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Louvre, così la super banca dei Dna ha inchiodato i ladri di gioielli

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La polizia francese ha identificato i ladri del colpo al Louvre grazie al Dna. Il maxi archivio genetico di Parigi contiene milioni di profili e risolve anche i cold case


È bastata meno di una settimana alla polizia francese per rintracciare due dei sospettati del furto al Louvre, dove lo scorso mese sono stati rubati otto gioielli storici appartenenti alla corona di Francia, per un valore stimato di 100 milioni di dollari. Un terzo complice è stato individuato pochi giorni dopo.

Decisivo è stato il Dna, trovato su una finestra, su uno degli scooter usati per la fuga e sul cestello del camion con scala meccanica che ha permesso ai ladri di accedere al balcone del museo. Tutti e tre i fermati erano già noti alle forze dell’ordine e avevano il profilo genetico registrato per precedenti reati di furto.

Le prove lasciate e il ruolo del Dna

Nella fuga, i rapinatori hanno commesso errori fatali: hanno lasciato dietro di sé un guanto, una corona caduta e il camion che avevano tentato inutilmente di incendiare. Gli investigatori hanno raccolto 150 campioni forensi collegati al furto, incrociandoli con la banca dati nazionale del Dna, che ha permesso di risalire rapidamente ai responsabili. Secondo l’avvocato penalista Gaëtan Poitevin, esperto del sistema francese intervistato dal New York Times, «senza la corrispondenza genetica non li avremmo mai trovati».

Cos’è la banca dati genetica francese

Il File National Automatisé des Empreintes Génétiques, creato nel 1998, contiene oggi oltre 4,4 milioni di profili. I campioni vengono raccolti da persone sospettate o condannate per reati, ma anche da vittime di disastri naturali. I laboratori pubblici e privati accreditati analizzano tracce di saliva, sudore, capelli, pelle, sangue o sperma, confrontandole in poche ore con i dati dell’archivio nazionale.

Il sistema è nato dopo l’arresto del serial killer Guy Georges, che negli anni ’90 uccise sette donne a Parigi. La sua cattura dimostrò la necessità di un archivio centralizzato: prima di allora, il Dna raccolto nei vari casi non poteva essere confrontato.

Il modello francese è simile al CODIS statunitense, che raccoglie quasi 25 milioni di profili Dna.
Negli Usa, tuttavia, le autorità possono anche accedere a banche dati genealogiche private come GEDmatch o FamilyTreeDNA, utilizzate da milioni di persone comuni per scoprire le proprie origini familiari.
Queste piattaforme forniscono alle forze dell’ordine corrispondenze parziali, che vengono poi affinate con altri metodi investigativi.

In origine la banca dati includeva solo i condannati per reati sessuali, ma in pochi anni si è estesa a reati di ogni tipo: omicidi, traffico di droga, terrorismo, furti, danneggiamenti. Oggi è quasi impossibile ottenere la cancellazione del proprio profilo genetico, e chi rifiuta di fornire un campione rischia fino a un anno di carcere e 15.000 euro di multa. Dal 2018 al 2022, circa 680 persone l’anno sono state condannate per essersi rifiutate di dare il proprio Dna.

La Francia può incrociare i propri dati con oltre 30 banche genetiche europee e anche con archivi esterni, compreso quello degli Stati Uniti, ampliando così la portata delle indagini internazionali.

Risolvere i “cold case”

Il database è diventato uno strumento essenziale anche per riaprire casi irrisolti. Nel 2020, il Dna di un uomo arrestato per abusi sessuali ha permesso di risolvere un tentato stupro del 1999 rimasto senza colpevoli per oltre vent’anni. In un altro caso, la somiglianza genetica tra un sospetto e suo padre ha portato gli inquirenti a identificare l’autore di un omicidio rimasto impunito da nove anni. Queste ricerche familiari, spiegano gli esperti, vengono usate solo per reati gravi come omicidi o violenze sessuali, perché richiedono tempo e risorse notevoli.

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