Oggi il voto per eleggere il futuro primo cittadino di New York. Mamdani è in vantaggio ma crea malumori tra i democratici
Oggi, martedì 4 novembre, i cittadini di New York eleggono il nuovo sindaco della metropoli, anche se alcuni hanno già espresso il loro voto anticipato tramite il servizio di early voting.
Il risultato sembra già scritto: il favoritissimo è Zohran Mamdani, 34 anni, democratico e socialista, musulmano, nato in Uganda da genitori indiani. Un mix etnico-culturale che non stupisce nel melting pot della Grande Mela, ma che fa tremare le fondamenta della politica americana, specie a sinistra.
L’ascesa fulminea di Mamdani rafforza infatti la sensazione che la politica statunitense stia diventando sempre più polarizzata sul piano ideologico. Vista l’inettitudine dei democratici, sconfitti nella campagna presidenziale del 2024 e attoniti di fronte alle mattane di Donald Trump, Mamdani potrebbe ritagliarsi un ruolo di portavoce dell’opposizione nazionale al presidente Maga.
Le promesse di Mamdani
Il deputato musulmano e socialista ha promesso di tutto: abbassare il costo della vita in città, tasse sui ricchi, congelamento degli affitti, autobus e asili nido gratuiti, aumento del salario minimo orario a 30 dollari e, perfino, la municipalizzazione dei supermercati. Per realizzare questo programma l’aspirante primo cittadino propone di aumentare le imposte dell’1% dei newyorkesi più ricchi, generando 4 miliardi di dollari di entrate fiscali. E con l’aumento dell’aliquota alle aziende all’11,5%, spera di generare circa 5 miliardi di dollari all’anno.
Gli endorsement per Mamdani
Proposte in odore di populismo che fanno palpitare i cuori dei progressisti americani – Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez sono tra i principali sponsor di Mamdani – e perfino quelli delle sinistre estreme europee. Per esempio, Manon Aubry, co-presidente francese del gruppo Left al Parlamento europeo, che riunisce populisti di sinistra e comunisti europei, ha preso parte direttamente alla sua campagna recandosi a New York.
La France insoumise, il partito di Aubry, vede in Mamdani un esempio di “cambiamento radicale” e spera di emularlo alle elezioni municipali francesi del 2026. L’ascesa di Mamdani apre un confronto fratricida all’interno dei democratici americani, ancora intenti a leccarsi le ferite dopo la sconfitta del 2024 e in cerca di una bussola per fronteggiare Trump.
Il futuro di Cuomo
L’ex governatore dello stato di New York, Andrew Cuomo, 67 anni, dimessosi dall’incarico nel 2021 dopo le accuse, sempre negate, di molestie sessuali e cattiva condotta, è stato sconfitto malamente alle primarie democratiche da Mamdani. Ciò nonostante si presenta da indipendente, puntando alla sicurezza pubblica con la promessa di assumere più agenti di polizia.
I giovani elettori sostengono in modo schiacciante Mamdani, mentre Cuomo ha ottenuto buoni risultati tra gli elettori ebrei e i repubblicani. Per età, curriculum, elettorato di riferimento e posizionamento ideologico, Cuomo rappresenta in questo momento quella parte centrista del Partito Democratico americano che a New York appare in evidente affanno. Tanto che nei giorni scorsi l’ex presidente Barack Obama ha espresso manifestamente il suo endorsement per il candidato socialista e musulmano.

Socialista e Pro Pal
La contrapposizione tra “centristi” e “socialisti” è profonda sul piano economico. Per i primi vale ancora la trickle-down economics, l’economia dello “sgocciolamento”. Per redistribuire la ricchezza bisogna prima crearla: solo così può “sgocciolare” verso chi ha di meno.
Per i secondi, per ridurre la miseria dei poveri bisogna tassare i ricchi e aumentare i programmi di assistenza e di economia pubblica, proprio come suggerisce il giovane candidato dem. A questa differenza si aggiunge ora un elemento geopolitico cruciale: Mamdani è schierato esplicitamente per la causa palestinese e accusa Israele di «guerra genocidaria» e «apartheid». Al punto di provocare la reazione irritata del ministro degli esteri di Israele: «Mamdani ha scelto di fare da portavoce alla propaganda di Hamas, diffondendo la sua falsa campagna di genocidio. Ripetendo le bugie di Hamas, giustifica il terrore e normalizza l’antisemitismo”, ha scritto su X Gideon Saar.
I malumori tra i dem
Il mix di populismo sociale e simpatie Pro Pal spaventa buona parte del Partito Democratico: alle elezioni di midterm del 2026 questi candidati massimalisti potrebbero allontanare l’elettorato intermedio. «L’autoproclamato comunista di New York, Zohran Mamdani, candidato a sindaco, si rivelerà una delle cose migliori che siano mai accadute al nostro grande Partito repubblicano», ha gongolato non a caso Trump sul suo social. Abigail Spanberger, 46anni, ex agente della CIA, candidata dem centrista, favorita per lo scranno di governatore della Virginia, al voto oggi, è tra i più scettici sulle promesse populiste del suo compagno di partito.
Per Spanberger c’è un livello di disonestà in alcune delle grandi promesse fatte da Mamdani che, a lungo termine, potrebbe danneggiare i democratici e gli elettori: «La proposta dei supermercati gestiti dall’amministrazione non potrei mai approvarla. La gente vuole che siamo ambiziosi e sogniamo in grande. E non vuole che mentiamo loro», ha detto in un’intervista alla Cnn. Oltre la competizione per la Grande Mela, non necessariamente quella decisiva, la partita interna ai dem resta aperta.










