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L’allarme di Confindustria: la guerra Iran-Israele un altro shock per l’economia italiana

Il nuovo fronte bellico in Medioriente, con lo scontro fra Iran e Israele, mette il sistema economico di fronte a un nuovo shock, quando deve ancora fare i conti con lo tsunami nel commercio mondiale scatenato dalla guerra dei dazi di Donald Trump che tra annunci e retromarce, percentuali in altalena alimenta l’incertezza determinata dai conflitti già in atto, quello russo-ucraino e quello israelo-palestinese. Un combinato disposto che rende lo scenario sempre più complesso e cupo, su cui grava anche la nuova fiammata del petrolio (77 dollari a barile ieri, dai 63 in media a maggio) sulla scia del nuovo scontro mediorientale, cui si accompagna anche il rincaro del gas in Europa (40 euro, dal minimo di 34 a maggio). Un quadro che motiva l’allarme di Confindustria che vede a rischio la ripresa del sistema industriale italiano che, con il sussulto registrato in aprile (+0,1%) dopo 27 mesi consecutivi di produzione in calo, sembra avviata. Ma i dazi sulle esportazioni e l’incertezza deprimono la fiducia, frenando gli investimenti e i consumi: sono infatti negativi gli ordini di beni strumentali e in calo le attese di nuovi ordini, mentre le vendite al dettaglio sono cresciute solo dello 0,5 % in aprile, e le nuove immatricolazioni sono nuovamente in lieve flessione (-0,1% annuo a maggio). 

Il centro studi di Confindustria mette tuttavia un effetto positivo della stretta tariffaria, e cioè quello sui tassi di interesse: l’apprezzamento dell’euro, infatti, moderando il prezzo degli input e dei prodotti finiti importati e pagati in dollari, frena l’inflazione in Europa e consente alla Bce di accelerare la discesa dei tassi. Al contrario, la svalutazione del dollaro si somma ai dazi americani, facendo arrivare a oltre il 20% la barriera totale all’export che riguarda gli Stati Uniti, ma anche le altre economie la cui moneta è agganciata al dollaro.

Conflitti combattuti con armi distruttive e con una vasta gamma di strumenti di pressione: la forza destabilizzante è altissima in entrambi i casi, sostiene il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Sanzioni economiche, dazi, controllo delle risorse critiche, manipolazione dei mercati, interferenze nelle catene di approvvigionamento, uso strategico della tecnologia. Sono questi i nuovi strumenti di pressione, di influenza e, talvolta, di aggressione, afferma durante la celebrazione per il 250° anniversario dalla fondazione della Guardia di Finanza. “Viviamo in un’epoca in cui le minacce non si manifestano solo con l’uso delle armi e con attacchi visibili sui campi di battaglia. Oggi i conflitti tra potenze si giocano sempre più spesso sul terreno economico e finanziario. In una dimensione meno evidente, ma altrettanto pericolosa per uno Stato e per l’equilibrio globale”, sottolinea parlando di “una guerra asimmetrica, silenziosa ma pervasiva, che mira a condizionare scelte politiche e a indebolire i Paesi attraverso la destabilizzazione della loro economia. Per questo, oggi sicurezza nazionale e sicurezza economica sono dimensioni sempre più dipendenti e interconnesse. E infatti la solidità delle finanze pubbliche è condizione essenziale per la stabilità del Paese. Così come, un’economia solida permette di mantenere adeguate le capacità di investimento pubblico in settori strategici come la salute, l’energia, le infrastrutture, la ricerca e la difesa stessa”.

Intanto, l’elevata incertezza e le tensioni commerciali spiegano la revisione al ribasso, all’1,1%, delle stime della Bce sulla crescita dell’Eurozona nel 2026. Resta invariata, invece, a +0,9% quella per il 2025, in quanto, si spiega, e loro ricadute sarebbero in parte compensati da un’attività economica più vigorosa del previsto nel primo trimestre, “che probabilmente riflette almeno in parte l’anticipo delle esportazioni effettuato in previsione di dazi più elevati”, mentre le prospettive diventano più deboli per il resto dell’anno. “Benché ci si attenda che l’incertezza relativa alle politiche commerciali gravi sugli investimenti delle imprese e sulle esportazioni nel breve termine – si rileva – l’incremento degli investimenti pubblici in difesa e infrastrutture sosterrà sempre più la crescita nel medio periodo”. Inoltre, l’aumento dei redditi reali e un mercato del lavoro “robusto” consentiranno alle famiglie di spendere di più, mentre condizioni di finanziamento più favorevoli dovrebbero accrescere la capacità di tenuta dell’economia agli shock mondiali.

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