Tomahawk o non Tomahawk, questo è il dilemma. Anche ieri, nel giorno del compleanno del Presidente russo Vladimir Putin, i noti missili da crociera di produzione americana sono stati al centro dell’attenzione internazionale. Nella notte fra lunedì e martedì il Presidente americano Donald Trump è tornato ancora una volta a ventilare la fornitura di questo sistema d’arma all’Ucraina, affermando: «Ho quasi preso una decisione, ma voglio capire come e dove verrebbero utilizzati».
Non è stato chiarito quale variante dei missili verrebbe inviata, se si trattasse delle varianti Block IV o Block V, la gittata utile sarebbe rispettivamente di 1500 e 2500 chilometri, mettendo quindi tutti le basi aeree e militari, oltre alla capitale Mosca, sotto tiro ucraino. Anche per questo, il Presidente americano ha precisato: «Dove li manderanno? Immagino che dovrei porre questa domanda. Non sto cercando di provocare un’escalation in quella guerra».
Da Mosca, qualche ora dopo, è arrivato la piccata risposta dell’ex Presidente russo (ora vicepresidente del Consiglio di Sicurezza nazionale) Dmitri Medvedev, il quale ha affermato sui social che «Trump ha deciso di seguire le orme di Biden verso il Nobel per la pace. Alla domanda sulla fornitura di missili Tomahawk ai criminali di Bandera [gli ucraini, ndr], ha letteralmente sbottato: ‘Ho deciso di fornirli, ma prima voglio sapere cosa ne faranno’. Beh, è ovvio: li useranno per colpire Parigi, Berlino, Varsavia. Anche al presidente degli Stati Uniti dovrebbe essere chiaro».
Più istituzionale il portavoce del Presidente russo, Dmitri Peskov, secondo Il quale «occorre aspettare dichiarazioni più chiare», ciononostante, «per quanto riguarda la fornitura di armi, prima esse avvengono, solo dopo sono annunciate, è sempre stato così sotto l’amministrazione Biden». Per Mosca tali forniture «rappresenterebbero una pericolosa escalation», non soltanto perché sarebbe necessario l’impiego attivo di soldati americani per il lancio e la guida satellitare dei missili (è il motivo per cui la Germania rifiuta di mandare i suoi missili Taurus), ma anche perché «questi sistemi d’arma sono in grado di trasportare armi nucleari».
Prosegue la “guerra dell’energia”
Immancabile, infine, il mantra ripetuto da Mosca alla consegna di ogni nuova wunderwaffe (arma miracolosa) all’esercito ucraino: «Tale fornitura non sarà in grado di cambiare la situazione sul campo di battaglia per il regime di Kiev». E proprio sul campo di battaglia, intanto, sembra guadagnare d’intensità la “guerra dell’energia”. Ieri, secondo l’agenzia statale russa per l’energia atomica, un drone ucraino è stato «neutralizzato a mezzo di guerra elettronica» ed è esploso dopo essersi schiantato contro una torre di raffreddamento dell’impianto nucleare di Novovoronezh, non ci sono stati danni né feriti, ma l’esplosione ha lasciato un segno scuro sulla torre di raffreddamento», ha affermato la società.
L’intensità degli attacchi alle rispettive infrastrutture energetiche si è intensificato nelle ultime settimane, con l’Ucraina che ha colpito ripetutamente le sottostazioni elettriche nella regione russa di confine di Belgorod. Mosca ha agito con ancor più forza, complice la superiorità in termini di armi missilistiche e nel numero di droni kamikaze a testata pesante. Secondo il vice primo ministro Oleksiy Kuleba, il disegno di Mosca è chiaro: «La Russia sta cercando di trasformare il freddo e l’oscurità in un’arma».
Negli ultimi giorni gli attacchi su vasta scala hanno colpito le stazioni di stoccaggio del gas e le sottostazioni elettriche nelle regioni di Leo poli, Ivano-Frankivsk, Sumy, Chernigov e Kharkov. L’inverno incombe, e con esso la “guerra dell’energia” guadagnerà d’intensità.