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Dazi, segnali di pace dagli Usa: «L’Europa ci sta trattando bene»

Da Trump arrivano nuove minacce per farmaceutica e rame. Pugno duro per chi non negozia


La trattativa con Bruxelles sta prendendo una buona piega. Ad annunciarlo il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump: «La Ue ci sta trattando molto bene – ha dichiarato – probabilmente siamo a due giorni dall’invio della lettera all’Unione europea» . Anche le dichiarazioni di Bruxelles, pur se non completamente positive, hanno confermato ieri che si tratta senza sosta.

È questo un punto fermo della giornata. L’altro è che dal 1° agosto si paga. Un elemento di certezza in una vicenda che sta diventando quasi kafkiana. Dazi subito, dazi dopo, poi la parola definitiva, almeno fino a oggi, l’ha detta sempre Trump, con le consuete modalità Truth Social: «Come da lettere inviate ieri a vari Paesi, oltre alle lettere che saranno inviate oggi, domani e a breve il pagamento di dazi inizierà il 1 agosto 2025. Questa data non ha subito modifiche e non subirà modifiche. In altre parole, tutti i pagamenti saranno dovuti e pagabili a partire dal 1° agosto 2025. Non saranno concesse proroghe».

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«Stiamo lavorando a pieno ritmo – ha ribadito ieri il commissario europeo al Commercio, Maros Sefcovic, – per garantire soluzioni negoziate eque e reciprocamente vantaggiose, ma dobbiamo essere preparati a ogni esito e pronti a riequilibrare le nostre posizioni, se necessario».

Una dichiarazione in linea con quanto affermato qualche giorno fa dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che aveva fatto capire che Bruxelles stava comunque lavorando a un piano B. Ma ora la priorità è fare presto. La conferma è arrivata dal commissario Ue all’Economia Valdis Dombrovskis, nel suo intervento all’Ecofin «da parte dell’Ue, continuiamo a negoziare, con l’obiettivo di raggiungere un accordo di principio il prima possibile. Tutto ciò che vogliamo raggiungere è una soluzione negoziata con gli Usa ed evitare un’ulteriore escalation delle tensioni sulla sicurezza».

Tra i temi al centro della riunione infatti l’analisi delle prospettive economiche «offuscate – ha sostenuto il commissario all’Economia – anche dall’incertezza dovuta alla politica dei dazi degli Stati Uniti». Un’incertezza che, secondo Dombrovskis, «blocca l’economia e le decisioni di investimento». Collaborazione è stata la parola chiave della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, che ha garantito “la piena fiducia nel lavoro del commissario Sefcovic, aggiungendo che «senza accordo sui dazi avremo un grave problema di prevedibilità. Anche noi vogliamo collaborare per mostrare agli Usa che siamo il loro migliore partner».

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Ma quale potrebbe essere il migliore partner per il tycoon? Al momento si incrociano trattative con 14 Paesi dal Giappone all’Indonesia, dalla Corea del Sud alla Tunisia e fino alla Serbia. Intanto la Cina ha chiarito che in una guerra commerciale non ci sono vincitori perché «il protezionismo danneggia tutte le parti». E comunque non sono mancate nuove minacce: dazi al 200% per la farmaceutica e al 50% sul rame. Mentre c’è chi vede una situazione molto fluida.

Un rapporto della Commerzbank ha rilevato, infatti, che anche negli accordi già conclusi, a partire da quello con la Gran Bretagna, mancano dettagli cruciali. Manca la documentazione, così come per le altre due intese che secondo Washington avrebbero centrato il traguardo, quelle con Vietnam e Cina. E poi c’è chi non ha incassato bene il colpo.

Durissima la reazione di Tokyo. Il ministro della Rivitalizzazione economica, Ryosei Akazawa, che ha portato avanti le trattative, ha manifestato al segretario al Commercio Usa, Howard Lutnick, delusione e disappunto per i dazi comunicati e ha assicurato che il Giappone è pronto a difendere gli interessi nazionali nei prossimi incontri: «Continueremo a negoziare con gli Stati Uniti per esplorare la possibilità di raggiungere un accordo reciprocamente vantaggioso, proteggendo al contempo i nostri interessi nazionali».

Ma la piccata risposta del Giappone non sembra avere troppe chance di convincere Trump ad ammorbidire la sua posizione. Ha ribadito infatti penalizzazioni per chi non tratta anche fino al 60%. Sempre dalla piattaforma Truth social ha “gentilmente” spiegato al governo giapponese «che la percentuale del 25% è molto inferiore a quanto necessario per eliminare il disavanzo commerciale che abbiamo con il suo Paese». D’altra parte perché mai dovrebbe indietreggiare? Gli incassi dai dazi stanno dando ragione alla sua strategia. Secondo i numeri forniti dal segretario al Tesoro, Scott Bessent, sono entrati 100 miliardi dal secondo trimestre ed entro la fine dell’anno si potrebbero raggiungere 300 miliardi fino a sfondare nei prossimi dieci anni quota 2.800 miliardi di dollari.

La difficile partita delle tariffe doganali sta comunque avendo l’effetto di rimpicciolire il mondo. Il dibattito su un tema cruciale per il commercio globale ha tenuto banco ieri in tutti i Paesi coinvolti da questo ciclone, dall’Asia all’Africa all’Europa. E l’Italia non ha fatto eccezione. La Banca d’ Italia, nell’indagine sulle aspettative di inflazione e crescita, ha rilevato che il 32% delle imprese della manifattura e il 12% di quelle dei servizi hanno segnalato ripercussioni negative riconducibili agli annunci e all’applicazione dei dazi statunitensi.

Resta poi acceso il confronto politico tra opposizione e maggioranza. Il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida, ha ribadito nel suo intervento all’assemblea di Confagricoltura, la necessità di abbassare i toni iniziando dall’eliminare la parola «guerra commerciale», dunque no a una politica «dazi contro dazi». L’obiettivo è di consolidare i rapporti con gli Usa perché l’Italia – ha detto – è un Paese di trasformatori e dunque il dazio lo paga due volte. Lollobrigida ha anche rimarcato l’importanza del ruolo di ponte che sta svolgendo il Governo Meloni «riconosciuto anche dalla Commissione» perché è importante far capire, per esempio, che la tutela delle indicazioni geografiche «è protezione, non protezionismo». Come va spiegato che una parte considerevole del valore dei prodotti alimentari esportati resta in territorio americano.

Quanto all’ipotesi del 10% delle tariffe ha affermato che è importante verificare l’impatto settore per settore, in alcune filiere può essere assorbito. Per il vice presidente della Commissione Ue, Raffaele Fitto, l’auspicio è che «la partita sui dazi finisca bene». Si tratta, secondo Fitto, di un «interesse reciproco. Non sarà a impatto zero, perché se andiamo su un terreno non positivo è chiaro che ognuno dovrà attrezzarsi per dare una risposta e non è utile a nessuno dei due interlocutori». E nella ricerca affannosa delle migliori soluzioni spunta anche il nome di Mario Draghi. Italia Viva ha infatti lanciato la proposta di nominare in sede europea Draghi «come inviato per l’Unione europea in vista del possibile negoziato con gli Usa in materia di politiche commerciali, al fine di consentire alla stessa Unione europea di interloquire con il presidente Trump tramite una voce unitaria, credibile e autorevole».

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