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La Guerra Fredda di Trump: «Pronti a test nucleari come Mosca e Pechino»

Il presidente annuncia di voler ricominciare con i test delle armi nucleari per tentare di rimanere al passo con il Cremlino, ormai da anni alle prese con lo sviluppo di nuove “super-armi”

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Gli Stati Uniti inizieranno a testare nuovamente le armi nucleari «su base di parità» rispetto ai programmi di test nucleari di altre nazioni, e in particolare quelli di Russia e Cina. Ad annunciarlo ieri è stato il presidente Donald Trump, il quale ha sottolineato sui social che «gli Stati Uniti possiedono più armi nucleari di qualsiasi altro Paese» e che «questo obiettivo è stato raggiunto, incluso un completo ammodernamento e rinnovamento delle armi esistenti, durante il mio primo mandato». Ma come spesso accade nel caso delle dichiarazioni del presidente, anche in questo caso quanto affermato non è propriamente vero.

Stati Uniti secondi in numero di testate

Ad oggi, infatti, gli Stati Uniti risultano secondi per numero di testate, con 3.700 testate a disposizione, di cui solo 1.670 schierate. Davanti a Washington c’è la Russia, che vanta complessivamente 4.309 testate nucleari di vario tipo, di cui 1.718 schierate e 2.591 in riserva, e molto dietro Pechino, che mantiene una forza di deterrenza incentrata attorno a “solo” 600 testate. E anche nel merito della prontezza e del livello di sofisticatezza degli armamenti in questione gli Stati Uniti, che operano ancora il vecchio ICBM (missile intercontinentale balistico) Minuteman III, risultano non propriamente all’avanguardia.

Nonostante i programmi di “ammodernamento” avviati durante il primo mandato di Trump, in sostanza, il nerbo della forza di deterrenza stanziata a terra degli Stati Uniti restano dei vettori entrati in servizio nel 1970 e decisamente meno avanzati rispetto a quelli dei principali avversari strategici di Washington. Ma a ben vedere, è forse proprio questo stato di cose ad aver spinto Trump, reduce da un incontro molto atteso con Xi Jinping, ad annunciare nuovi test nucleari americani: la relativa vulnerabilità e debolezza degli States in quel settore specifico. Più che riferirsi ai cinesi, che da sempre considerano le armi nucleari come un semplice deterrente meramente difensivo, le parole del tycoon sembrerebbero indirizzate all’altro pericoloso rivale strategico, ovvero i russi. Negli ultimi tempi, infatti, quella che è in questo frangente la principale forza atomica del pianeta, ovvero la Russia, non ha fatto che annunciare nuove e sempre più temibili armi nucleari.

Le nuove “super-armi” di Mosca

È di questa settimana, in tal senso, l’annuncio da parte di Mosca del successo nei test del Poseidon, solo l’ultimo esemplare di una serie di Wunderwaffen, o forse è meglio dire Superoruzhie, “super armi”, annunciate da Vladimir Putin nel 2018 e sviluppate dalla Federazione in circa un decennio. In questa lista di “armi apocalittiche” troviamo vari nuovi sistemi d’arma, molti dei quali ancora in fase di test e/o sviluppo, pensati per potenziare terribilmente la capacità di attacco nucleare e convenzionale di Mosca.

In tutto, le Superoruzhie sono sei, e vanno da mezzi navali a missili balistici e da crociera. In ambito navale troviamo il già citato 2M39 Poseidon, un siluro/drone a propulsione nucleare lungo circa 20 metri e con una velocità dichiarata di almeno 100 nodi, capace di trasportare testate in grado di generare una potenza esplosiva pari a 2000 chilotoni (130 volte quella di “Little Boy”, la bomba usata su Hiroshima), il 3M22 Tsirkon, un missile da crociera ipersonico anti-nave, operabile sia da basi a terra sia da unità navali, tanto di superficie quanto sottomarine. In ambito strategico, poi, la Russia ha sviluppato negli ultimi anni l’RS-28 Sarmat, un ICBM “super-pesante”, armato con 15-16 testate nucleari leggere Mirv (multiple independently targetable reentry vehicle), con 3 mezzi Avangard o con una combinazione di queste e varie contromisure atte a prevenirne l’intercettazione.

Avangard, Khinzhal e Burevestnik

L’Avangard, invece, è un veicolo di rientro ipersonico in grado di trasportare testate multiple e di viaggiare a velocità fino a venti volte superiori a quella del suono. È trasportato, in caso, anche dal Sarmat e può dislocare varie testate nucleari, generando una potenza distruttiva che, secondo alcune stime, andrebbe dai 150 ai circa 2000 chilotoni (da 10 a 130 “Little Boy”). Nel campo dell’air-to-ground, poi, il Cremlino ha sviluppato il Kh-47M2 Kinzhal, missile balistico aria-terra capace di impiegate sia testate esplosive convenzionali sia testate nucleari a bassa resa, che può essere lanciato sia dai bombardieri Tu-22M3, che dagli intercettori MiG-31K e dai caccia-bombardieri Su34.

L’ultima delle Superoruzhie è infine il 9M730 Burevestnik, un missile da crociera a bassa quota, a propulsione nucleare e con armamento nucleare, testato apparentemente con successo il 21 ottobre scorso. Nel complesso, dunque, nell’ultimo decennio le forze nucleari e strategiche russe hanno fatto passi importando, arrivando a sviluppare sistemi d’arma potenzialmente all’avanguardia, anche se sulle effettive capacità di tutte le Superoruzhie persistono notevoli dubbi visti alcuni test recentemente falliti e la ben nota tendenza russa a esagerare le specifiche, e soprattutto l’affidabilità, dei propri strumenti bellici.

I vecchi sistemi Usa

Gli Stati Uniti, come detto, sono invece ancora costretti a impiegare vecchi sistemi come il Minuteman III, ormai vecchio di più di cinquant’anni, anche ammodernato, in attesa del futuro arrivo del nuovo ICBM LGM-35 Sentinel, la cui entrata in servizio è continuamente ritardata e non avverrà prevedibilmente prima del 2029/2030. Proprio in questo scenario, dunque, s’inserisce la dichiarazione di Trump, volta forse a dare una nuova spinta al programma nucleare militare americano alla luce degli avanzamenti conseguiti dai principali rivali di Washington, che rischiano, almeno nel caso di Mosca, di sopravanzare nettamente gli Stati Uniti in termini tanto qualitativi quanto quantitativi. Un pericolo che il tycoon, per quanto possibile, sembra intenzionato a scongiurare iniettando nuova linfa vitale nell’ormai decrepito programma nucleare statunitense.

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