Berlino mette in guardia sullo schieramento di centinaia di migliaia di soldati russi lungo la frontiera orientale europea
La Russia sta dispiegando centinaia di migliaia di militari in Bielorussia, direttamente lungo il confine con la Polonia e le altre nazioni europee. A sostenerlo è il politico della Cdu ed ex-militare della Budeswehr Roderich Kiesewetter, il quale in una recente intervista ha dichiarato che il Cremlino sta ampliando la sua presenza lungo i confini delle nazioni europee dispiegando diversi corpi d’armata. Stando ai tedeschi, che mancano però di tenere in conto la minor densità numerica delle unità russe, tendenzialmente meno numerose degli equivalenti occidentali, si parlerebbe di circa 350.000/360.000 soldati. Una forza imponente, più credibilmente stimabile attorno alle 150.000 unità, che sarebbe stata schierata in Bielorussa dal Cremlino in previsione di future tensioni con l’Europa.
La smentita di Vilnius
Vista l’entità del dispiegamento annunciato da Kiesewetter, non sorprende che la notizia abbia fatto rapidamente il giro del continente, provocando non poche risposte sconcertate. Nei Paesi Baltici, in particolare, le dichiarazioni del politico tedesco non sono piaciute particolarmente, visto l’allarmismo che hanno creato. Stando ai servizi segreti lituani, infatti, le cifre proposte da Kiesewetter sono assolutamente irrealistiche e non ci sarebbe in atto nessun build-up militare russo significativo in Bielorussia. «In breve», sostengono da Vilnius, «non c’è nulla di lontanamente simile» al dispiegamento annunciato dal politico tedesco in Bielorussia, visto che «le capacità russe sono legate alla guerra in Ucraina». «Le forze russe non sono schierate vicino ai confini della Bielorussia e dei paesi Nato limitrofi e, di conseguenza, non possiamo parlare di un’intenzione di utilizzare tali capacità inesistenti», hanno aggiunto gli 007 lituani.
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A prescindere però dall’entità effettiva del dispiegamento russo in Bielorussia, che anche stando semplicemente alle dichiarazioni ufficiali di Mosca ospita comunque diverse decine di migliaia di soldati del Cremlino, ciò che risulta rilevante è il sentimento di preoccupazione che corre lungo il confine che separa l’Europa e la Russia. Le parole di Kiesewetter, in tal senso, sono una dimostrazione plastica dell’incertezza di certe capitali europee nel ponderare accuratamente l’entità del pericolo russo e il timore che dopo l’Ucraina Mosca guardi più ad ovest, verso quelle terre che un tempo ha dominato con il pugno di ferro. E anche prescindendo dall’accuratezza delle stime numeriche di Kiesewetter, è innegabile che la Russia stia effettivamente potenziando le proprie forze dispiegate in tutte le aree di confine con l’Unione Europea e i Paesi Nato.
Il rafforzamento nel nord
Nell’estremo nord, per esempio, è ormai da tempo che i russi stanno costruendo nuove strutture atte ad ospitare un numero non indifferente di mezzi e militari. A soli 60 chilometri dal confine con la Finlandia, a Kamenka, sono state infatti installate già in primavera oltre 130 tende militari, in grado di ospitare circa 2.000 soldati, mentre 160 chilometri più a sud, nei pressi di Petrozavodsk, sono stati costruiti negli scorsi mesi grandi centri logistici in grado di ospitare veicoli blindati e carri armati. Sempre in Karelia e nella Penisola di Kola, poi, lo scorso inverso i russi hanno potenziato varie altre infrastrutture militari come quella nei pressi della cittadina di Kandalaksha, che nei progetti del Cremlino dovrà ospitare nel prossimo futuro una nuova brigata d’artiglieria e una del Genio.
I numeri, per quanto riguarda il fronte finlandese, restano contenuti ma è evidente che le operazioni di costruzione di nuove basi a quelle latitudini stanno a segnalare l’evidente volontà russa di ridislocare lì una parte importante delle proprie forze una volta conclusa la guerra in Ucraina. Ed è probabile, in tal senso, che un importante build-up militare si verificherà anche lungo il confine con le repubbliche baltiche, che infatti stanno preparando piani per fortificare tutta l’area con linee difensive profonde fino a 30 chilometri.
Il problema Kalinigrad
Nel caso delle nazioni baltiche però a preoccupare maggiormente gli europei non è tanto il fronte est, lungo e facilmente difendibile, ma quello sud ed in particolare l’enclave di Kalinigrad, pesantemente fortificato dai russi e tra i cui confini sono ospitati, stando alle stime, almeno 12.000 militari di Mosca. Oltre, evidentemente, a moltissimi missili e pezzi d’artiglieria, stanziati a quelle latitudini con il palese intento di supportare un eventuale assalto attraverso il Corridoio di Suwalki, la conquista del quale permetterebbe di collegare direttamente Kalinigrad alla Bielorussia.
Quella zona è ad oggi il principale punto di frizione potenziale con la Russia, visto che un’offensiva volta a conquistare il Corridoio permetterebbe al Cremlino d’isolare i Paesi Baltici e le forze Nato ivi stanziate così da poterli affrontare non permettendo il loro rifornimento da parte degli alleati centro-europei. Vista la rilevanza strategica dell’area non sorprende che anche in quella zona i russi abbiano potenziato le proprie capacità militari negli ultimi anni.
Nel complesso, dunque, il segnale che arriva da est è piuttosto chiaro: la Russia, anche se non con centinaia di migliaia di uomini, si prepara a nuove pressioni contro l’Europa. Kiesewetter, in questo e forse solamente in questo, ci ha visto giusto. E nel prossimo futuro questo trend non farà che rendersi più evidente.


















