Home / Mondo / «I discendenti di Abramo vivano in armonia», la lezione dell’Indonesia all’Onu

«I discendenti di Abramo vivano in armonia», la lezione dell’Indonesia all’Onu

di

In una stagione segnata dalla vorticosa e febbrile radicalizzazione del pensiero, vale prendersi qualche minuto per riascoltare la lezione di razionalità che il presidente indonesiano Prabowo Subianto ha dato martedì scorso a tutto il mondo dal suo seggio all’assemblea generale della Nazioni Unite. Un discorso nascosto dalle picconate di Donald Trump all’Onu e all’Europa dal pulpito del Palazzo di vetro e, sulla stampa italiana, dalle polemiche surreali (e provinciali) sulla Global Sumud Flotilla. Subianto, leader del paese musulmano più popoloso del mondo e, con i suoi 285 milioni di abitanti, quarto in assoluto dopo India, Cina e Usa, ha regalato un messaggio di saggezza e determinazione che, nella notte di un ordine internazionale sempre più instabile, appare come un lampo di reviviscenza della democrazia liberale. «Vorrei ribadire ancora una volta il pieno sostegno dell’Indonesia alla soluzione dei due stati in Palestina», ha affermato il presidente dell’Indonesia. Ma ha aggiunto: «Dobbiamo avere una Palestina indipendente, ma dobbiamo anche riconoscere, rispettare e garantire la sicurezza di Israele. Solo allora potremo avere una vera pace, senza più odio e senza più sospetti».

Parole che, dette oltretutto dal leader di un paese musulmano, suonano come una imprevedibile lezione di moralità e di pragmatismo. Qualcosa che la sinistra europea ha sacrificato sull’altare dell’ideologia, sempre più vittima di una deriva islamista avviata da tempo in Francia con l’islamogauchisme incarnato da Jean-Luc Mélenchon ma che prolifera nelle sinistre britannica, spagnola e italiana. Sempre più accomunate dall’antisionismo, l’idea che il processo di costruzione dello stato ebraico, frutto misconosciuto di uno straordinario movimento di ispirazione socialista e comunitario, ma respinto per via dell’alleanza con il nemico “amerikano”, sia piuttosto una forma di oppressione e di colonialismo dell’occidente nei confronti delle popolazioni arabe.

LEGGI: Meloni all’Onu: “Israele ha superato il limite. Sì alle sanzioni e ai due Stati”

È il rigurgito settario del “campismo”: la convinzione, radicata nella Guerra Fredda, che il “campo” geopolitico non occidentale sia automaticamente progressista. È il movimento per cui, nel Regno Unito, una certa sinistra laburista radicale ha ripetutamente approvato il regime – quello sì, genocida – di Bashar al-Assad in Siria e il gruppo paramilitare islamista libanese suo alleato, Hezbollah. Lo stesso che, negli Stati Uniti, ottenebrato dall’ascesa del modello cinese del capitalismo di stato, ha approvato il genocidio culturale della Cina contro il popolo uiguro come una politica di progressiva “deradicalizzazione” e integrazione. Lo stesso che, in Europa e in Italia, talvolta in maniera esplicita, altre in maniera strisciante o criptica, riconosce nella violenza jihadista e antisemita di Hamas un’azione di legittima resistenza all’oppressore occidentale imperialista. Da qui la pretesa del riconoscimento dello stato di Palestina senza se e senza ma, a prescindere dalla liberazione degli ostaggi israeliani e dallo smantellamento dell’organizzazione terroristica islamista che tiene in cattività l’intera popolazione palestinese.

È l’estrema deriva del ragionamento che fonda il ‘campismo’: il nemico (Hamas) del mio nemico (Usa e Israele) è mio amico, anche a costo di mettere al rogo i diritti conquistati dalle civiltà liberali (compresi quelli delle donne e della comunità Lgbtq+). Viceversa, spiega Prabowo Subianto, «due discendenti di Abramo devono vivere in riconciliazione, pace e armonia. Arabi, ebrei, musulmani, cristiani, indù, buddisti, tutte le religioni, dobbiamo vivere come un’unica famiglia umana». Serve una pace che dimostri che «la forza non può fare il diritto»: eccolo, un leader musulmano che esalta ancora i principi liberali. Il presidente indonesiano assicura che «l’Indonesia si impegna a contribuire alla realizzazione di questa visione. È un sogno? Forse. Ma questo è il meraviglioso sogno per cui dobbiamo lavorare insieme». Ma nella razionalità liberale, i sogni non sono incubi totalitari: si realizzano, secondo necessità, nella mediazione dei contesti concreti. Insieme ai rappresentanti di Egitto, Giordania, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Turchia, Prabowo Subianto ha partecipato a New York a un incontro multilaterale su Gaza convocato da Donald Trump. Obiettivo: investire i paesi musulmani della responsabilità di governare la crisi e il territorio palestinese.

LEGGI: Assemblea Onu divisa, Palestina centro del mondo. Trump contro la Ue

Non sappiamo se ce la faranno, ma alcuni dei partecipanti hanno riportato sensazioni molto positive dall’incontro. «Crediamo nell’Onu. Continueremo a servire dove la pace ha bisogno di guardiani, non solo a parole, ma con i piedi per terra», ha chiarito Subianto all’assemblea generale. Ma stare “con i piedi per terra” a Gaza significa assumersi oneri gravosi, che spesso le opinioni pubbliche nazionali non riescono ad accettare subito ma che una leadership politica laica e non populista deve essere in grado di spiegare. «Se e quando il consiglio di sicurezza dell’Onu e questa grande assemblea decideranno, l’Indonesia è pronta a schierare 20 mila o anche più dei nostri figli e figlie per contribuire a garantire la pace a Gaza», garantisce Subianto. Togliere le armi ad Hamas. Controllare il territorio di Gaza grazie agli eserciti dei paesi musulmani, con l’avallo degli Usa e la collaborazione di Israele. Riaffermare la logica delle democrazie liberali e dell’ordine internazionale, esercitando il coraggio dell’uso della forza. La strada per lo stato di Palestina passa da qui.

Tag:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *