Si è conclusa all’Eliseo la lunga telefonata tra Donald Trump, Volodymyr Zelensky e i leader della cosiddetta Coalizione dei Volenterosi, riuniti a Parigi su impulso, e sotto la regia, di Emmanuel Macron. La conversazione, iniziata prima delle 15, si è protratta fino quasi alle 16, raddoppiando i tempi previsti per inizialmente, e ha fatto slittare la conferenza stampa conclusiva del vertice.
Al centro del colloquio, spiegano fonti dell’Eliseo, le richieste europee di nuove sanzioni statunitensi contro la Russia e la definizione delle garanzie di sicurezza future da assicurare all’Ucraina. Zelensky, in un messaggio diffuso sul suo profilo X, ha parlato di «concretezza» nel disegnare protezioni di lungo periodo: «Stiamo dando concretezza alle garanzie di sicurezza a lungo termine per l’Ucraina e garantendo già ora il supporto alle nostre Forze di Difesa ucraine».
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Macron ha confermato che ad oggi 26 Paesi della Coalizione sono pronti a inviare truppe come forze di riassicurazione fin dal giorno successivo alla firma di una pace. «Il nostro obiettivo non è fare la guerra ma garantire la pace e un cessate il fuoco, prevenendo un nuovo attacco», ha dichiarato. Il presidente francese ha anche sottolineato che la Russia avrebbe perso oltre un milione di uomini, tra morti e feriti, «per conquistare meno dell’1% del territorio ucraino dal novembre 2022».
Dall’Eliseo, il premier britannico Keir Starmer ha parlato di «impegno infrangibile» degli alleati al fianco di Kiev, ribadendo che «di Putin non ci si può fidare» e condannando i raid su Kiev che hanno colpito anche il British Council e la delegazione dell’Ue.
Il premier spagnolo Pedro Sánchez, costretto a rientrare a Madrid per un guasto all’aereo di Stato e collegatosi in videoconferenza, ha insistito sulla necessità di mantenere la pressione su Mosca per spingerla al cessate il fuoco. «Un accordo di pace deve rispecchiare la volontà del popolo ucraino», ha detto.
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Molti altri leader hanno preso parte all’incontro, in presenza o da remoto. Oltre a Macron e Zelensky, all’Eliseo erano presenti Bart De Wever (Belgio), Mette Frederiksen (Danimarca), Alexander Stubb (Finlandia), Dick Schoof (Paesi Bassi), Donald Tusk (Polonia), Antonio Costa (Consiglio europeo), Ursula von der Leyen (Commissione Ue) e l’inviato di Trump, Steve Witkoff. Collegati in videoconferenza, tra gli altri, Giorgia Meloni, Friedrich Merz, Anthony Albanese, Kyriakos Mitsotakis, Micheál Martin, Gitanas Nausėda, Evika Siliņa e Jonas Gahr Støre.
Ad aprire i lavori, Macron ha parlato di «garanzie di sicurezza robuste per l’Ucraina», ribadendo la disponibilità dei Volenterosi a fornire supporto immediato in caso di tregua tra Mosca e Kiev. Ursula von der Leyen ha sottolineato tre priorità: «Trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio, costruire una forza multinazionale sostenuta dagli Stati Uniti, rafforzare la difesa europea».
La Russia ha reagito duramente. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha definito «assolutamente inaccettabili» le proposte di garanzie per Kiev, giudicate un piano per mantenere l’Ucraina come «trampolino di lancio per il terrore e le provocazioni contro il nostro Paese». Ha escluso che Mosca possa discutere «in nessuna forma» l’idea di un intervento straniero e ha criticato la possibile vendita americana di 3.000 missili come contraria a qualsiasi soluzione diplomatica.
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Secca la replica del segretario generale della Nato, Mark Rutte: «Non è la Russia che può decidere sullo schieramento di truppe occidentali in Ucraina». Trump, intervenendo a distanza, ha cercato di mostrarsi fiducioso: «Ho parlato con Putin e con Zelensky. Qualcosa accadrà, non sono ancora pronti ma ce la faremo».
La giornata parigina si chiude così con un messaggio chiaro: la Coalizione dei Volenterosi, ora allargata a 26 Paesi, punta a consolidare l’architettura di sicurezza europea intorno a Kiev, con la promessa di un sostegno militare e politico che vada ben oltre la fine delle ostilità.