di generale caos in tutti i governatorati del sud, compreso quello di Dara’a e di Damasco. Le forze governative faticano ad avanzare nei territori ormai sotto il controllo delle milizie, che cominciano sempre più evidentemente a dichiararsi separatiste, e l’intera area meridionale è per questo bloccata in uno stallo militare molto complesso.
Sotto il fuoco dei caccia israeliani le forze di terra di al-Sharaa e delle milizie che sostengono il suo governo non possono avanzare, mancando di difese antiaeree efficienti, e per questo restano bloccate in un sanguinoso scontro urbano nei vari villaggi della zona. Da parte drusa, invece, gli insorti controllano ormai gran parte delle aree dove la comunità è più presente e hanno iniziato ad ammainare le bandiere della nuova Repubblica siriana per innalzare quelle d’Israele ma senza supporto diretto da parte dell’Idf non hanno né i mezzi né i combattenti per avanzare ulteriormente sul territorio.
L’ipotesi di un “Drusistan”
Resta da vedere, comunque, quali saranno le prossime mosse d’Israele. Fin dalla caduta del vecchio regime di Bashar al-Assad Tel Aviv si è schierata in protezione della comunità drusa siriana, che condivide forti legami famigliari e culturali con i drusi residenti in Israele, e ha più volte dichiarato che qualsiasi attacco alla piccola minoranza sarebbe stato interpretato come un attacco diretto al Paese. Per questo, in questa fase Israele interviene nello scontro ma non è ancora certo che l’Idf abbia effettivamente intenzione di farsi trascinare nello scontro in forze.

L’ipotesi più probabile, dopo gli attacchi aerei a Damasco, è che gli israeliani abbiano intenzione di permettere ai drusi di guadagnarsi de facto l’indipendenza dal governo centrale siriano così da creare una zona cuscinetto che protegga il Golan, occupato interamente da Israele a seguito della caduta degli Assad, e che permetta a Tel Aviv di usare le zone druse per minacciare direttamente al-Sharaa. Si tratterebbe, sostanzialmente, della creazione di una zona demilitarizzata da sfruttare come perno per diffondere l’influenza israeliana nel Paese.
Un “Drusistan”, dunque, che permetterebbe a Israele d’indebolire Damasco, frammentare parzialmente il Paese e mettere i bastoni tra le ruote alla Turchia, vale a dire l’altro grande attore geopolitico attivo in Siria negli ultimi mesi. Proprio il silenzio di Ankara, che non è ancora intervenuta direttamente nella contesa, lascia supporre infatti che il vero nocciolo dello scontro sia più a nord e veda contrapposti Israele e l’inquieto Stato turco, forse ancora troppo debole per sfidare apertamente gli agguerriti israeliani.