Il padre Pál Eróss fu giudice televisivo; un prozio, Ferenc Mádl, presidente dell’Ungheria: il ritratto dell’ex avvocato, leader di Tisza, che si propone come alternativa alla guida del Paese
Nato a Budapest nel 1981, Péter Magyar rappresenta oggi il principale profilo dell’opposizione istituzionale in Ungheria. Ex membro del partito al governo Fidesz, avvocato di formazione, nel 2024 è diventato presidente del partito Tisztelet és Szabadság (Tisza) e deputato al Parlamento Europeo. La sua transizione da insider del potere a critico del governo del primo ministro Viktor Orbán è al centro del suo ritratto politico. Magyar proviene da una famiglia con radici nella magistratura e nella politica ungherese: suo nonno Pál Eróss fu giudice televisivo; un prozio, Ferenc Mádl, è stato presidente dell’Ungheria.
Gli studi e la professione di Magyar
Dopo gli studi in legge presso l’Università Cattolica Pázmány Péter (e una tappa Erasmus alla Humboldt Universität), Magyar intraprende la carriera forense e amministrativa: nel 2003 giudice tirocinante, avvocato dal 2006, poi una successione di incarichi nell’apparato statale dopo che Fidesz aveva vinto nel 2010 le elezioni parlamentari. Nel 2018 assume la guida della Direzione legale Ue della banca statale Mbh, e segue la direzione del Centro per i prestiti studenteschi tra il 2019 e il 2022. Per diversi anni Magyar ha fatto parte dell’apparato Fidesz: non soltanto come funzionario statale, ma come insider dotato di accesso agli organi statali e alle conduzioni interne.
L’allontanamento da Fidesz
Tuttavia, nel febbraio 2024, la sua uscita pubblica dopo uno scandalo di grazia presidenziale segna la rottura. In quell’occasione Magyar aveva denunciato che la nozione di «Ungheria nazionale, sovrana e borghese» – concetto caro al governo Orbán – fosse in realtà un prodotto politico volto a nascondere «enormi corruzioni e trasferimenti di ricchezza verso coloro con i giusti collegamenti». La decisione di dimettersi da tutti gli incarichi statali e politici ha segnato la fine del suo legame operativo con il partito di governo.
Le vicende giudiziarie
Parallelamente, si è trovato coinvolto, insieme all’ex moglie Judit Varga, in un contesto giudiziario. Ha testimoniato in un’inchiesta sul caso di corruzione che coinvolgeva il presidente degli ufficiali giudiziari e un ex segretario di Stato alla Giustizia, dichiarando di possedere prove audio che avrebbero rivelato tentativi di occultamento di documenti compromettenti da parte di esponenti governativi. La decisione di divulgare parte di quel materiale ha generato forti reazioni.
Nei giorni successivi, l’ex moglie aveva reso pubbliche accuse di abusi domestici, sostenendo di aver subito comportamenti violenti e coercitivi durante il matrimonio. Magyar ha sempre respinto le accuse, definendole una campagna orchestrata dal governo per screditarlo politicamente.
Il 15 marzo dello scorso anno Magyar ha annunciato la volontà di creare una nuova piattaforma politica rivolta a quei cittadini insoddisfatti tanto del governo quanto dell’opposizione tradizionale. Attraverso la trasformazione del piccolo partito Tisza (Rispetto e Libertà) in strumento politico nazionale, ha assunto la presidenza dello stesso e, nelle elezioni europee del 2024, la formazione ha ottenuto un risultato rilevante: circa il 30% dei voti, secondo alcune fonti, pari al miglior risultato per una forza non-Fidesz dal 2006.
Il profilo politico
La sua strategia è stata quella di proporsi come figura che conosceva dall’interno il meccanismo di potere dell’attuale sistema, e che ora lo criticava dal di fuori. Si identifica come liberale, conservatore, pro-europeo e critico. Due sono i capisaldi del suo discorso pubblico: la lotta alla corruzione e al sistema che avrebbe arricchito poche famiglie grazie al potere politico e il ristabilimento di rapporti affidabili con l’Unione europea e la Nato, con un approccio più pragmatico ma meno dipendente dalla Russia e dalla Cina. Tuttavia, non mancano le tensioni: il governo ha promosso nuovi disegni di legge che, secondo lui, mirerebbero direttamente alla sua esclusione dalla competizione elettorale. Ad esempio un progetto di legge che prevederebbe la revoca del mandato degli eurodeputati nazionali che non rispettano obblighi di trasparenza finanziaria.
La sfida futura
Secondo vari sondaggi, il suo partito avrebbe superato Fidesz nelle intenzioni di voto. Ciò nondimeno, la strada appare impervia: vincere non significa soltanto conquistare il consenso elettorale, ma governare un Paese in cui la distribuzione del potere economico, l’influenza mediatica e le relazioni internazionali sono profondamente mutate nei quindici anni di governo Orbán.
In questo contesto, qualora dovesse vincere, Magyar dovrà non solo mantenere la mobilitazione, ma dimostrare la capacità di trasformare un movimento d’opposizione in un’alternativa di governo credibile. Dovrà dettagliare le sue soluzioni per economia, istruzione, sanità, per rendersi convincente su tutti i fronti, e non soltanto come voce di protesta. In parallelo, dovrà affrontare le contese giudiziarie, le leggi ad hoc che lo riguardano e la percezione pubblica che lo posiziona come «ex insider che ora critica». Questo doppio profilo può essere un punto di forza (conoscenza del sistema) ma anche di debolezza (traditore per alcuni dell’ambito Fidesz). Infine, l’interfaccia con Bruxelles, la gestione delle relazioni esterne e la definizione del rapporto con la Russia saranno elementi cruciali nel definire la sua credibilità internazionale.









