Con Fidesz in caduta nei sondaggi il premier ungherese valuta una svolta presidenzialista
Perdere le elezioni senza lasciare il potere. Questo il piano che avrebbe in mente Viktor Orbán. il primo ministro ungherese e leader più longevo dell’Unione europea. Per la prima volta dopo quasi due decenni, il suo partito Fidesz rischia seriamente la debacle elettorale alle urne di aprile.
I sondaggi più recenti indicano un vantaggio anche a doppia cifra per l’opposizione guidata dal partito Tisza di Péter Magyar. Uno scenario impensabile fino a poco tempo fa, che ha spinto Orbán a valutare una strategia alternativa per ovviare alla possibilità di venire disarcionato.
L’opposizione avanza
Una tornata elettorale che si profila diversa da tutte le precedenti. Il leader magiaro si trova per la prima volta alle prese con una crisi di consenso, frutto di una combinazione di fattori politici ed economici. L’Ungheria è uscita stremata da anni di inflazione elevata, aumento del costo della vita e stagnazione dei salari, mentre il blocco dei fondi europei dal 2022 ha colpito investimenti e servizi. A questo si è aggiunta la fatica di un sistema di potere che, dopo quindici anni, mostra segni di saturazione anche tra gli elettori tradizionalmente fedeli a Fidesz.
Péter Magyar è diventato così il volto fresco dell’opposizione: ex uomo dell’apparato, è riuscito a intercettare questo malcontento parlando a un elettorato urbano e rurale, giovane e anziano, stanco di una corruzione percepita come endemica. Per Orbán, abituato a vincere senza discussioni e dominando il campo politico, la minaccia è ora concreta. Ed è anche per questo che si muove veloce.
La strada verso il presidenzialismo
Secondo un’analisi di Bloomberg, il premier starebbe esplorando la possibilità di trasformare la figura del Presidente della Repubblica nel centro, nel fulcro del potere esecutivo, assumendo lui stesso la carica indipendentemente dall’esito del voto. Un’ipotesi che circola da mesi, con tanto di allarmi dell’Ue, e che Orbán non ha escluso pubblicamente, parlando di questo nuovo sistema presidenziale come di un’opzione «sempre sul tavolo».
Il tempismo a Budapest è cruciale. Fidesz dispone ancora oggi di una supermaggioranza parlamentare, destinata a mutare con le elezioni. È in questa finestra che si inserisce la recente approvazione, da parte del Parlamento ungherese, di una legge che rende molto più difficile la rimozione del presidente, blindando di fatto la carica.
Lo schema sarebbe relativamente semplice. In caso di vittoria di Fidesz, Orbán potrebbe spostarsi al Quirinale magiaro lasciando la gestione quotidiana del governo a un fedelissimo (come il ministro dei Trasporti János Lázár), mantenendo però le prerogative su politica estera, nomine istituzionali e potere di veto.
Un ruolo da moderatore in caso di sconfitta
In caso di sconfitta, invece, una presidenza rafforzata consentirebbe a Orbán di fungere da moderatore di corrente dell’azione del nuovo esecutivo, ostacolando un riallineamento dell’Ungheria con Bruxelles dopo anni di scontri sullo Stato di diritto, la corruzione e il sostegno all’Ucraina.
Quel che avviene a Budapest non sarebbe un unicum. Sempre Bloomberg richiama precedenti come Recep Tayyip Erdogan, passato da primo ministro a presidente per concentrare il potere in Turchia, o Vladimir Putin, che ha alternato i ruoli istituzionali per aggirare i limiti di mandato. Modelli diversi, ma percorso similare: scolpire l’architettura dello Stato in proprio favore per sopravvivere politicamente.
La debolezza di Bruxelles rafforza il premier magiaro
L’operazione è resa più praticabile dal quadro internazionale. Dopo le elezioni del 2022 l’Unione europea ha aumentato la pressione su Orbán, congelando oltre 20 miliardi di euro di fondi destinati a Budapest. Oggi Bruxelles appare debole, ininfluente e impegnata districarsi dal pantano ucraino, mentre il presidente americano Donald Trump ha ridotto ulteriormente la pressione esterna. Non a caso, il Tycoon ha recentemente definito Orbán un “grande leader” e, nei supposti nuovi piani di riassetto globale, vorrebbe sottrarlo all’influenza del Palazzo di vetro.
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Nel frattempo, il premier ungherese continua a occupare le istituzioni chiave: quest’anno il capo della procura si è dimesso anticipatamente, consentendo al primo ministro di nominarne uno nuovo con un mandato monstre di nove anni. La democrazia ungherese è attesa a un bivio in primavera, mentre i giocatori non perdono tempo e preparano le pedine in anticipo. Truccando il gioco, se serve.











