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Tripoli contro le sue ombre: cosa c’è dietro l’arresto di Almasri

Dopo l’arresto dell’ex capo della Polizia Giudiziaria, il Governo di Unità Nazionale tenta di riaffermare il proprio potere in una Libia ancora divisa tra milizie, crisi economica e fragilità istituzionale

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A oltre tredici anni dalla caduta del regime di Muammar Gheddafi, la Libia rimane un Paese profondamente diviso e istituzionalmente fragile. Due poli di potere continuano a contendersi la legittimità politica: a Tripoli opera il Governo di Unità Nazionale (GUN), presieduto da Abdul Hamid Dbeiba e riconosciuto dalle Nazioni Unite; nell’est, invece, il Comando Generale dell’Esercito Nazionale Libico (ENL) guidato dal maresciallo Khalifa Haftar e la Camera dei Rappresentanti di Tobruk sostengono il Governo di Stabilità Nazionale (GSN) di Osama Hammad, non riconosciuto a livello internazionale ma ormai dotato di un’autonomia di fatto.

Questa duplice architettura politica ha consolidato la presenza di milizie autonome, che a Tripoli continuano a esercitare influenza accanto alle istituzioni statali. La Capitale è così divenuta un mosaico di zone d’influenza controllate da gruppi armati formalmente inquadrati nei ministeri del GUN, ma dotati di proprie catene di comando e interessi economici.

L’arresto di Almasri

In questo scenario di frammentazione, il Procuratore Generale libico, Al-Siddiq Al-Sour, ha annunciato ieri, 5 novembre 2025, l’arresto di Usama al-Maṣri Nagim, ex figura di vertice della milizia nota come “Radaa” (Forza Speciale di Deterrenza) e già comandante della Polizia Giudiziaria del GUN.

Almasri è destinatario di un mandato di cattura della Corte Penale Internazionale (CPI), emesso nel gennaio 2025, per omicidio, tortura, stupro e detenzione arbitraria di prigionieri tra il 2016 e il 2020 nel carcere di Mitiga, allora formalmente sotto la supervisione del Ministero dell’Interno ma di fatto gestito dalla Radaa.

Secondo le informazioni che circolano in Libia, l’inchiesta su Almasri sarebbe stata resa possibile solo dopo la revoca della sua immunità e avrebbe ricevuto il consenso implicito della stessa Radaa, intenzionata a dissociarsi dal caso per evitare di apparire come struttura coinvolta nelle sue responsabilità individuali. La posizione della Radaa rispecchierebbe la consapevolezza che ulteriori indagini potrebbero estendersi anche ad altri membri del dispositivo, da tempo accusati di violazioni sistemiche dei diritti umani avvenute nel penitenziario di Mitiga.

Secondo le informazioni che circolano in Libia, l’inchiesta su Almasri sarebbe stata resa possibile solo dopo la revoca della sua immunità e avrebbe ricevuto il consenso implicito della stessa Radaa, intenzionata a dissociarsi dal caso per evitare di apparire come struttura coinvolta nelle sue responsabilità individuali. La posizione della Radaa rispecchierebbe la consapevolezza che ulteriori indagini potrebbero estendersi anche ad altri membri del dispositivo, da tempo accusati di violazioni sistemiche dei diritti umani avvenute nel penitenziario di Mitiga.

La Procura ha precisato che nuove prove emerse durante l’estate avrebbero confermato la responsabilità di Almasri nella morte di un detenuto e negli abusi commessi su altri dieci. L’arresto giunge dopo mesi di tensione tra la magistratura e il GUN, che lo scorso luglio aveva rifiutato la consegna dell’imputato alla CPI, invocando l’assenza di documenti formali. La misura segna dunque un passaggio significativo nel tentativo di riaffermare l’autorità dello Stato sulle strutture di sicurezza, tradizionalmente condizionate da logiche miliziane e relazioni di potere personali.

Perché oggi: il nuovo equilibrio di Tripoli

La tempistica dell’arresto va letta alla luce del riassetto in corso a Tripoli. Il 12 maggio 2025, l’uccisione del potente comandante Abdel Ghani al-Kikli, detto Gheniwa, leader dell’Apparato di Supporto alla Stabilità (SSA), aveva provocato violenti scontri nella capitale, coinvolgendo la 444ª Brigata, la Forza Congiunta di Misurata e la stessa SSA.

La morte di Gheniwa – figura controversa, accusata di gravi violazioni dei diritti umani ma centrale nell’architettura di sicurezza del GUN – aveva evidenziato la fragilità del sistema di comando, con il rischio di un conflitto generalizzato tra le principali milizie di Tripoli.

In tale contesto, la Turchia, principale alleato del GUN, ha promosso a settembre un accordo di cessate il fuoco tra il governo e la Radaa (Forza Speciale di Deterrenza). L’intesa prevedeva la riconsegna dell’aeroporto e del carcere di Mitiga alle autorità statali e la rimozione di Almasri dalla carica di capo della Polizia Giudiziaria, condizione ritenuta essenziale per la stabilizzazione della capitale. Dopo settimane di tensioni sulla nomina del successore, il generale Abdul Fattah Daboub ha assunto formalmente l’incarico il 17 settembre.

Solo con l’attuazione dell’accordo e il progressivo ridispiegamento della Radaa da Mitiga, la Procura ha potuto procedere all’arresto di Almasri. La misura si inserisce quindi in una fase di parziale riassetto degli equilibri di sicurezza, che ha consentito all’autorità giudiziaria di operare in un contesto meno condizionato dalle tensioni tra milizie.

Tuttavia, l’arresto giunge anche in un momento di crescente instabilità economica e sociale in Tripolitania. Il sistema bancario libico attraversa una crisi analoga a quella del 2015-2016, caratterizzata da una forte carenza di liquidità sul mercato interno. La politica economica della Banca Centrale ha aggravato la situazione, determinando un differenziale di cambio sempre più marcato tra il valore ufficiale e quello reale della valuta.

Questa dinamica sta generando diffuse tensioni tra cittadini e istituzioni finanziarie, mentre la fiducia verso il Governo di Unità Nazionale si indebolisce. Sulla base di elementi informativi acquisiti in area, numerosi funzionari risulterebbero sotto indagine da parte della Procura Generale di Tripoli per presunti episodi di corruzione e gestione irregolare dei fondi pubblici.

In tale quadro, l’arresto di Osama Najim al-Masri assume anche un significato politico immediato: il Governo, indebolito dalla crisi economica e dalle accuse di inefficienza, mira a dimostrare la propria capacità di imporre l’ordine e di mantenere il controllo sulle forze di sicurezza, distogliendo al contempo l’attenzione pubblica dal deterioramento delle condizioni finanziarie e istituzionali del Paese.

Significato politico e prospettive

L’arresto di Almasri rappresenta più di un atto giudiziario: costituisce un segnale politico, volto a mostrare alla comunità internazionale la volontà della Libia di ricostruire il principio di legalità all’interno di istituzioni ancora fragili. La Procura Generale, guidata da Al-Siddiq Al-Sour, ha infatti intensificato negli ultimi mesi le indagini contro esponenti del Governo di Unità Nazionale, tra cui il ministro ad interim dell’Istruzione, Ali Al-Abed, accusato di negligenza e abuso di procedure.

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Queste iniziative mirano a rafforzare l’indipendenza della magistratura e a ridurre l’influenza delle milizie sulle strutture statali. Tuttavia, il contesto economico e finanziario in cui si inseriscono rende l’operazione particolarmente delicata. La crisi di liquidità, la svalutazione del dinaro e le difficoltà del sistema bancario stanno generando crescente malcontento sociale, mentre il Governo di Abdul Hamid Dbeiba appare sempre più esposto alle critiche interne e alla perdita di consenso.

L’arresto di Almasri risulterebbe funzionale anche a riaffermare la capacità dello Stato di agire in modo deciso, in un momento in cui l’Autorità esecutiva tenta di riacquistare credibilità e di distogliere l’attenzione dal deterioramento della situazione economica. Il messaggio, destinato tanto alla popolazione quanto agli osservatori internazionali, è quello di un governo ancora in grado di esercitare il controllo e di far rispettare le decisioni giudiziarie, nonostante le pressioni e i limiti strutturali del sistema libico.

Resta tuttavia incerta la capacità del GUN di mantenere un equilibrio stabile tra la necessità di rispondere alle richieste della Corte Penale Internazionale e quella di preservare il fragile consenso interno, fondato su compromessi con gli apparati di sicurezza e con le principali milizie. Per il momento, Tripoli appare relativamente stabile, ma l’arresto di Almasri potrebbe riattivare tensioni latenti tra fazioni rivali e generare ripercussioni nel delicato equilibrio tra potere civile e potere armato.

Più che una conclusione, la vicenda segna l’avvio di una nuova fase: la Libia tenta, faticosamente, di riaffermare lo Stato di diritto in un contesto di instabilità politica, crisi economica e persistente frammentazione del potere.

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