Secondo il presidente Usa, i leader del continente sarebbero «deboli», «troppo politicamente corretti». Critiche su immigrazione, Ucraina e declino europeo. Ue: «Fieri dei nostri leader». E il Cremlino ringrazia
Nella videointervista di 45 minuti concessa a Politico dalla Casa Bianca, Donald Trump sfodera uno dei suoi attacchi più duri all’Europa degli ultimi anni. Secondo il presidente Usa, i leader del continente sarebbero «deboli», «troppo politicamente corretti» e spesso incapaci di orientarsi in un mondo sempre più instabile.
«L’Europa non sa cosa fare», dice, insistendo che le principali capitali occidentali stiano perdendo controllo su immigrazione, sicurezza e capacità decisionale. Una critica che scorre come un filo continuo per tutta l’intervista, in cui il continente appare come un luogo in declino, segnato da «troppo crimine», «troppa immigrazione» e «troppi discorsi senza risultati».
L’intervista non è solo un’esplosione retorica: è la formalizzazione di una frattura politica che attraversa l’intero Occidente. Nato, guerra in Ucraina, immigrazione e perfino l’idea stessa di Europa diventano i campi di un confronto diretto fra Washington e Bruxelles. Trump detta le condizioni. L’Europa deve decidere come rispondere.
PER APPROFONDIRE:
“Ci sono buoni leader e leader stupidi”
Trump entra nel dettaglio della sua valutazione personale: «Conosco i buoni leader, conosco i cattivi leader. Conosco quelli intelligenti e conosco quelli stupidi. Ci sono anche alcuni veramente stupidi. E non stanno facendo un buon lavoro».
Per il presidente il problema è culturale: l’ossessione per il politicamente corretto avrebbe indebolito la capacità europea di prendere decisioni nette su temi come Ucraina e migrazioni.
«L’Europa parla troppo e non produce. E la guerra continua»
(in foto la copertina dell’editoriale di Politico firmato da John Harris che accompagna la videointervista di Alexander Burns)

Immigrazione, declino e città “irriconoscibili”
Tra i passaggi più duri, la trasformazione delle metropoli europee: «Amavo Parigi, oggi è un posto molto diverso». Su Londra il giudizio è devastante: il sindaco Sadiq Khan sarebbe un «horrible mayor», la sua elezione resa possibile da «immigrazione fuori controllo».
Trump cita anche la Svezia: «Era il Paese più sicuro d’Europa. Ora è considerato insicuro. Non è credibile».
Per la Germania, il bersaglio è Angela Merkel, accusata di aver commesso «due errori enormi»: l’apertura ai rifugiati e la dipendenza energetica.
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Orban ed Erdogan i modelli di forza
Se l’Europa occidentale è il simbolo del declino, Trump riserva parole opposte a Ungheria, Turchia e Polonia.
Viktor Orbán è un «leader forte», apprezza la linea anti-immigrazione di Varsavia e su Erdoğan dice: «È un duro, ma mi piace. Ha costruito un Paese forte, un esercito forte. Quando c’è un problema con lui, chiamano me».
Insomma: Ovest debole, Est no.
Ucraina: “Zelensky deve negoziare. Sta perdendo”
Trump afferma che la guerra non sarebbe mai dovuta scoppiare e attribuisce la responsabilità a Obama e Biden.
Ora, sostiene, «Zelensky dovrebbe negoziare perché sta perdendo». Secondo il presidente Usa, l’omologo ucraino usa «la guerra per non andare a nuove elezioni». E se alcuni Paesi europei vogliono sostenerlo «fino alla vittoria», allora «devono farlo loro, non aspettare gli Stati Uniti». L’unico punto in cui Trump ammette una sorpresa riguarda la diplomazia:
«Pensavo fosse l’accordo più facile da chiudere. Mi sbagliavo. L’odio tra Putin e Zelensky è enorme»

Le reazioni di Mosca e Europa
Il consigliere russo Kirill Dmitriev applaude su X: «Trump dice la verità». Per il Cremlino, le sue parole confermano la narrazione russa dell’Europa come attore confuso e incapace. La risposta europea arriva dalla Commissione: «Siamo fieri dei nostri leader», afferma la portavoce Paula Pinho. «Chi ci guida sta affrontando sfide enormi e lo fa con eccellenza».
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Il cancelliere tedesco Friedrich Merz legge il momento come un cambio di era: «Non è una sorpresa. Ora è nero su bianco, dobbiamo essere molto più indipendenti dagli Usa». Sul piano strategico americano: «Alcune cose sono comprensibili, altre non accettabili. Ma la democrazia europea la salveremo noi, non gli americani».


















