Parla il presidente dell’AIAD: «Parlare di Difesa significa anche parlare di crescita industriale, occupazione e innovazione»
Il rapido evolversi della situazione internazionale, soprattutto in Ucraina, ha posto tutti i Paesi europei di fronte a scelte difficili ma inevitabili su come rilanciare la propria Difesa. Ne parliamo con l’Ingegnere Giuseppe Cossiga, presidente della Federazione delle Aziende italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD) di Confindustria.
Presidente, ritiene che, a livello nazionale ed europeo, si stia procedendo nella giusta direzione, anche alla luce dell’urgenza legata alla congiuntura internazionale, oppure vede spazi di miglioramento?
«Sicuramente oggi c’è una consapevolezza a livello politico che fino a pochi anni fa non c’era. Detto questo, la consapevolezza senza risorse vale poco. È vero che a livello nazionale ed europeo si stanno anche facendo passi avanti, con aumenti strutturali di spesa e strumenti comuni di investimento. Tuttavia per costruire quelle ulteriori capacità produttive di cui gli Stati si vogliono dotare c’è bisogno di risorse (non solo finanziarie, ma anche umane, materiali, amministrative) e tempo. Non è un processo che si improvvisa dall’oggi al domani e non può non prendere in considerazione l’intera filiera di settore, dai grandi player alle Pmi fino ai fornitori di materie prime.»
Nel luglio scorso il presidente francese Emmanuel Macron ha detto: «Per essere liberi in questo mondo, dobbiamo essere temuti. Per essere temuti, dobbiamo essere potenti». Si tratta di una rivoluzione rispetto al modo su cui abbiamo impostato finora il rapporto tra Difesa e relazioni internazionali. Si sente di condividerlo?
«Al di là delle parole del Presidente Macron, quello di cui si sta parlando oggi è rafforzare la nostra deterrenza, che non è altro che la capacità di presentare una un’architettura di difesa e sicurezza credibile, diversificata, multilivello e multidominio che scoraggi il potenziale avversario dall’attaccarci. Non è un concetto nuovo, anzi, ma forse è stato un po’ lasciato nel dimenticatoio negli scorsi anni. Oggi, le condizioni internazionali impongono questa riflessione, senza che per questo si tratti di chissà quali retoriche muscolari o belliciste.»
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Un tema che ha attirato molta attenzione recentemente è quello del dual-use, cioè di quelle tecnologie nate in ambito civile ma che possono essere impiegate anche in campo militare. Vede con favore l’allargamento del settore Difesa anche a comparti tradizionalmente non inclusi in questo filone industriale, anche in merito a strumenti di intervento pubblico come il Golden Power?
«Il mondo delle tecnologie militari e civili sono sempre stati legati. Sicuramente rispetto al passato, quando era il comparto Difesa a guidare l’innovazione, oggi molta parte di questa arriva anche da innovatori civili, pensiamo all’intelligenza artificiale. In questo senso, quindi, l’allargamento a competenze e soluzioni innovative e all’avanguardia è sempre positivo. Questa innovazione, tra l’altro, arriva spesso dalle Pmi e dalle Start up. Per far crescere questo ecosistema virtuoso strumenti come il Golden power possono essere utili a tutelare queste realtà più piccole garantendo la sovranità industriale del Paese senza chiudere a investimenti, anche stranieri, seri.»
Negli ultimi decenni la Difesa ha sofferto una narrativa spesso “de-potenziante” della sua funzione o che tendeva a leggerla come un surrogato di altri ruoli. Pensiamo, per esempio, al recente intervento del ministro Guido Crosetto su Strade Sicure. Ritiene sia il momento di cambiare il discorso pubblico sulla Difesa, magari partendo anche dalle tecnologie dual-use e dalle ricadute che tali investimenti hanno in prodotti civili di grande successo, da Internet al motore a reazione?
«In generale è sempre un bene che ciascuno ricopra il ruolo che gli viene assegnato, discorso che vale per la Difesa, le Forze armate, ma anche l’industria e le istituzioni. Come già detto, le ricadute positive delle tecnologie militari per la vita quotidiana non sono una novità. Sicuramente lo sforzo – anche questo non nuovo – è quello di spiegare come parlare di Difesa significa anche parlare di crescita industriale ed economica, occupazione qualificata, export e innovazione. Senza dimenticare il ruolo unico e naturale delle Forze armate, cioè garanti della difesa e sicurezza delle nostre società.»
Presidente, lei è anche un ingegnere aeronautico. L’Italia ultimamente si è resa protagonista di una serie di iniziative in campo aerospaziale, penso al programma Gcap ma non solo. Perché l’aerospazio è un settore tanto vitale per la sicurezza nazionale e quali sviluppi vede per questo comparto strategico?
«Voglio innanzitutto sottolineare che l’Italia aderisce al programma Gcap con altri Stati, Regno Unito e Giappone, grazie a una positiva sinergia tra le nostre istituzioni, in primis il ministero della Difesa e l’Aeronautica Militare, guidata dal suo Capo di Stato Maggiore, il generale Antonio Conserva, e dall’altro alcune delle nostre migliori aziende: Leonardo, Avio Aero, MBDA Italia, ELT Group. Un progetto che è prima di tutto fatto di tanta ricerca e che rappresenta importanti ricadute occupazionali e di sviluppo della nostra industria. Questa iniziativa è sicuramente una sfida tecnologica, organizzativa e di gestione che richiederà grande attenzione da parte dell’Italia, che dovrà strutturare meglio il rapporto tra tutte le aziende della filiera e assicurarsi una partecipazione paritetica a quella degli altri Paesi partner del progetto. Rappresenterà un passaggio fondamentale per l’evoluzione dello strumento aerospaziale, con concetti e compiti del tutto nuovi, basati sulle recenti evoluzioni degli scenari operativi. In generale, l’aerospazio e lo spazio sono dimensioni dove si stanno evolvendo infrastrutture sempre più strategiche per comunicazione, intelligence, navigazione, allerta precoce e quindi deterrenza. L’Italia può giocare un ruolo da protagonista ma servono investimenti coordinati concentrati a mantenere e sviluppare le capacità sovrane in settori in forte crescita come satelliti, sistemi di osservazione e servizi di integrazione tra segmenti orbitali e terrestri.»
È inevitabile che la Difesa ricada in un’ottica di interesse nazionale, dunque pubblico. Quali sinergie vede possibili tra il comparto privato della Difesa e l’attore statale e su quali aspetti si potrebbe intervenire per migliorare questo legame, in un’ottica di comune collaborazione nell’interesse del Paese?
«L’industria della difesa e dell’aerospazio fornisce quanto richiesto dalle istituzioni pubbliche, basandosi sui requisiti identificati dalle Forze armate e secondo le priorità stabilite da governo e parlamento. Oggi all’industria è chiesto di fare di più, e per questo è necessaria una governance che faciliti la programmazione con ordini stabili, strumenti finanziari efficaci, contratti pluriennali e percorsi di certificazione più veloci. In pratica servono semplificazione regolatoria dove possibile, politiche per l’export chiare, e una strategia industriale strutturata di breve, medio e lungo periodo.»


















