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Merz: «Sovranità europea si decide oggi». Berlino apre all’uso asset russi

La Germania apre all’uso degli asset russi congelati per finanziare il sostegno all’Ucraina. Una svolta che potrebbe cambiare i negoziati Ue sulla sicurezza europea

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«Tocca a noi procedere sul cammino della sovranità europea. Se facciamo davvero sul serio allora non possiamo lasciare la decisione ad altri, a potenze extraeuropee»: questa l’impegnativa affermazione con la quale il Cancelliere Friedrich Merz, in un articolo pubblicato sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha annunciato la decisione della Germania di sostenere la proposta della Commissione europea di usare il patrimonio degli assets russi depositati nelle banche europee per finanziare l’aiuto economico e militare all‘Ucraina.

Una decisione, quella del governo tedesco, che mette una forte ipoteca positiva sull’esito del prossimo vertice europeo, si terrà il 18-19 dicembre, destinato a segnare una pietra miliare non solo del destino dell’Ucraina ma anche del futuro stesso dell’Europa perché, sono sempre parole del Bundeskanzler «la questione dell’indipendenza europea si decide oggi, quando sono minacciati i nostri interessi di sicurezza».

Germania abbandona la cautela

Forse è ancora prematuro sostenere che la principale potenza europea, quella che in ultima istanza dovrebbe e potrebbe garantire ciò che in gergo finanziario si definisce la Bonitӓt di futuri eurobond, abbia deciso di fare il primo passo verso un impegno strutturale non episodico, «capace di trasformare il sostegno a Kyiv da risposta contingente a pilastro della sicurezza europea» (Nona Mikhelidze). Ma certo è impossibile sottovalutare la novità che il Cancelliere Merz ha voluto segnare in prima persona nella posizione su questo tema tradizionalmente molto guardinga della Germania.

Tanto più se si considera che a motivare tale svolta è indica la difesa di quella “sovranità europea” che era stata la ragione fondamentale del leggendario discorso alla Sorbonne tenuto da Macron nel 2017, dopo l’anno che aveva segnato la fine della ‘fine della storia’ con la Brexit e il primo mandato di Trump. Discorso quello del Presidente francese davvero premonitore della “solitudine d’Europa”, come ci era capitato di definirla, che invece, soprattutto in Germania, era stato accolto con molta freddezza se non addirittura con sospetto da chi si cullava nell’illusione che la vittoria di Trump e la frattura nell’alleanza transatlantica fossero solo un incidente di percorso e quella della pace un’età perpetua.

La via dei “volenterosi”

È ormai chiaro che l’intera architettura europea sia inadeguata rispetto ai compiti richiesti dall’attuale disordine mondiale e dalla fine di quell’era del multilateralismo di cui la costruzione della Unione europea era stata al tempo stesso risultato e motore. Inutile considerare la possibilità, data l’urgenza delle decisioni da prendere, di arrivare in tempi utili ad una revisione dei trattati per abolire il vincolo dell’unanimità sulla questione della politica di sicurezza.

Per cui è necessario imboccare senza esitazioni la via di una “unione dei volenterosi”, come ha indicato Mario Draghi, che lo stesso Merz ha in una intervista esplicitamente fatto sua: «il metodo dell’integrazione tra 27 Stati, almeno per ora, ha raggiunto il suo limite. Ora quello che invece più conta è la collaborazione dei governi. Per questo cerco la coesione con la Francia, con la Polonia, con l’Italia e con gli Stati Nord-europei» perché grazie a questo metodo si procede in avanti come ad esempio nella reazione europea alla guerra di aggressione russa all’Ucraina.

L’obiettivo, dunque, è arrivare a realizzare in un futuro prossimo per la sicurezza e l’impegno militare dell’Europa quello che si è fatto con l’euro: allora a dare la spinta decisiva a superare la riluttanza della Germania ad abbandonare la propria moneta nazionale, la deutsche Mark, venne dalla caduta del Muro di Berlino. Oggi è la minaccia russa di allargare la guerra dall’Ucraina al territorio del Vecchio Continente.

La corsa contro il tempo

Ma a differenza del 1992, quando venne firmato il Trattato di Maastricht e in Europa soffiava il vento dell’ottimismo e della speranza, oggi in Europa soffia il vento della paura e del risentimento che gonfia le vele dei populismi di destra e di sinistra che minacciano non solo la stabilità democratica ma anche in qualche caso l’esistenza stessa dei governi in molti paesi.

Si tratta di una vera e propria corsa contro il tempo per impedire ai ‘putiniani’ d’Europa di dettare l’agenda politica non solo in politica estera ma anche contro ogni iniziativa di riforma del Welfare e della politica ambientale. Questa minaccia vale anche per il governo tedesco che nonostante il generoso impegno a sostegno dell’Ucraina appare debole e, secondo alcuni, perfino in bilico. La Afd, un partito che a differenza da quanto da alcuni illusoriamente sperato, continua a crescere nei consensi proprio perché sempre più si radicalizza su posizioni di estrema destra e neonaziste, proietta la sua ombra minacciosa sulla della Germania.

E la Spd, il partito che con la Cdu/Csu forma il governo di grosse Koalition, è sempre più preda della propria confusione ideologica e di un vero e proprio sbandamento politico. Un mix, per usare la diagnosi stilata da Heinrich Winkler, il più noto storico tedesco vivente, lui stesso membro della Spd, fatto di «conservatorismo strutturale e opportunismo tattico».

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