Per Leone XIV «le false propagande del riarmo» arricchirebbero unicamente «i mercanti di morte»
C’è un dibattito più ampio che si sta sviluppando dopo il vertice della Nato all’Aja, che ha visto, su richiesta americana, la convergenza dell’Europa, a parte la Spagna, sul finanziamento del 5% del Pil da destinare all’Alleanza Atlantica entro il 2035. Vi partecipa in prima persona Papa Leone XIV. Ricevendo ieri in Vaticano i partecipanti alla plenaria della Roaco, la Riunione delle Opere per l’Aiuto delle Chiese Orientali, il Pontefice ha esortato a fermare la violenza e il dilagare della guerra, a valutare con attenzione le ragioni autentiche dei conflitti e a non tradire i desideri di pace dei popoli «con le false propagande al riarmo», uscendo dalla «logiche della divisione e della ritorsione».
La risposta al recente vertice Nato c’è tutta quanta e non concede spazio a interpretazioni diverse. Nel suo stile Prevost ribatte con forza agli slogan dell’ultim’ora. Per volere la pace, sembra voler dire, non bisogna prepararsi a combattere, ma anzi venire incontro alle istanze di chi cerca la pace come unica via d’uscita alle drammatiche frizioni internazionali in corso. Popoli di famiglie, di uomini, di donne, di minori e anziani, hanno bisogno di «ossigeno» in un’aria diventata ormai «tossica». Per questo il Pontefice richiama la diplomazia – lo ha fatto e detto sin dalla sua elezione – a scovare le vere cause dei conflitti e a lavorare su di esse, isolando quelle fasulle: «La gente non può morire a causa di fake news».
Papa Leone rivolge a tutti una domanda decisiva: «Come si può continuare a tradire i desideri di pace dei popoli con le false propagande del riarmo, nella vana illusione che la supremazia militare risolva i problemi, anziché alimentare odio e vendetta?». Insomma, tutt’altra storia rispetto al fronte della Nato e del 5% che fa quadrato di fronte all’ipotesi di dover far fronte alla volontà espansionistica di Putin o alla bomba nucleare iraniana. Mentre all’Aja è stata sventolata la bandiera della vittoria degli Stati Uniti di Donald Trump, il Papa, dalla sua, esorta a rimettere a posto i rapporti tra gli Stati sanciti da accordi e intese che già in passato hanno salvato il mondo dal precipizio della guerra.
«È desolante vedere che la forza del diritto internazionale e del diritto umanitario – ha sottolineato Leone XIV – non sembra più obbligare, sostituita dal presunto diritto di obbligare gli altri con la forza. Questo è indegno dell’uomo, è vergognoso per l’umanità e per i responsabili delle nazioni». La politica della deterrenza e dei blocchi contrapposti in voga sino a qualche decennio fa, come garanzia di un mondo di pace, evidentemente oggi fa acqua da tutte le parti e il Papa ne è consapevole quando afferma quanto sia illusorio pensare che le azioni belliche portino alla pace.
Riarmo o disarmo? Questo il bivio di fronte al quale si trova oggi la comunità internazionale e sul quale il Papa esorta ad aprire gli occhi. Non a caso, nel suo discorso alla Roaco, Leone inserisce una frase emblematica: «La gente è sempre meno ignara della quantità di soldi che vanno nelle tasche dei mercanti di morte e con le quali si potrebbero costruire ospedali e scuole; e invece si distruggono quelli già costruiti!».
Sono parole già sentite quelle pronunciate da Papa Leone XIV, eppure hanno il senso dell’urgenza e della novità, proprio perché la situazione internazionale, giorno dopo giorno, offre spunti di novità. Ci siamo subito accorti che Prevost è un Papa diverso da Francesco, eppure è riuscito a mantenere vivo quel filo rosso che unisce gli appelli alla pace pronunciati da Bergoglio e, ancora prima, da altri predecessori.
In particolare il Papa argentino, fino a pochi giorni dalla sua morte, ha tuonato, più con la forza dei concetti, che con quella della parola che purtroppo evidenziava una salute sempre più vacillante, contro la corsa agli armamenti, sottolineando che «nessuna pace è possibile senza un vero disarmo». Una posizione nettissima quella di Francesco, che lo ha portato a dire come non solo l’uso, ma lo stesso possesso delle armi nucleari sia immorale e ad esortare il mondo a passare dall’equilibrio del terrore all’equilibrio della fiducia.
Ma a tutto questo, affinché si passi dalla teoria alla pratica, manca un tassello importante, sul quale evidentemente si scontrano o si confrontano oggi le posizioni di belligeranti e di ipotetici mediatori. Le parole della Chiesa rischiano di rimanere nel romantico cortile delle buone intenzioni, se non sono seguite da modalità concrete destinate almeno a favorire l’avvio di un qualche dialogo. E Papa Leone, in tal senso, aveva visto giusto quando aveva proposto il Vaticano quale sede neutrale per l’avvio di un negoziato diretto tra Russia e Ucraina. Forse un’idea prematura, non andata in porto, lanciata nei primi giorni del suo Pontificato, ma che provocò per la prima volta una scossa in una situazione ancorata da sempre sulla logica dell’aggressore e dell’aggredito, al quale fornire unicamente aiuti militari, e sul legittimo scandalo umanitario delle troppe vittime, molte civili, rimaste sul terreno e nella confusione nel capire chi siano i buoni e chi i cattivi.
Questo scenario è stato poi ingigantito da quanto sta succedendo a Gaza e da quanto potrebbe ancora succedere tra Israele e Iran. Comunque per la prima volta il mondo ha capito che c’era un’alternativa alla logica delle armi. Una speranza che in poche parole da subito Papa Leone ha lanciato al mondo con il motto evangelico: «La pace sia con tutti voi!».