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Australia, social proibiti agli under 16: scatta il primo divieto al mondo

TikTok, Instagram, Facebook e YouTube vietati ai minori, con maxi-multe per le piattaforme. Ecco cosa cambia e perché il modello australiano divide

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Come per il carosello del 31 dicembre, in cui è l’Australia a salutare per prima il nuovo anno con i suoi fuochi d’artificio, anche per le norme di recinzione dei social il continente oceanico è il laboratorio globale.

Da oggi infatti in quel Paese le piattaforme più popolari come Facebook, Youtube, Istagram e Tik Tok, e ancora la popolarissima nella terra dei canguri Twich, saranno interdette ai minori di 16 anni.

Mentre rimarranno ancora praticabili le piattaforme di messaggistica come Messengers, Whatsapp e Youtube kids.

Un annuncio che sembra non lasciare scampo a questi imperi virtuali che proprio sui giovani hanno costruito il loro dominio.

La legge australiana e la tutela dei minori

La legge che il primo ministro australiano Albanese ha salutato come la prima coraggiosa prova di volontà di un Paese nel sottrarre i propri giovani allo scorrere del tempo sul web, mira appunto a proteggere, si dice, lo strato di utenti digitali più fragile e indifeso da una speculazione commerciale da parte delle grandi piattaforme che per incrementare il traffico attivano algoritmi che spingano verso aree più estreme i giovani per fidelizzarne la presenza. Da oggi infatti toccherà ai proprietari di questi sistemi accertare l’età di coloro che si affacceranno nei diversi spazi online.

I nodi applicativi: verifiche e multe

Ma già su questo punto cominciano le difficoltà. Come spesso accade per le norme che riguardano la rete, anche questa australiana è molto netta e chiara negli enunciati – tutelare le fasce deboli – più vaga e indecifrabile per le sanzioni e le procedure. Infatti il provvedimento lascia alla discrezionalità delle piattaforme decidere come accertare l’età dei clienti che arrivano.

Per chi, come appunto questi apparati, vive di profilazione, non dovrebbe essere difficile capire se chi posta è un adolescente o una persona matura. Forse è meno facile comprendere se ha un anno in più o in meno della fatidica soglia dei 16 anni. Per i trasgressori individuali non sono previste pene particolari, mentre per i titolari dei social classificati come vietati ai giovani si potrebbe arrivare a una multa fino a 50 milioni di dollari australiani, equivalenti a meno di 30 milioni di euro.

La reazione delle piattaforme digitali

Ovviamente il coro delle lamentazioni e delle minacce è già partito da parte dei gruppi tecnologici colpiti, anche se non sembrano molto turbati. Neanche il solerte vice presidente americano Vance, paladino della libertà assoluta delle aziende statunitensi, ha espresso contrarietà sostanziali. Infatti la disciplina che entra in funzione oggi paradossalmente sembra offrirgli spazi maggiori per profilare e identificare tutti i singoli utenti. Con la scusa di accertarne l’identità le piattaforme potranno imporre questionari e test che produrranno informazioni preziosissime.

Il vero nodo: il potere degli algoritmi

Mentre rimarrebbe escluso il vero tema che oggi è al centro della scena e che non riguarda il coinvolgimento di fasce di utenti meno attrezzati nel gorgo digitale ma tocca il sacro Graal dell’economia della Silicon Valley, ossia la proprietà e riservatezza degli algoritmi. Il vero punto di scontro su cui si dovrebbero concentrare i legislatori investe proprio il motore dei social, ossia i sistemi di calcolo che aizzano e promuovono comportamenti estremi per produrre traffico commerciale.

È questo il nodo da sciogliere su cui l’Europa aveva concentrato la sua attenzione con i due provvedimenti del Digital Market Act e il Digital Service Act, su cui poi si è alzato il fuoco di fila dei nuovi inquilini della Casa Bianca che hanno intimato all’Unione di frenare le velleità regolatorie.

Una strada inefficace?

Ora l’Australia, con il pretesto della tutela dei giovani, incanala la discussione su un binario diverso e del tutto inefficace, ossia la coercizione degli utenti, invece di concentrarla sul controllo degli algoritmi, meccanismo quantomai aleatorio e inafferrabile in un sistema basato sull’anonimato, quale è per sua natura il web. Mentre il centro del potere è la discrezionalità dei proprietari digitali, i cosiddetti calcolanti, sui sistemi digitali che esercitano il potere di condizionamento e indirizzo su tutti i comportamenti dei calcolati.

Cosa succede ora

Vedremo come si assesterà il pendolo in Australia ma già da queste prime ore si capisce che non c’è da attendersi terremoti. I giovani troveranno sotterfugi per rientrare nelle piattaforme vietate o altri spazi che proporranno le medesime sollecitazioni mentre i dati individuali su cui si sta costruendo il dominio delle intelligenze artificiali saranno sempre più rigogliosi per i monopolisti digitali.

Non ci sono scorciatoie: in un sistema che sostituisce il denaro con la potenza di calcolo bisogna inevitabilmente avere competenze e volontà per intervenire su questa nuova fonte di potere debordante.

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