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Stirpe: “Putin bluffa, ma per la pace è necessario il riarmo”

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«Quello dei russi in Polonia è stato un test delle difese della Nato. Per evitare conseguenze gravi i droni volavano senza testate esplosive. Solo uno sconfinamento dunque, fosse stato un attacco si sarebbe potuto invocare l’articolo 5». A parlare è Orio Giorgio Stirpe, colonnello della riserva dell’esercito italiano in congedo e analista militare nonché autore del libro “Gli errori di Putin” edito nel 2023 dall’editore Mimesis.

Perché il Cremlino ha condotto questa azione?

«Per capire quali sistemi d’arma impiega la Nato e applicare contromisure elettroniche. C’è pure uno scopo strategico: spaventare l’opinione pubblica europea e spingerla a premere sui governi affinché assumano una posizione neutrale».

In Italia finora ci sono riusciti molto bene.

«È così. E in Francia peggio che da noi. Gli italiani sono i più contrari agli aiuti all’Ucraina, ma il governo resta stabile. Negli altri paesi europei non è così. In Scandinavia Putin è considerato un nemico».

Perché la provocazione è scattata proprio adesso?

«Il regime russo vuole sfruttare il fattore Trump finché dura. Nella divergenza tra Usa ed Europa vede un’opportunità. Anche la debolezza della Nato, mai così evidente dagli anni ’50, aiuta. Ma Trump appare sempre più disilluso: è molto probabile che per Mosca la finestra di opportunità possa chiudersi. E Putin è un giocatore di poker: se non ha in mano carte vincenti rilancia bluffando».

Davvero Putin non ha carte vincenti?

«No. Non ha ottenuto la vittoria militare in Ucraina, quindi gli resta la guerra ibrida: far credere che la vittoria della Russia sia ineluttabile. Mosca ha sempre meno mezzi e meno soldi, i soldati russi sono peggio addestrati e peggio comandati di quelli ucraini. La Russia non è in grado di abbattere il governo di Kyiv e conquistare il Donbass. L’unica possibilità di vincere è ridurre il sostegno europeo all’Ucraina: ecco perché serve agire sull’opinione pubblica europea. I media italiani sono molto influenzati dalla guerra ibrida russa».

Ma la reazione della Nato è sembrata perfino sproporzionata… Bisogna ricalibrare gli strumenti?

«Assolutamente sì. L’Europa non ha sistemi di difesa leggeri. Quelli rimasti li abbiamo regalati all’Ucraina. Kyiv è più capace di difendersi dai droni grazie ai Gepard tedeschi, cingolati che montano un sistema contraereo leggero servito da radar. Gli F16 utilizzati sono efficaci, ma non sono efficienti: costano troppo rispetto a quel che serve. Nei progetti di riarmo europeo si studiano sistemi di guerra elettronica per confondere i droni e raggi laser per bruciarli».

La risposta della Nato è stata praticamente automatica.

«Gli F35 olandesi e l’aereo italiano G550 si sono attivati perché già integrati nel sistema di controllo. Il comandante italiano non ha chiesto il permesso a Roma, ha subito eseguito l’ordine impartito dal comando della Nato che ha sede a Ramstein. Gli assetti militari delle varie nazioni sono già assegnati e impiegati senza chiedere il permesso: i governi hanno già delegato in anticipo. Ciò mostra che in caso di aggressione le forze armate di tutte le nazioni europee sarebbero coinvolte in combattimento prima ancora che i loro governi lo vengano a sapere: l’articolo 5 è ineluttabile e se un governo si tirasse indietro pagherebbe il prezzo politico di risultare definitivamente inaffidabile. È una smentita degli argomenti diffusi dalla guerra ibrida russa».

Il ministro Crosetto ha detto che chi viola lo spazio aereo della Polonia viola lo spazio aereo dell’Italia…

«Crosetto ha detto una cosa ovvia. Sorprende che la gente si sorprenda. Lo dicono anche i trattati di Maastricht: la Polonia è l’Italia e l’Italia è la Polonia».

Mattarella agita lo spettro del 1914. Il premier polacco Tusk dice che siamo vicini alla guerra. È così?

«I capi di governo e di stato devono convincere l’opinione pubblica della necessità del piano di riarmo a causa dell’irrazionalità dell’avversario. Siamo abituati a ritenere che i potenziali avversari siano del tutto razionali, ma l’aggressione all’Ucraina da parte di Putin non lo è stata. Tutti gli analisti erano convinti che non attaccasse perché non aveva le forze, ma ha attaccato lo stesso. Potrebbe rifarlo. Ma tanti di noi preferirebbero arrendersi piuttosto che combattere».

Che cosa si può fare ancora per fermare la guerra e raggiungere la pace?

«Che cosa intendiamo per pace? Se parliamo di pace in Europa, basta potenziare la deterrenza attraverso il riarmo e avremo la garanzia quasi totale di preservare la pace per noi. Se parliamo di pace in Ucraina non c’è nessuna prospettiva: a Putin la pace non importa minimamente, vuole raggiungere i suoi obiettivi, se rinunciasse sarebbe un suicidio politico. Ma è impossibile assecondarlo: le sue richieste sono incompatibili con la sopravvivenza dell’Ucraina».

Che cosa bisogna fare dunque?

«Bisogna continuare a sostenere l’Ucraina. Questa è una guerra totale come quelle prima del 1945 e nessuna guerra totale si è conclusa con un accordo di pace deciso dall’esterno. Per noi è politicamente inaccettabile accettare la sconfitta dell’Ucraina perché torneremmo al mondo pre-1940 quando ogni nazione forte cercava di sottrarre territorio al suo vicino. È escluso che il sostegno all’Ucraina venga meno. Continuerà finché la Russia non finirà le sue risorse. Che, a differenza di quanto propugna la propaganda, non sono inesauribili».

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