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Cisgiordania, ok di Washington all’annessione voluta da Netanyahu

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Israele rilancia, in barba alla pressione internazionale sempre più forte. Il governo israeliano sta «seriamente valutando l’annessione di parti della Cisgiordania occupata», secondo quanto riportato nei giorni scorsi dalla rivista americana Axios. La decisione rappresenta una risposta diretta al riconoscimento di uno Stato palestinese da parte di diversi Paesi occidentali. Il passo successivo dipenderà dall’atteggiamento del presidente americano Donald Trump, che durante il suo primo mandato aveva bloccato per due volte tentativi di annessione israeliani. L’ambasciatore statunitense in Israele Mike Huckabee ha dichiarato che l’amministrazione Trump «non ha ancora preso una posizione chiara». «Non so quanto sarà estesa. Non sono sicuro che ci sia una visione condivisa all’interno del governo israeliano su dove dovrebbe avvenire e in che misura», ha spiegato Huckabee.

Ma secondo un «funzionario europeo» citato da Axios, il ministro israeliano per gli Affari strategici Ron Dermer ha comunicato ad Anne-Claire Legendre, consigliera per il Medio Oriente del presidente francese Emmanuel Macron, che Israele annetterà l’intera «Area C» della Cisgiordania se la Francia riconoscerà uno Stato palestinese. L’Area C, sotto il controllo civile israeliano e sede di centinaia di migliaia di coloni ebrei, costituisce il 60% circa della Cisgiordania. L’annessione dell’Area C porterebbe qausi due terzi del territorio della West Bank sotto il controllo diretto di Israele, schiacciando definitivamente qualunque ipotesi di un futuro Stato palestinese. Il governo israeliano potrebbe già essere al lavoro in questa direzione. Il 20 agosto, Israele ha approvato il programma di espansione E1. E1 è un corridoio di terra a Est di Gerusalemme e sede dell’insediamento israeliano di Ma’ale Adumim.

L’espansione che taglia in due la Cisgiordania

L’espansione aggiungerebbe 3.400 unità abitative e dividerebbe la Cisgiordania tra i distretti arabi del Nord e del Sud. La pressione statunitense aveva bloccato il progetto per due decenni, ma sembra che tale pressione si sia attenuata. Anzi, secondo i media americani l’amministrazione guidata da Donald Trump avrebbe comunicato a Israele di non avere obiezioni nel caso in cui Tel Aviv decida di proseguire sulla strada dell’annessione. Questo nonostante la forte indignazione internazionale, rilanciata da un’inchiesta del quotidiano britannico Guardian, secondo il quale solo un detenuto di Gaza su quattro è stato identificato come «combattente» dall’intelligence militare israeliana. I dati classificati indicano che la stragrande maggioranza dei palestinesi detenuti senza accusa o processo nelle carceri israeliane sono in realtà civili.

Un database dell’Idf mantiene un elenco di oltre 47.000 individui nominati che classifica come combattenti di Hamas e della Jihad islamica palestinese. I comandanti lo considerano l’informazione più accurata di cui Israele dispone sulle forze nemiche. Nel maggio di quest’anno, il database elencava 1.450 individui in detenzione, i cui fascicoli erano contrassegnati come «arrestati». Ciò equivale a solo uno su quattro di tutti i palestinesi di Gaza detenuti nelle carceri israeliane con sospetto di legami militanti dal 7 ottobre 2023. A quel punto, a maggio, Israele aveva trattenuto 6.000 persone sotto la sua legislazione sui «combattenti illegali», che consente la reclusione indefinita senza accusa o processo. Tra i detenuti per lunghi periodi senza accusa o processo ci sono «operatori sanitari, insegnanti, funzionari pubblici, operatori dei media, scrittori, malati e disabili e bambini».

Herzog da Papa Leone XIV

Come parte delle pressioni diplomatiche in corso circa la tragica situazione umanitaria nella Striscia, nella giornata di ieri Papa Leone XIV ha ricevuto in Vaticano il presidente israeliano Isaac Herzog, ribadendo la posizione della Santa Sede sulla soluzione a due Stati come «unica via d’uscita dalla guerra in corso». Durante i colloqui, è stata «affrontata la situazione politica e sociale del Medio Oriente, dove persistono numerosi conflitti, con particolare attenzione alla tragica situazione a Gaza». Il comunicato vaticano ha specificato che «si è parlato di come garantire un futuro al popolo palestinese e della pace e stabilità della Regione, ribadendo da parte della Santa Sede la soluzione dei due Stati, come unica via d’uscita dalla guerra in corso».

Il Papa ha inoltre sollecitato «una pronta ripresa dei negoziati affinché, con disponibilità e decisioni coraggiose, nonché con il sostegno della comunità internazionale, si possa ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi, raggiungere con urgenza un cessate-il-fuoco permanente, facilitare l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari nelle zone più colpite». Herzog, dopo l’udienza, ha scritto su X: «Israele anela al giorno in cui i popoli del Medio Oriente, i figli di Abramo, vivranno insieme in pace, collaborazione e speranza». Sarebbe ora di vedere qualche passo concreto in tal senso.

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